BOLOGNA – Accordo FIAC del 4 marzo: Il “Piano sociale” sancisce la chiusura della fabbrica

BOLOGNA – Accordo FIAC del 4 marzo:  Il “Piano sociale” sancisce la chiusura della fabbrica

“L’accordo raggiunto però impegna anche l’azienda a dare sicurezza e protezione alle lavoratrici ed i lavoratori qualora l’azienda non dovesse recedere dal progetto del trasferimento, attraverso l’impegno a sottoscrivere entro marzo 2021 un accordo su un “piano sociale” che, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione (reindustrializzazione del sito, accompagnamenti dei lavoratori, outplacement, formazione e riqualificazione, ricorso agli ammortizzatori sociali), tuteli l’occupazione del sito di Pontecchio” (dal sito della Fiom di Bologna).

Questo lo scenario previsto nell’accordo raggiunto il 16 luglio 2020 per aprire una fase di confronti sindacali e tavoli istituzionali allo scopo di evitare il trasferimento della produzione della FIAC dalla provincia di Bologna (Pontecchio marconi) a quella di Torino, sede di un’altra azienda sempre di proprietà della multinazionale ATLAS-COPCO.

E questo è quanto è avvenuto. La FIAC di Pontecchio Marconi chiuderà a febbraio 2022 mantenendo i dipendenti in CIGS fino al 30 giugno 2022 a partire dall’1 luglio 2021.

Contro l’irremovibile multinazionale.

Dalla chiusura dell’accordo di luglio l’azienda ha snobbato i tavoli tecnici senza prendere minimamente in considerazione quanto prodotto dai lavoratori che ne facevano parte insieme alla RSU e alla Fiom. Paradossale la discussione sugli andamenti produttivi: in un anno caratterizzato dalla crisi pandemica ma soprattutto dalla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori contro il trasferimento con 36 giorni di sciopero e 53 di presidio ai cancelli, il calo di ordini del 202 rispetto al 2019 è stato limitato al 7%. L’ennesima prova che la FIAC era una fabbrica in salute e che dopo l’accordo di luglio dipendenti e somministrati hanno fatto di tutto per recuperare ed evitare ritardi nelle consegne, tanto è vero che il 16 novembre RSU  e Fiom decidevano di rispondere all’azienda con il blocco degli straordinari.

Per mesi l’azienda ha spremuto i lavoratori, e questo nel pieno della vertenza per il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici con Fim-Fiom-Uilm che avevano proclamato il blocco di straordinari e flessibilità a livello nazionale, misura che nei fatti è stata messa in pratica in casi limitati.

Il 24 novembre la Fiom nazionale e di Bologna chiedevano la convocazione di un incontro al MISE con l’azienda lamentando anche la indisponibilità di ATLAS COPCO di voler valutare eventuali piani di cessazione dell’attività nel caso in cui si fosse presentato un acquirente interessato a proseguire un’attività industriale. In pratica aprire alla possibilità di trovare un nuovo padrone, soluzione che abbiamo visto con il passaggio della RCM alla VRM – al prezzo della cancellazione di tutta la contrattazione integrativa aziendale – e che oggi sta trovando applicazione solo per una parte delle aziende del fallito gruppo Maccaferri, come la produzione della Samp Ingranaggi per la Bonfiglioli Riduttori.

L’incontro al MISE del 4 gennaio 2021 “grazie alla determinazione di tutte le istituzioni presenti” – MISE, regione Emilia Romagna, città metropolitana di Bologna e comune di Sasso Marconi – avviava un percorso di un mese per valutare tutte le possibilità di reindustrializzazione della FIAC anche a fronte delle manifestazioni di interesse a rilevare l’azienda arrivate sul tavolo di Colla, assessore regionale allo sviluppo e alle attività produttive.

12 febbraio 2021. Il comunicato stampa della Fiom di Bologna intitola “La vertenza continua. FIAC/ATLAS COPCO: RIPRENDE LA MOBILITAZIONE”. Spariti gli acquirenti interessati a reindustrializzare una industria che già esiste, l’11 febbraio si avviava il negoziato per il “piano sociale”, ovvero la chiusura della FIAC, da distanze significative tra le proposte sindacali e l’azienda. Riprendevano gli scioperi: 3 ore il 15 febbraio anche a sostegno della lotta dei lavoratori della vicina KEMET contro l’ennesima ristrutturazione e il taglio di oltre 100 posti di lavoro degli attuali 376. Poi dal 22 febbraio 2 ore di sciopero al giorno.

