CCNL Metalmeccanici: è nell’inquadramento che si nasconde la coda del diavolo

CCNL Metalmeccanici: è nell’inquadramento che si nasconde la coda del diavolo

(Nota: con il nuovo inquadramento i livelli in cifra dal 1° all’8° vengono sostituiti con le lettere da D1 a A1. Tuttavia, per maggiore chiarezza di esposizione, nella nostra analisi continuiamo ad usare i numeri anzichè le lettere. Alleghiamo in fondo al testo la tabella con il nuovo schema dei livelli)

Il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici firmato lo scorso venerdì 5 febbraio si basa su due punti di fondo: il salario e la (contro)riforma dell’inquadramento professionale, i cosiddetti “passaggi di livello”. Sull’aspetto salariale che giudichiamo certamente di discontinuità rispetto al contratto precedente ma comunque ampiamente insufficiente rispetto alle potenzialità in campo e a quanto richiesto in piattaforma, abbiamo già detto in un precedente articolo. Merita invece un maggior approfondimento il tema della modifica dell’inquadramento che rappresenta il punto più dolente di questo accordo. Non è un caso che siano stati i padroni a chiedere la revisione di questo istituto e a portarlo in dote come scalpo a fronte dell’aumento di 112 euro concesso. “Tutto questo è stato possibile ottenerlo – dice il presidente degli industriali Dal Poz– grazie alla riforma dell’inquadramento” che Federmeccanica e Assistal hanno messo al centro della trattativa con la proposta del 26 novembre scorso” (il sole24ore 6/2/2021).

L’inquadramento dei metalmeccanici del resto fu una conquista epocale delle lotte operaie degli anni 70. Non è un caso che oggi gli industriali vogliano mandarlo in soffitta. Strettamente legato alla conquista del diritto allo studio e delle famose 150 ore, l’introduzione dell’inquadramento unico nel ccnl del 1973 aveva un principio alla base dirompente. Scardinare le gerarchie aziendali e le discriminazioni proprie della divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale consentendo una crescita professionale anche dei livelli più bassi basato sulla crescita culturale degli operai. Passò alla storia la frase del presidente degli industriali dell’epoca Felice Mortillaro quando durante la trattativa sbottò e disse  “voi vorreste che gli operai imparassero a suonare il clavicembalo”. Ad indicare il profondo disappunto degli imprenditori per la contrapposizione ideologica verso qualsiasi utilitarismo produttivistico dell’istruzione e della formazione.

Oggi, con questo nuovo ccnl, siamo di fronte ad un profondo tentativo di manomissione non tanto dell’impianto in sé quanto piuttosto dei principi che ne erano alla base. Non cambia infatti la struttura dell’inquadramento, fatta ancora di Declaratorie, profili professionali ed esempi. Cambiano però e vengono completamente riscritte le declaratorie che definiscono i livelli e i relativi profili. E’ sicuramente vero che non è passata la richiesta più devastante tra quelle avanzate da Federmeccanica. E’ stato respinto cioè il tentativo di attribuire una concezione gerarchica del termine “autonomia” a partire dalle mansioni più basse che avrebbe messo in discussione il ruolo stesso di lavoratore subordinato previsto dal art.2094 del codice civile, scaricando così sui dipendenti il rischio di impresa e le sue conseguenze. Tuttavia rispetto al precedente, nel nuovo inquadramento le declaratorie assumono una importanza esponenzialmente maggiore. Di conseguenza la ridondanza utilizzata nella loro nuova definizione accresciuta ulteriormente dall’introduzione delle cosiddette “competenze trasversali” implica un aumento enorme della complessità dei profili professionali e dunque della difficoltà nel poter far passare di livello i lavoratori. Con il pretesto di voler adattare un istituto contrattuale ormai obsoleto alle nuove mansioni create dall’industria 4.0. in realtà si sono caricate tutte le figure professionali di una enormità ulteriore di capacità e competenze richieste. Un qualche esempio? Se prima l’autonomia tecnica organizzativa era prevista solo a partire dal 5 livello oggi è richiesta fin dal 3°s.  A tutti i livelli viene poi chiesto di avere competenze digitali. Era addirittura prevista la conoscenza della lingua straniera, poi tolta in extremis. E’ vero che con il nuovo inquadramento, avendo eliminato definitivamente la divisione tra impiegati ed operai, per esempio un addetto alle macchine a controllo numerico teoricamente potrebbe arrivare fino al 7 livello. Tuttavia di converso anziché partire minimo dal 3 livello ora inizierà al 2. Dunque se è certo che comincerà a lavorare sotto inquadrato rispetto a prima, di come potrà fare per arrivare al 7° non è dato sapere.  Il montatore/installatore di grandi impianti se prima poteva essere inquadrato solo al livello 5s, oggi può sì arrivare fino al 7 livello, ma partirà addirittura dal 2 livello. Ancora l’animista a mano se prima, a parte rarissimi casi di 2 livello, poteva essere solo di 4 o 5 livello, oggi potrà essere costretto a vedersi assegnato il 3 o 3s e così via. E’ positivo che sia stato eliminato definitivamente il 1 livello, un vero e proprio salario di ingresso che ad oggi riguardava poco più di 7mila metalmeccanici a livello nazionale. D’altro canto però è aumentato il numero di profili che possono essere inquadrati a partire dal 2 livello, una categoria che fino ad oggi ha avuto una estensione certamente maggiore del primo ma comunque limitata. Ma soprattutto quello che emerge facendo un raffronto con il precedente inquadramento dei medesimi profili professionali è che su un totale di 43 mansioni, 27 d’ora in poi partiranno da livelli più bassi, 16 partiranno dal medesimo e nessuno partirà da livelli superiori.

