Intervento di Massimo Pieri all’Assemblea Generale Fiom di Bologna del 24 Giugno in occasione della celebrazione del 120° anniversario della Fiom

Intervento di Massimo Pieri all’Assemblea Generale Fiom di Bologna del 24 Giugno in occasione della celebrazione del 120° anniversario della Fiom

Inizierò il mio intervento con alcune considerazioni di carattere generale.

Nell’ultimo periodo abbiamo assistito ad un cambiamento della situazione economica e politica, ma anche ad un profondo cambiamento della coscienza dei lavoratori. C’è una rabbia sorda e diffusa, un grande senso di insoddisfazione generale per le condizioni in cui si trova la classe lavoratrice.

L’insoddisfazione può diventare volontà di combattere per migliorare la propria situazione ed è ciò che sta avvenendo.

Vediamo che sono in corso mobilitazioni parziali. Quello che succede nella logistica è sotto gli occhi di tutti. Ma il malcontento è ampio. Interi settori, come quello della ristorazione e dei lavori stagionali e precari stanno rifiutando in massa contratti pirata e lavori in nero. Anche tra i metalmeccanici c’è una rabbia e insoddisfazione che può trasformarsi e talvolta si trasforma  in disponibilità alla lotta. Lo abbiamo visto nelle situazioni di crisi aziendale nell’ultimo anno, quella della Fiac è stata la più eclatante. Anche nei settori che stanno facendo profitti, in una fase in cui parte dell’economia sta  ripartendo dopo il tonfo del 2020, -sappiamo che l’economia funziona a cicli per cui dopo una caduta c’è sempre una fase di ripresa-i lavoratori sono profondamente scontenti. La linea dei padroni è infatti quella di non concedere nulla ai lavoratori, nella consapevolezza di avere a che fare con una ripresa fragile e temporanea.

I governi e le istituzioni finanziarie internazionali, in primo luogo Gli Usa e l’Unione Europea, cioè la Bce, hanno deciso di sostenere l’economia capitalistica stampando moneta e mettendo a disposizione soprattutto delle imprese miliardi di dollari ed euro.  Questo sta facendo esplodere i debiti degli stati, che verranno fatti pagare alla classe lavoratrice, con un ritorno a politiche di austerità o con l’esplosione dell’inflazione. E’ il caso del piano di Biden, di dimensioni mai viste prima, e di quello un po’ più contenuto della BCE, che in Italia si chiama PNRR.

I soldi è sempre meglio strapparli ai padroni con la lotta che vederseli piovere letteralmente dal cielo (ricordo che il termine helicopter money si usa per definire quello che ha fatto Biden, cioè dare una cifra a tutti indistintamente) perché in un modo o nell’altro questi ultimi dovranno essere restituiti. Senza contare che con le politiche concertative e la collaborazione di classe non si otterrà molto dal governo, che alla fine si allineerà agli imprenditori, e ciò sta già avvenendo con le scelte dell’esecutivo Draghi. Non mi sembra che siamo riusciti ad ottenere ancora nulla sul mantenimento del blocco dei licenziamenti, o su un ripristino degli ammortizzatori sociali distrutti dal Jobs Act, o sulle pensioni. Nessuno parla più del ripristino dell’art. 18 dello statuto dei diritti dei lavoratori. La strage quotidiana dei morti sul lavoro è aumentata negli ultimi mesi rispetto alle cifre già enormi dell’anno passato. Non mi sembra che si sia andati molto oltre le dichiarazioni di intenti per risolvere una volta per tutte questa situazione.

Ora abbiamo anche i sindacalisti che vengono uccisi ai picchetti.  Su questo qualcosa si è fatto, ma quasi solo in Emilia Romagna. Per avere risultati lo strumento migliore è organizzarsi nel sindacato del quale oggi celebriamo un importante anniversario, e con questo strumento organizzare la lotta di classe. Come ho già detto, noi oggi assistiamo a tante lotte parziali: la cosa più importante è unificarle. Cominciando dai diversi settori dell’economia: abbiamo visto le lotte della logistica, che hanno coinvolto non solo i cobas, ma anche la cgil con lo sciopero Amazon, che ha risposto ad una spinta dal basso. Ma possiamo pensare al settore informatico, nel quale lavoro. Anche queste fasce impiegatizie vivono situazioni di frustrazione, in molti casi con retribuzioni ferme da anni, con gli aumenti contrattuali sistematicamente riassorbiti dai superminimi individuali, con le donne che guadagnano meno degli uomini a parità di mansioni.

Con nuovi problemi e nuove spese a seguito della remotizzazione forzata in fase di pandemia. Il gruppo TAS sciopererà con presidio mercoledì 30, sarà il terzo sciopero che facciamo nell’ultimo anno. E’ giusto che le mobilitazioni partano dalle aziende e dai lavoratori, ma sarebbe ancora meglio se riuscissimo ad unirci in un’azione comune, ad esempio tra le aziende informatiche del territorio bolognese. Sicuramente potremo ottenere maggiori risultati che andando ognuno per conto proprio. Ma questo vale per tutte le situazioni. Per tutti i temi che sono sul tappeto, dei quali parla efficacemente anche il segretario Landini, non basta chiedere tavoli governativi a voce più o meno alta. Non basta nemmeno minacciare lo sciopero generale, anche se va bene farlo. Non bastano le manifestazioni al sabato, anche se va bene farle. Ma ciò che bisogna fare più di tutto è proclamare lo sciopero generale.