Il 3 marzo si raggiungeva l’accordo, approvato il giorno successivo dai lavoratori dipendenti e in staff leasing con 86 favorevoli, 2 contrari e una scheda bianca.

Sui contenuti del’accordo

L’accordo è stato sottoscritto da Fiom e Nidil di Bologna, dalle RSU, dai rappresentanti di ATLAS COPCO e delle istituzioni interessate dal “piano sociale”, regione, città metropolitana di Bologna e comune di Sasso Marconi.

Come già citato verrà applicata la CIGS per cessazione di attività a partire da luglio 2021 fino al 30 giugno 2022 con anticipo dei pagamenti e totale riconoscimento dei ratei, 13^ e premio aziendale da parte di ATLAS COPCO.

Sono previste garanzie per i lavoratori dopo il trasferimento della produzione a Torino per un ricollocamento a non più di 25 km dalla sede attuale di lavoro o sostegno economico per almeno 3 anni.

Ci sarà un contributo di 12mila euro per chi volontariamente si trasferirà a Torino mantenendo diritti ed anzianità maturati in FIAC.

Verrà riconosciuta una indennità di 12mila euro di mancata conferma ai lavoratori in staff leasing se ancora dipendenti dall’agenzia di somministrazione 60 giorni dopo la fine della missione in FIAC.

Ci sarà una ricollocazione dei dipendenti delle cooperative che si occupavano della logistica o utilizzo di ammortizzatori sociali conservativi per evitare licenziamenti così come previsto dal Patto per il Lavoro e per il Clima.

Ad eccezione dei prepensionandi, verrà messo a disposizione un servizio di ricollocamento occupazionale a carico della FIAC.

Vengono riconosciuti incentivi all’esodo senza penalizzazioni economiche per chi maturerà i requisiti pensionistici nei prossimi 3 anni, 70mila euro per gli altri lavoratori che possono diventare 75mila per chi si licenzia prima del 30 gugno 2022. Per favorire la propria rioccupazione o eventuali progetti di reindustrializzazione potrà essere utilizzata una parte di 10mila euro dell’incentivo. Cosa significa? Che alla reindustrializzazione di Pontecchio Marconi potranno/dovranno contribuire gli attuali dipendenti FIAC con non meno di 10mila euro? Si conferma il paradosso di dover creare una nuova attività industriale dove già ce ne era una, assolutamente non in crisi, e in un territorio dove da anni si tagliano posti di lavoro, da ultimo i licenziamenti che minaccia la KEMET.

Infine l’accordo prevede che il sindacato e le istituzioni possano verificare entro giugno 2022 che le produzioni trasferite a Torino non vengano invece spostate in Paesi a basso costo del lavoro! ATLAS COPCO ha voluto ed è riuscita a chiudere la FIAC per aumentare i profitti. E in questo ha considerato assolutamente accettabile “investire” anticipando la CIGS e riconoscendo indennità e incentivi all’esodo. Ma sa anche che di fronte alle multinazionali ci sono istituzioni che non ne metteranno mai in discussione gli interessi.

Serve una direzione sindacale all’altezza dello scontro

Vincenzo Colla, assessore regionale allo sviluppo e attività produttive parla di grande rammarico per un epilogo che giudica assolutamente negativo. Per Fausto Tinti, consigliere della città metropolitana di Bologna con delega alle politiche del lavoro e tavoli di salvaguardia del patrimonio produttivo (sic!) è una vicenda che non si chiude con piena soddisfazione e che non è una buona notizia un’azienda che decide di spostare la produzione dal nostro territorio.

Che meraviglia scoprire che la sensibilità di ATLAS COPCO è tutta solo per i propri interessi!

Ancora una volta decisive sono state le scelte della Fiom, considerando il ruolo che ha come organizzazione dei lavoratori. Di fronte a una multinazionale determinata a chiudere una fabbrica e soprattutto a lavoratori che da subito hanno dimostrato una capacità di lotta esemplare era necessario mettere in discussione il ruolo della proprietà e rivendicare la nazionalizzazione della FIAC senza indennizzo per porla sotto la gestione e il controllo dei lavoratori.

Siamo convinti che oggi questa sia una rivendicazione comprensibile e condivisibile da parte di sempre più larghi strati di lavoratori e l’unica in grado di contrapporsi alle chiusure dei luoghi di lavoro.

Diversamente la prospettiva rimarrà quella di farla pagare il più possibile al padrone ma senza mettere in dubbio il ruolo. L’accordo del 4 marzo non poteva andare oltre questo suo limite, limite che non è stato delle lavoratrici e dei lavoratori della FIAC ma di direzione sindacale.

Davide Bacchelli – Direttivo Fiom Emilia Romagna

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