Come se tutto ciò non bastasse la nuova suddivisione in “ruoli”, sommata all’ampliamento della declaratoria di riferimento, rende la categoria 3s non più una qualifica intermedia specifica solo per alcune casistiche, ma una vera e propria categoria a sé. Non l’ultima tra i “ruoli operativi” ma la prima tra “i ruoli tecnico specifici”, dunque qualitativamente differente dal 3 livello. Non è un caso se ci sono profili specifici che d’ora in poi partiranno proprio dalla 3s come per es. l’aggiustatore stampista, il metodista di macchine a controllo numerico, il tecnico di laboratorio e il tecnico di sala prova ecc. Ciò implica che mentre fino ad oggi si rivendicava direttamente il passaggio dal 3 al 4 livello, d’ora in poi il passaggio per il livello intermedio pare una tappa obbligata da cui non è affatto certo poi si riuscirà ad evolvere. Non è certo un caso se ad oggi la maggior parte degli operai è inquadrato proprio tra questi due livelli. In buona sostanza d’ora in avanti o si ha in ogni azienda la forza sindacale e la capacità di maneggiare la materia stabilendo chiari percorsi di crescita professionale non subalterni alla cultura dell’impresa, oppure sarà un bagno di sangue. Chi è già in azienda farà una fatica ancora maggiore di oggi ad avere livelli più alti, chi verrà assunto d’ora in avanti in 99,9 casi su 100 partirà sotto inquadrato rispetto a quanto previsto  nell’inquadramento che ci siamo lasciati alle spalle. Se a questo aggiungiamo che le 24 ore di formazione garantite a partire dal ccnl 2016, oltre ad essere strettamente legate alle esigenze delle imprese, sono rimaste per lo più lettera morta, abbiamo una idea inequivocabile di quanto poco stia a cuore ai padroni far crescere professionalmente in maniera collettiva i propri dipendenti. Verranno dati riconoscimenti a chi vorrà l’azienda, mentre gli altri pur essendo chiamati a svolgere mansioni analoghe o superiori, rischieranno sempre di rimanere a livelli bassi. La ciliegina sulla torta è che con l’introduzione di queste cosiddette “soft skills” diventerà ancora più vana di oggi la speranza di poter vincere una qualsiasi causa per demansionamento o per sotto inquadramento in tribunale.

Per concludere possiamo dire che con questo accordo si abbandonano i principi di un inquadramento, quello del ‘73, che fu una vera e propria rivoluzione. Un istituto che, basandosi sulle 150 ore di diritto allo studio legato alla formazione culturale generale dell’operaio presso la scuola pubblica, aveva l’obiettivo di far crescere collettivamente la professionalità ed il ruolo del lavoratore nelle aziende ma in maniera slegata alle logiche aziendali. Al suo posto si è introdotto un sistema che ne ribalta il paradigma e sposa in pieno l’ideologia aziendalista. Non a caso nell’elenco dei percorsi formativi previsti, al primo posto vi è quello dal titolo “Negoziazione e gestione dei conflitti” il cui obiettivo è “di migliorare la gestione della propria e altrui aggressività, di risolvere i conflitti di ruolo e di gestire i conflitti in modo creativo (sic!)”. Questo nuovo inquadramento rischia di schiacciare pericolosamente verso il basso le professionalità lasciando ampia discrezionalità all’azienda nello stabilire quali lavoratori possano invece vedersi riconosciuti livelli più alti. Un prezzo decisamente troppo alto da pagare a confronto dei 112 euro di aumento scuciti a lor signori con sole 4 ore di sciopero.

Paolo Brini (cc della Fiom-CGIL)

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