Per lo sciopero generale dell’automotive!
Per l’anno 2023 Tavarez incassa oltre 23 milioni di euro e gli azionisti Stellantis 189,5 miliardi di ricavi netti e 18,6 miliardi di utili. Per i lavoratori degli stabilimenti italiani Stellantis aumentano gli ammortizzatori sociali, con ulteriore perdita di salario. Purtroppo non è una novità. Fin dalla FCA di Marchionne, la ricerca della competitività e abbassamento dei costi attraverso peggioramento di ritmi e condizioni di lavoro, non si è mai tradotto nella piena occupazione dei dipendenti italiani. L’acquisizione in Stellantis ha segnato un ulteriore passaggio. Giornate di lavoro in ipersfruttamento, ritmi insostenibili, risparmi su pulizie, sicurezza, riscaldamenti invernali nei reparti, si alternano a settimane di fermi e cassa integrazione. Sempre più spostata verso Peugeot-Citroen, Stellantis in Italia attua la dismissione.
Bisogna rispondere con rivendicazioni che da un lato garantiscano la copertura del 100% del salario e relativi ratei quando c’è la Cassa, dall’altro bisogna aumentare i salari recuperando quanto perso in questi anni andando a prendere i soldi lì dove ci sono: gli utili.
Come sempre le scelte dei produttori auto impattano più pesantemente sugli indotti. L’era Marchionne apriva le politiche di risparmio, ad alcune forniture di componenti dal sud-est asiatico e una prima riduzione dell’indotto italiano. Esempio rappresentativo fu la vendita della Magneti Marelli per ripagare parte dei debiti FCA.
Stellantis ha fin da subito ingigantito competizione globale e massimo risparmio, imponendo ai fornitori sconti sui particolari e riportando nei propri stabilimenti anche commesse già assegnate ad aziende della componentistica. Ha velocizzato e allargato lo smantellamento dell’indotto auto italiano, i cui circa 260.000 addetti lavorano per metà da commesse Stellantis. In Piemonte l’indotto ha perso più di 300 aziende e qualche decina di migliaia di dipendenti. La recessione industriale e occupazionale dei fornitori di Stellantis a Melfi è stata tale che governo e Regione Basilicata da aprile 2023 l’hanno dichiarata “Area di crisi industriale complessa”, per poter estendere tempi e numeri di ammortizzatori sociali in scadenza, nonostante il 90% dei componenti lì prodotti sarà uguale e idoneo a vetture elettriche ed a motori endotermici. Il gruppo Marelli in Italia è passato da poco meno di 10.000 dipendenti a poco più di 6.500.
Nemmeno le future produzioni saranno sufficienti ad occupare tutti i lavoratori. Non solo dove è stata assegnata una sola nuova vettura come a Cassino, ma anche a Melfi, dove 5 nuove vetture da iniziare a produrre nei prossimi due anni dovrebbero far ben sperare. Invece tantissimi dirigenti di aziende dell’indotto spiegano come i volumi dei particolari da produrre saranno insufficienti e di come Stellantis lasci intendere la necessità di restare al massimo con 3.500 dipendenti degli attuali 5.600, per produrre i 5 modelli.
Stellantis sta spostando i propri equilibri di gruppo sempre più verso l’estero. Non solo chiede alle aziende indotto di andare ad aprire nei dintorni dei propri stabilimenti dei paesi a basso costo e nordafricani, ma ha progettato i componenti dei nuovi modelli su piattaforme Peugeot-Citroen. Cioè la volontà di avvalersi sempre più di FORVIA(ex-Faurecia), il 7° produttore mondiale di componenti auto di proprietà di PSA dentro Stellantis.
Negli stabilimenti di assemblaggio auto in cinque anni, Stellantis “ha investito tanto” per andarsene. Con quattro accordi sindacali(uno all’anno) firmati da FIM, UILM, Fismic e UGLm, che non hanno mai avuto in cambio garanzie produttive e occupazionali, ha speso più di 350 milioni per liberarsi di 7.000 dipendenti. Ma a loro non basta. Il 22 febbraio direzione Stellantis e sindacati firmatari hanno firmato un 5° accordo con importi più alti per incentivare dipendenti al licenziamento. L’obiettivo dichiarato è quello di liberarsi di altri 3.597 dipendenti italiani. Cioè l’equivalente dei dipendenti di un grande stabilimento in meno, senza il clamore mediatico e le proteste che la chiusura di una grande fabbrica ex-FIAT in Italia possa suscitare.
Dobbiamo pretendere la piena occupazione di tutti i dipendenti degli stabilimenti auto e indotti, ma con carichi e ritmi adeguati di tutti i lavoratori e l’assunzione dei precari. Tutto ciò non può essere attuato da Tavarez, che esiste per aumentare i propri profitti.
Nemmeno il governo vuole farlo. Gli accordi sindacali per ridurre personale sono stati l’occasione per rinviare tavoli tavoli ministeriali programmati da mesi per gli stabilimenti Stellantis. Anche questo governo propone soldi e incentivi, ma senza obblighi per la multinazionale.
Non c’è che un’unica soluzione: la nazionalizzazione. Ma non le nazionalizzazioni che scaricano i debiti nelle casse dello stato e i profitti a privati azionisti e imprenditori, come per l’ex Ilva. Nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori, cioè un’azienda dove gli investimenti per il rilancio sono pubblici ma a decidere cosa, dove e come si produce sono operai, tecnici e impiegati che questa ricchezza la creano.
Ma è necessario un nuovo protagonismo dei lavoratori, come hanno dimostrato gli scioperi di massa dei lavoratori Stellantis negli USA, che hanno costretto l’azienda ad aumenti di stipendio del 25% e una tantum di 5.000$.
In Italia Bene hanno fatto nei mesi scorsi i lavoratori di Mirafiori, Maserati di Modena, Pomigliano e Melfi solo con l’appoggio della FIOM.
È sicuramente positivo che il 12 aprile a Torino si scioperi in tutto il settore automotive rivendicando piena occupazione per Mirafiori, indotti piemontesi e progettazione degli enti centrali.
FIM, UILM, Fismic e UGLm sono in enorme contraddizione: firmano accordi nazionali per ridurre e dismettere gli stabilimenti Stellantis e contemporaneamente proclamano insieme alla FIOM lo sciopero provinciale il 12 aprile… Dopo più di 13 anni, la crisi è tale da esserne costretti per non perdere ulteriormente credibilità. Se ci fosse una vera unità ritrovata, alla base dovrebbe avere elezioni Rsu in tutto il gruppo, che la Fiom dovrebbe rivendicare con determinazione.
Le contraddizioni a cui sono obbligati i sindacati firmatari dimostrano che c’è sempre più un clima favorevole a mobilitarsi e che solo dentro la FIOM può essere raccolto. Ma Bisogna continuare nella mobilitazione allargandola a tutti gli stabilimenti dell’automotive, perché è una lotta che riguarda tutti. Come area di alternativa in Cgil “Giornate di Marzo” crediamo serva riunire coordinamenti degli indotti e degli stabilimenti Stellantis assieme, sia regionalmente che nazionalmente. Servano campagne di assemblee per coinvolgere i lavoratori di Stellantis e degli indotti per arrivare ad uno sciopero nazionale dell’automotive che abbia una piattaforma rivendicativa avanzata.