VERTENZA MARELLI: DIFENDERE LA FABBRICA, GENERALIZZARE LA LOTTA

VERTENZA MARELLI: DIFENDERE LA FABBRICA, GENERALIZZARE LA LOTTA

L’annuncio della chiusura della Marelli di Crevalcore (Bo), dove lavorano 230 addetti e si producono parti meccaniche per il settore automobilistico, da parte della proprietà, il fondo statunitense KKR è arrivato inaspettatamente per i lavoratori, al termine di una presentazione aziendale dell’andamento dei vari stabilimenti del gruppo. Una crisi nei mesi scorsi, affrontata con dimissioni “incentivate”, sembrava essere rientrata.

L’azienda l’ha giustificato con gli effetti della transizione ecologica dalla produzione di veicoli a  motore endotermico a quelli elettrici. Si tratta di un tentativo di scaricare sui lavoratori i costi della transizione.

Questo riguarda tutto l’automotive e la vicenda Marelli rischia di essere soltanto un pericoloso precedente: sono migliaia i posti di lavoro a rischio. In questa prospettiva anche l’ipotesi di ricollocare i lavoratori in altre imprese certamente non consentirebbe di mantenere i livelli occupazionali e molti di loro verrebbero lasciati indietro.

I lavoratori di Crevalcore sono scesi in presidio permanente ai cancelli. Seppure provati dalla preoccupazione per il futuro, sono determinati a lottare per difendere tutti i posti di lavoro e rilanciare la produzione.

Non è possibile affrontare la crisi Marelli e quelle che si profilano fabbrica per fabbrica: in passato i presidi ad oltranza non hanno ottenuto questo obiettivo.

La Fiom e la Cgil devono impegnarsi seriamente, a partire dalla vertenza Marelli, su una piattaforma che preveda la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario e creare, insieme ai lavoratori di questo ed altri settori, un coordinamento di tutte le aziende in crisi con l’obiettivo di nazionalizzarle sotto il controllo dei lavoratori stessi. Soltanto con la lotta, e non affidandoci alle vaghe rassicurazioni dei parlamentari di “sinistra” che già cominciano a farsi vedere al presidio, possiamo affrontare l’attacco che, con la scusa della transizione ecologica, la borghesia sta iniziando a sferrare alla classe lavoratrice.

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