Contratto metalmeccanici – il dibattito nelle fabbriche

Contratto metalmeccanici – il dibattito nelle fabbriche

Mentre scriviamo sta per concludersi la campagna referendaria di consultazione sull’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale metalmeccanici sottoscritto da Fiom Fim Uilm con Federmeccanica il 5 febbraio scorso.

Nonostante la preannunciata larga approvazione, la verità è che l’euforia iniziale dei firmatari del contratto non ha trovato riscontro tra i metalmeccanici.

Un contratto che come Area d’alternativa in Cgil abbiamo valutato insufficiente poiché ha solo parzialmente interrotto il trend dei contratti precedenti, in particolare quello del 2016, su cui il sindacato aveva ceduto salario e diritti.

In questo rinnovo contrattuale, su precarietà, inquadramenti, “produttività” nelle aziende in cui non si effettua contrattazione aziendale, l’ipotesi contrattuale è molto lontana da quanto i lavoratori avevano chiesto sostenendo massicciamente la piattaforma rivendicativa. Una posizione che abbiamo presentato nell’assemblea del 22 febbraio che ha visto la presenza online di circa un centinaio di delegati e lavoratori.

Anche gli aumenti salariali sono stati neutralizzati dall’allungamento della vigenza contrattuale, di fatto a 4 anni e mezzo, che segue un triennio di salari fermi (2016-19).

Nel contesto delle restrizioni per l’emergenza sanitaria le assemblee hanno dato davvero poco spazio al dibattito e al confronto.

Laddove le assemblee si sono svolte senza un intervento critico di un delegato o un lavoratore, il dibattito è stato spesso un monologo di dirigenti sindacali e funzionari che occupavano l’80-90 per cento del tempo per magnificare il contratto, a cui seguivano votazioni unanimi. Dove, invece, c’è stata la presenza di un intervento critico ci sono stati risultati assai diversi. Diverse sono state le assemblee che hanno visto i relatori contestati.

Sono diverse le aziende, piccole e grandi, in cui hanno vinto i “No”. È il caso della Etipack Spa di Cinisello Balsamo (Mi) nella cui votazione finale ha prevalso il No per 25 voti contro 8 voti a favore, o dove si è riscontrato un equilibrio come alla Gpi Spa di Parma dove i Si hanno prevalso 7 a 5, o il caso della Motovario a Modena in cui su 167 votanti il No si è imposto con l’86%, alla Gkn di Firenze in cui i voti contrari sono stati il 95% o alla Same di Treviglio in cui l’ipotesi di Ccnl è stato respinto con l’84,8%

Alla Bonfiglioli Riduttori di Bologna dopo 12 assemblee con forte dibattito, i No hanno ottenuto 134 voti mentre i Si sono stati 94. Alla Toyota, ancora Bologna, su 347 votanti il No ha preso il 46,97%, prevalendo 109 a 96 fra gli operai.

In aziende come la Spal di Reggio Emilia (50 voti contrari), l’Ima di Bologna (126 voti contrari pari al 10%), la Ducati di Borgo Panigale (80 contrari, pari al 12,4%) si è riscontrata la netta differenza tra il voto nei reparti dove non c’era stato dibattito, che finivano al 100 per cento, e quelli dove la presenza di una voce contraria permetteva l’espressione di un settore di lavoratori critici. Se si aggiungono le difficoltà ulteriori dovute alle misure sanitarie, consideriamo questo intervento come una semina importante e una conferma che laddove viene presentata una alternativa, i lavoratori rispondono con una attenzione e un consenso ben più reali dell’ottimismo di facciata di un apparato sindacale sempre più immobile.