Saga Coffee: siglato l’accordo, i lavoratori non devono abbassare la guardia
Martedì 22 febbraio si è svolto il referendum tra i lavoratori sull’ipotesi di accordo sindacale riguardante la vertenza Saga Coffee, lo stabilimento di Gaggio Montano del quale la proprietà (gruppo Evoca) il 4 novembre 2021 aveva deciso la chiusura ed il licenziamento delle 200 lavoratrici e lavoratori.
L’ipotesi di accordo è stata approvata all’unanimità con 193 voti favorevoli su 193 votanti (gli aventi diritto al voto erano 196).
Le lavoratrici e i lavoratori Saga Coffee sono stati estremamente determinati dall’inizio alla fine. Il presidio permanente durato ininterrottamente dal 4 novembre è la prova della disponibilità alla mobilitazione che i lavoratori hanno espresso per un lungo periodo. La loro lotta, durata cento giorni sfidando difficoltà logistiche e intemperie, è un esempio per tutti i lavoratori che si dovessero trovare in una condizione simile.
L’accordo riflette, per come è stato costruito, una situazione complessa nella quale la Fiom-Cgil, che ha diretto la vertenza, si è sempre mossa con l’obiettivo di trovare nuovi padroni che rilevassero l’azienda. E’ questa la linea generale del sindacato nella gestione delle crisi industriali.
I due imprenditori che hanno accettato di rilevare Saga Coffee, hanno garantito l’occupazione per 137 lavoratori su 200. Tale numero potrà essere aumentato a 150 entro un anno, durante il quale sarà in vigore la cassa integrazione per cessazione attività, solo se l’agenzia statale Invitalia entrerà nella proprietà, mettendo a disposizione dei privati risorse pubbliche.
Per coloro che non rientreranno tra le assunzioni, sono previsti comunque incentivi all’esodo fino ad 85.000 Euro lordi: l’incentivo sarà inferiore per coloro che sono vicini al pensionamento.
Il numero di 150 lavoratori da riassumere ventilato in un primo tempo dalla parte aziendale, ma senza incentivi all’esodo, era stato considerato insufficiente dalle organizzazioni sindacali: giustamente, la parola d’ordine era che nessuno dovesse essere lasciato indietro.
Da più parti si è detto che è stato raggiunto il miglior risultato possibile. Probabilmente è così se consideriamo la stanchezza che affiora dopo oltre 90 giorni di presidioe la mancanza di alternative proposte dalla direzione sindacale. Ma, siamo certi che, considerando il potenziale espresso nella lotta non si sarebbero potuti raggiungere risultati ancora migliori con un coinvolgimento attivo dei lavoratori del territorio bolognese e delle loro rappresentanze?
Ricordiamo infatti che la vertenza ha avuto un rilievo nazionale, con servizi giornalistici quotidiani da parte dei telegiornali Rai: ulteriori forme di pressione come uno sciopero generale cittadino sarebbero state sicuramente efficaci in questo contesto.
Per tutta la sua durata, per una precisa scelta della dirigenza Fiom, la mobilitazione è rimasta invece confinata al presidio dei lavoratori Saga a Gaggio Montano, dinanzi ai cancelli dello stabilimento. La presenza del sindacato,particolarmente apprezzata, ha contribuito a galvanizzare i lavoratori, ma la gestione e la conclusione della trattativa sono state caratterizzate dall’interlocuzione tra la Fiom di Bologna e le istituzioni, in modo particolare la regione Emilia Romagna.
In ogni caso lavoratrici e i lavoratori Saga Coffee sono soddisfati dell’accordo e lo hanno espresso chiaramente con il loro voto. Sicuramente si tratta di un esito più favorevole rispetto all’aspettativa di un licenziamento in tronco.
Non pensiamo comunque che ogni problema sia risolto e la questione chiusa.
Gli incentivi all’esodo, cifre sicuramente significative, rispondono all’esigenza di “non lasciare indietro” i lavoratori ma solamente in maniera parziale, dando loro qualche anno di respiro.
Le riassunzioni sono in parte subordinate all’intervento pubblico ma i padroni neppure a fronte di queste agevolazioni accettano di reimpiegare tutti i lavoratori.
Non è possibile fidarsi di loro.
Durante la vertenza sarebbe stato necessario sviluppare un’alternativa: la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori stessi. Questa sarebbe la sola prospettiva che permetterebbe di non lasciare veramente nessuno indietro! I lavoratori hanno competenze, risorse intellettuali, e gli strumenti dell’organizzazione del lavoro per produrre senza padrone.
Naturalmente sarebbe difficile ottenere questo risultato per una singola azienda. Occorreva, e occorre, quindi, organizzare un coordinamento nazionale delle tante aziende in crisi a partire da Caterpillar, Bosch, Gkn con l’obiettivo di chiarire la necessità di lottare per la nazionalizzazione.
Si tratta di una prospettiva realistica, sicuramente più che affidarsi all’iniziativa istituzionale, come si è tentato di fare anche in occasione della vertenza Saga impegnando i politici nazionali provenienti dall’Emilia-Romagna a sostenere una legge sulle delocalizzazioni attualmente ferma in parlamento che rischia di risolversi in una semplice dilazione dei licenziamenti.
Solo l’iniziativa delle lavoratrici e dei lavoratori può salvaguardare pienamente il loro lavoro e i loro diritti!