Amazon-Alabama la battaglia per i diritti è globale
Amazon è il secondo più grande datore di lavoro del settore privato degli USA dopo Walmart, con oltre 400.000 lavoratori in tutto il mondo nell’ultimo anno. Filiali in tutti i continenti. In Italia 9.500 diretti e altrettanto di indiretti.
Tutti conoscono la grande crescita economica del colosso e-commerce Amazon, meno note sono le condizioni di chi ci lavora e le possibilità per migliorarle.
Dopo 7 anni dal primo tentativo di sindacalizzazione in Amazon, nelle prossime 3 settimane di marzo sapremo se il sindacato del commercio RWDSU entrerà ufficialmente nel deposito Amazon Bessemer in Alabama con 5.800 lavoratori. Una svolta storica per il movimento dei lavoratori, non solo negli Usa dove la presenza sindacale organizzata è molto diradata (11%) e negli stati del sud è ancora più complicato. Da un lato le leggi poco favorevoli (il sindacato è legittimo in fabbrica se conquista almeno il 30% dei lavoratori con il voto), negli stati del sud hanno perso siti storici alla Volkswagen a Chattanooga e dalla Nissan nel Mississippi. Se il sindacato entrerà nel deposito dell’Alabama, rappresenterà un cambio di passo.
Negli Usa come in qualsiasi paese, la pandemia ha accelerato un processo assolutamente imprevisto: una forte pressione sul lavoro, ma anche una crescita esponenziale dei profitti delle grandi multinazionali accompagnata da una povertà dilagante della classe lavoratrice.
Mentre 26,4 milioni di lavoratori Usa facevano la fila per il sussidio di disoccupazione, tra il 1° gennaio e 15 aprile 2020, la ricchezza del Ceo di Amazon aumentava di circa 25 miliardi. In una sola settimana dal 15 al 26 Aprile altri 6 mld per maggiore capitalizzazione in borsa, portando la ricchezza di Besoz a146 mld.
Tutto questo si è reso possibile grazie al lavoro di centinaia di migliaia di lavoratori che con un braccialetto al polso, garantiscono in Alabama 315 articoli lavorati all’ora, oppure con un palmare a Milano come in una qualsiasi città sono guidati nelle consegne in tutti i giorni della settimana, sabato e domenica compreso, scandendo il tempo per una consegna o la rotta da seguire. Il tutto per un salario che Amazon vanta di essere competitivo in Italia (1550 lordi al mese), salvo poi quando vengono scoperti i suoi furti di salario: 61 milioni di dollari è il risarcimento ai corrieri Amazon USA per il salario non erogato correttamente per due anni come da sentenza della Federal Trade Commission (Ftc)
In ogni parte del mondo dove Amazon si è installato, la luna di miele propagandata dal sorriso del suo marchio, ha sempre più vita breve!
Sempre più conflitti nascono per le condizioni di lavoro, tutela della dignità, della salute e del salario. Questo in diverse parti del mondo, dalle Filippine, Bangladesh ma anche in Europa, Francia e Germania e in Italia da Piacenza a Passo Corese passando per il Veneto e le tante società della logistica in Lombardia, tanti conflitti il cui tema è sempre lo stesso: Ritmi e condizioni di lavoro, diritti sindacali e salario.
In Italia conosciamo le pratiche adottate da Amazon per ridurre al minimo il conflitto sindacale: rendere tutto precario, fare pressioni, spingere i lavoratori insofferenti alle dimissioni, sovraccaricare il ritmo per farti scoppiare, ma anche di furbizie antisindacali come anticipare i negoziati sindacali garantendo aumenti contrattuali camuffandoli in “erogazioni liberali”.
Sempre più esteso l’uso massivo di nuove tecnologie e metodologie di controllo della persona come “Proxemics”, un software di videosorveglianza in grado di segnalare la distanza di sicurezza, oppure di una sofisticata robotica invasiva che controlla ed accelera la produttività del lavoratore, per non tralasciare le centinaia di migliaia di dollari per il monitoraggio contro le minacce sindacali attraverso un nuovo sistema tecnologico chiamato “Geospatial Operating Console” “analisti d’intelligence” con il compito di scovare i rischi aziendali fra cui anche le attività sindacali.
In Alabama Amazon oltre ad aver ingaggiato la famosa agenzia investigativa Pinkerton, storicamente specializzata in pratiche antisindacali, la multinazionale ha messo in campo altre armi per dissuadere i lavoratori dalla sindacalizzazione. Oltre ai ricatti e minacce sul posto di lavoro che tutti conosciamo, la società si è attivata in prima persona per una campagna antisindacale.
Per contrastare il voto favorevole al sindacato e al suo ingresso in fabbrica -già forte di 2000 adesioni- la multinazionale ha messo in campo oltre ad un ufficio legale per l’invalidazione del voto per posta (modello Trump) ma fallito come per il suo amico (ex)presidente, ha imposto riunioni obbligatorie giornaliere atte alla dissuasione sindacale, una cartellonistica anti sindacale in fabbrica, persino nei bagni, massicci invi di messaggi e propaganda anti sindacale persino ai semafori della città.
Hanno creato un apposito sito con uno slogan decisamente provocatorio “Ottienilo senza pagare quote”. PERCHE’ PAGARE UNA QUOTA ASSOCIATIVA DI 500$? Se hai un salario adeguato, una assicurazione sanitaria, vantaggi dal catalogo aziendale. Atte a sminuire il ruolo della tutela sindacale
Qualsiasi sia il risultato che avremo e le tante analisi che seguiranno certamente nulla e nessuno fermerà la lotta di classe per migliorare le nostre condizioni di vita e di lavoro.
Antonio Forlano – Direttivo Nazionale Filt Cgil/Area Giornate di Marzo