Contratti “commercio” così non va!
Sono passati 14 mesi dall’accordo ponte che prevedeva una miseria di 350 euro di una tantum come copertura per il mancato rinnovo contrattuale. Contratto scaduto il 31 dicembre 2019. Questo accordo ponte sarebbe dovuto essere propedeutico per un rinnovo in tempi ristretti o comunque “decenti”. Invece, dopo 14 mesi siamo ancora qua.
Il 22 e 23 febbraio, sindacati e padroni si sono incontrati per verificare le proprie posizioni.
Dal comunicato sindacale di FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL del 27 febbraio 2024 si evince che nei vari tavoli, Terziario Distribuzione Servizi (TDS), Distribuzione Moderna Organizzata (DMO), Distribuzione Cooperativa (COOP), gli elementi che sono prevalsi seguono la stessa logica di fondo. Maggior flessibilità, pochi soldi.
Le richieste vanno da una maggior flessibilità seguendo i picchi stagionali. Venti settimane dove si può lavorare fino a 44 ore, per averne altre 20 settimane dove si lavorerà per 36 ore (TDS). Una rivisitazione dei contratti a tempo determinato ampliando lo spettro delle causali, contratti a tempo determinato stagionali e la riclassificazione del personale, in peggio (DMO). Sul versante economico propongono 200 euro, inclusi i 30 euro anticipati ad aprile 2023, prolungando la scadenza contrattuale di un anno, portandola al 2026. Per cui 4 anni anziché 3, che sommati ai 3 anni precedenti andati a vuoto, fanno 7.
Confcommercio (TDS) chiede anche che una parte dei rol maturata dai dipendenti sia destinata alla formazione degli stessi!
Dal lato cooperativo è forse anche peggio, dato che non sono neanche disponibili a dare l’aumento di 200 euro, ma una cifra più bassa che si attesterebbe tra i 130 ed i 150 euro, sempre comprensivi dei 30 euro elargiti ad aprile 2023.
Dopo lo sciopero riuscito dello scorso 22 dicembre, siamo fermi da 2 mesi e mezzo. Non di uno sciopero ad ogni festa comandata abbiamo bisogno, ma di una lotta serrata e continuata che dimostri che il sindacato è determinato a portare a casa un contratto che migliori le condizioni economiche e di lavoro. Ci permettiamo di dire così perché le trattative di questi mesi non sono state sostenute da assemblee e mobilitazioni, ma dall’assoluto silenzio.
Al tavolo delle trattative si discute solo sulle piattaforme padronali, in particolar modo sul versante economico.
La nostra convinzione è che le organizzazioni sindacali abbiano il dovere di lanciare una campagna in tutti i luoghi di lavoro con poche e chiare parole d’ordine:
- aumento salariale non inferiore a 450 euro e relativi arretrati;
- indicizzazione del salario su base mensile;
- nessun peggioramento normativo.
La scadenza del contratto dovrà essere quella “naturale” del 2025 e non il 2026. In questi anni di altissima inflazione ed ancora oggi elevata, il potere d’acquisto dei salari è diminuito in modo vertiginoso. Tra i peggiori d’Europa nonostante l’Italia sia la terza potenza economica del continente. Le nostre richieste di aumenti salariali possono apparire elevate, ma in realtà sono né più né meno di quanto servirebbe per incrementare salari da fame in una fase in cui tante aziende e gruppi del settore hanno macinato profitti esorbitanti.
E’ solo con una campagna contrattuale di questo stampo che possiamo convincere le lavoratrici ed i lavoratori a mobilitarsi. Abbiamo perso troppo tempo, serve uno slancio in avanti!
GIORNATE DI MARZO – AREA D’ALTERNATIVA IN FILCAMS CGIL