DITA DI DAMA. Una recensione operaia.
Martedì 23 febbraio in molte città si sono svolti presidi dei lavoratori dello spettacolo per rivendicare un equo contributo economico ai tanti rimasti da un anno senza lavoro e un vero piano di riapertura dei luoghi di spettacolo. Migliaia di attori, comparse, musicisti, cantanti, ma anche tanti lavoratori che stanno dietro le quinte come sarte, elettricisti, fonici, personale di sala e via dicendo hanno protestato contro l’indifferenza di governo e istituzioni che condanna alla fame loro e le rispettive famiglie.
La lotta dei lavoratori dello spettacolo è parte della lotta di tutti i lavoratori e le lavoratrici che pagano sulla propria pelle la crisi economica aggravata dalla pandemia, solo i lavoratori possono mettere fine a questo massacro sociale.
Ispirati dalle tante discussioni in piazza abbiamo voluto dedicare questo appuntamento a un’opera attuale come mai.
“Dita di dama” è il titolo di uno spettacolo teatrale interpretato dalla bravissima Laura Pozone, tratto dall’omonimo libro, altrettanto bello, di Chiara Ingrao.
Stiamo parlando della Roma di fine anni ’60. Stiamo parlando del mondo operaio alle porte dei grandi sconvolgimenti del biennio ‘68/’69. Stiamo parlando dell’autunno caldo. Stiamo parlando delle lotte operaie e del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici ( come spesso accade spartiacque del mondo del lavoro in Italia ). Stiamo parlando dello statuto dei lavoratori.
Stiamo parlando soprattutto di una storia tutta al femminile.
“ Operaia, France’, l’operaia. No, perché, quello ha detto mio padre. L’hai sentito !?! “
“ era bastata quella parola a farle crollare il mondo addosso. Operaia”
Maria, voleva studiare, voleva fare la dattilografa, ma il padre la mandò in fabbrica.
Laura Pozone, con una scenografia minimale, due lampade, due sgabelli ed un camice da operaia, da sola sul palco, ci accompagna magistralmente nel racconto delle protagoniste, 14 operaie e della trasformazione del loro mondo.
Come per Maria, il sogno di molte era avere un bel lavoro, una bella casa, un marito, una famiglia. Siamo nell’Italia del boom economico. Arrivano le macchine, gli elettrodomestici, le vacanze al mare. La speranza di una vita migliore.
Però, queste giovani donne si trovano in fabbrica, che sembra una caserma. I tempi per pisciare e cacare . In bagno ci vai di corsa e con la paletta in mano, che la sorvegliante deve sempre sapere chi c’è in bagno e quanto tempo ci stà.
C’è quello che ti prende i tempi per la produzione. Eh si, il cottimo. Più corri e più guadagni, a scapito della sicurezza. Sai , mi devo sposare, mi servono i soldi. Corri, corri e ci lasci le dita della mano sotto la macchina e diventi uno scarto di operaia.
Scopri che i diritti, quelli che esistono, si fermano davanti ai cancelli della fabbrica. Scopri che sei operaia e conti ancora meno di un operaio.
“ Dita di dama “ attraverso Maria, ci racconta anche della società di quegli anni. Dello scontro generazionale, molto forte. Del desiderio di studiare, del desiderio di amare e di scegliere la propria vita .
Come tutti i giovani, anche Maria sogna. Racconta tutto alla sua amica Francesca, studentessa universitaria ( che fortunata che sei, puoi studiare ! ).
Maria in fabbrica non ci voleva entrare. L’operaia NO ! Quante lacrime. Quanto pianto. Quanta angoscia. Queste dite di dama ( “ e basta France’ co ste dita di dama” ) che non sono fatte per fare l’operaia.
Maria viene assorbita dalla fabbrica. La fabbrica è diventata la sua vita, il suo mondo. La paura, l’angoscia, si trasformano in consapevolezza, in rabbia.
Questo universo di donne che prende consapevolezza di sé, del proprio ruolo, aiutate da un clima esterno, che parla di lotte, di diritti, di statuto dei lavoratori.
Maria entra in fabbrica da giovanissima operaia senza sapere nulla di sindacato, ma nel suo cammino di operaia incontra anche la CGIL.
Però, mica vogliono che arrivi quello da fuori che parla di cose sconosciute, in un linguaggio che non si capisce. No, no !
Vogliono essere LORO il sindacato. Scoprono che possono , se unite, mettersi a muso duro contro il padrone. Anche fisicamente.
Sembra facile, ma quando fai sciopero, quando fai il picchetto davanti alla fabbrica e ti si pianta il PADRONE davanti a te intimandoti di entrare a lavorare e tu, impaurita e tramante ( dentro ), ma a testa alta tieni duro e dici di NO !, che vada lui a lavorare a quelle condizioni. Sconfiggere questa paura e tenere testa al padrone, ti fa fare un salto di coscienza grande come una casa.
Laura Pozone riesce ad emozionare lo spettatore cambiando pelle in modo camaleontico, con sguardi, dialetti, mimica e tempi di recitazione facendoti “partecipare”, facendo vivere come tue quelle emozioni.
Le lavoratrici capiscono sulla loro pelle l’importanza della solidarietà, nella lotta, ma anche nella vita. Aiutare l’amica/collega che vuole sposarsi, ma ha perso le dite ed il lavoro. Chi vive ancora nelle baracche fuori città e si vergogna. La solidarietà quando la prima lavoratrice si ribella alla sorvegliante del bagno e si rifiuta di far vedere la paletta da sotto la porta del cesso.
L’emozione di queste operaie che partecipano alla grande manifestazione dei metalmeccanici ( cento mila ! ) per il rinnovo del contratto.
Insomma, una storia universale. Una storia che parla ancora al giorno d’oggi con grande attualità.
Ci dice del movimento dei lavoratori ha portato a grandi conquiste; dallo statuto dei lavoratori, al divorzio, al diritto all’aborto, alla sanità pubblica, alla scuola pubblica obbligatoria. Conquiste di portata storica che abbiamo perso nel corso degli anni credendo che fossero per sempre, mentre il capitalismo si è ripreso tutto o quasi.
Ci racconta di quanto sia grande la forza di noi lavoratori e di quando diventi ancora più grande quando ne prendiamo consapevolezza, coscienza.
Ci racconta di quanto sia ancora attuale, ahinoi, la questione femminile e di come delle conquiste delle donne siano rimasti gli aspetti più effimeri.
Ci racconta che le donne sono ancora emarginate nel mondo del lavoro e nella società. Di quanto la violenza maschile sia tornata prepotentemente alla ribalta.
Ci dice anche, forse l’aspetto più bello, che si può ! Che si può fare. Si può cambiare il mondo. Si può partendo dal proprio posto di lavoro.
Uno spettacolo vero; la storia seppur teatralizzata è una storia vera, che emoziona, che diverte, che fa riflettere e che da speranza. Speranza nell’essere umano. Speranza di poter migliorare le condizioni di vita.
Ci dice che la lotta ( di classe ) è vita, è gioia, è amore !
Ci dice che le lavoratrici ed i lavoratori tutti, quando prendono coscienza del proprio ruolo, possono cambiare lo stato di cose presenti.
Grazie Chiara Ingrao, grazie Laura Pozone !
Angelo Raimondi
Giornate di Marzo
Area di alternativa in CGIL