Si scoperchi il vaso delle molestie in Atm!

Si scoperchi il vaso delle molestie in Atm!

Succede che un’azienda tanto decantata come fiore all’occhiello del Comune di Milano, l’ATM Spa, si ritrovi in prima pagina rispetto alla mancanza di tutele e diritti ai danni dei lavoratori. Ci riferiamo in particolare ai fatti degli ultimi giorni che hanno ricoperto le pagine del quotidiano Il Giorno, edizione Milano, sulla mancata riconferma di due lavoratrici, assunte per un anno a tempo determinato.

Fatto insolito se si pensa che il contratto a tempo determinato in Atm, salvo gravi motivazioni, precede quello a tempo indeterminato, firmato ad esempio da una decina di colleghi, assunti nello stesso gruppo delle due lasciate a casa. Fatto ancora più strano perché, leggendo quanto dichiarato da una delle lavoratrici, la stessa nel corso del suo incarico in Atm, avrebbe più volte segnalato casi di molestie, prevaricazioni se non vere e proprie azioni di adescamento, da parte di colleghi di grado superiore. A coronamento di tutto, gli organismi preposti a vigilare sui casi di molestia, presenti in Atm, informati dei fatti, non avrebbero portato avanti alcuna istanza, nonostante sia previsto dai reparti aziendali dedicati alla materia. Da quanto si apprende, alcuni giorni prima della scadenza del contratto, prevista per il 30 settembre, Atm avrebbe deciso che le lavoratrici non fossero idonee a svolgere l’attività per cui erano state assunte e quindi ha consegnato loro il benservito. Di parere contrario le RSU locali e diversi colleghi che con lettere e raccolta firme in solidarietà, hanno messo invece l’accento su professionalità e serietà della lavoratrice che ha segnalato le molestie.

Si fa fatica a non vedere come ci sia una stretta correlazione tra le segnalazioni di molestie e la mancata riconferma. In tempi abbastanza recenti il Gruppo Donne ATM, costituitosi in primavera all’interno della Filt-Cgil, aveva già denunciato nel suo manifesto costituivo come troppo spesso al nostro interno assistiamo a comportamenti prettamente maschilisti e prevaricatori da parte di colleghi e superiori uomini. Fatto che lo si riconduce principalmente alla scarsissima forza contrattuale delle lavoratrici in Atm che ancora oggi, nonostante le sbandierate campagne pubblicitarie volte a incentivare la presenza di donne in ATM, vede una percentuale inferiore all’8% di presenza femminile in azienda.   

Proprio lo scorso febbraio Atm, con una massiccia campagna pubblicitaria, aveva lanciato un bando per 600 assunzioni in vari profili professionali, puntando quasi tutto sul reclutamento di donne: Obiettivo del piano di recruiting è anche quello di contribuire a migliorare il gender balance, incrementando la presenza di genere femminile […] Per questo la campagna prevede tutte immagini di professioniste donne di Atm. Bando quasi del tutto fallito a causa della scarsa quantità di candidature presentate: Atm sta assumendo conducenti esclusivamente con contratto a termine e part-time (a circa il 66%), soprattutto verticale. Quindi il salario medio si abbassa a meno di 800€ al mese. Con queste cifre, sfidiamo Giana [Direttore Generale di Atm, ndt] a sopravvivere in qualsiasi città, figuriamoci nella città più cara d’Italia. Scrivevano in un comunicato i Cobas di Milano.

Appare chiaro come l’azienda abbia diversi aspetti che la rendono poco credibile seppur in un contesto generale di crisi occupazionale. Si parte dai bassi salariali, dalla mancanza di condizioni igienico-sanitarie adeguate, soprattutto per le donne, e si arriva a quello che è emerso sulle pagine della stampa che con tutta probabilità rappresenta solo la punta di un iceberg con radici ben più profonde e diramate.

Esiste una aperta contraddizione tra le intenzioni di Arrigo Giana, di istituire una commissione di indagine per fare luce sulla problematica delle molestie, quando i primi ad esserne tenuti fuori sono proprio i sindacati che hanno denunciato le molestie. Ed è ancora meno credibile leggere dai giornali come in realtà questa commissione di indagine si sia spesso trasformata in banco inquisitorio contro chi ha osato denunciare i fatti o ha solidarizzato con la lavoratrice non riconfermata.

Tutto questo marciume, se troppo a lungo sottaciuto, crea inevitabilmente un sistema di omertà e sottomissione. Tuttavia oggi il fatto che la Filt/Cgil, insieme a Cisl e Uil, abbia denunciato questo episodio apre una breccia importante che, se i fatti realmente saranno appurati, deve essere portata fino in fondo, costi quel che costi!

Non abbiamo alcuna fiducia sul fatto che saranno i vertici aziendali a dirimere il problema delle molestie in Atm. Sarà solo la determinazione ed il coraggio dei lavoratori, ed in special modo delle donne, a far emergere nella sua interezza il problema. Per far questo è necessario che i sindacati, la Cgil in primo luogo, offra loro supporto e guida per denunciare e intraprendere questa battaglia. Che, per inciso, non è solo “di civiltà”. Qui si parla di diritti basilari calpestati, profonde disparità lavorative e retributive a seconda se sei madre, malata, ricattabile!

Per parte nostra saremo attivamente al fianco e sosterremo con forza tutte quelle lavoratrici che decideranno di raccontarsi e vigileremo affinché nessuna debba più subire umiliazione e prevaricazione alcuna!

Alle tutte le belle parole di chi si erge a paladino della difesa dei diritti delle donne, noi ora esigiamo i fatti!

Riportiamo alcune rivendicazioni del manifesto del Gruppo Donne Atm:

  • riconoscimenti per le madri lavoratrici, non come privilegi ma come diritti, senza conseguenze sui parametri professionali e salariali.
  • Progressioni di carriera che vedano le donne maggiormente coinvolte, rispetto a quanto avvenuto finora.
  • Garanzia di condizioni igienico-sanitarie dignitose per tutte le lavoratrici. Istituzione di bagni appositi per le donne (vere e proprie strutture e maggiori convenzioni ai capolinea e nelle metropolitane).

Il diritto alla salute non si negozia!

  • Contrasto ad ogni forma di molestia verbale e fisica. Riteniamo un’utile misura, l’allontanamento immediato del lavoratore che molesta in altra località e la sospensione qualora se ne accerti il reato.