Il rapporto IRES sulla condizione dei lavoratori a Bologna: all’impoverimento dei salari si risponde con una nuova scala mobile.
Giovedì 26 maggio l’Ires della Cgil ha presentato il 15° osservatorio sull’economia e il lavoro nella città metropolitana di Bologna. Il dato che spicca è il progressivo impoverimento di lavoratori e pensionati a causa dell’aumento dei prezzi – in particolare quelli dell’energia – che ha portato l’inflazione ufficiale al 5,8% a fronte di buste paga e pensioni che crescono sulla base di indici che non tengono conto dei prodotti energetici. Stiamo parlando dell’IPCA con cui vengono calcolate le richieste salariali dei contratti nazionali.
In estrema sintesi, i lavoratori e pensionati bolognesi hanno perso mediamente una mensilità e “il rischio di impoverimento dei lavoratori e pensionati è dunque elevato e riduce gli effeti della ripresa” secondo l’Ires. Un rischio che diventa di giorno in giorno una certezza. Tanto è vero che i redditi imponibili medi del 2020 (21.624 euro per contribuente) segnano un -1,5% rispetto al 2019 con picchi negativi nelle zone dell’Appennino e al confine con Ferrara, i territori a minor presenza industriale.
Dal punto di vista dell’occupazione il crollo del 2020 è stato attutito dagli ammortizzatori sociali e dal blocco dei licenziamenti. Sostanzialmente, nel 2021 sono tornati a lavorare quanti nel 2020 non hanno perso il lavoro anche se il tasso di occupazione rispetto al 2019 (pre pandemia) è sceso dall’81,7% al 78,2% per i maschi e dal 72,2% al 68,4% per le femmine. Il divario maschi/femmine si intensifica rispetto al 2020 con un’ulteriore diminuzione delle occupate (-2.683) e un aumento degli occupati (3.148). Secondo gli ultimi dati INPS del 2020 a Bologna la retribuzione media giornaliera dei maschi era di 115,1 euro (86,6 euro per gli operai e 123 euro per gli impegati) e quella delle femmine di 85,7 euro (61,5 per le operaie e 89,3 per le impegate): un rapporto del 74,5% che cala ulteriormente al 71% per le operaie, cioè tra i salari più bassi.
Il 2021 ha visto un rimbalzo di tutti gli indicatori economici che, a livello regionale, segnano una variazione prossima o superiore al 5%. Anche il reddito disponibile torna a crescere (4,8%), ma meno del Valore Aggiunto (7,7%). Quindi un ulteriore aumento di distanza tra salari e pensioni rispetto agli utili in una regione che nel 2021 ha visto il PIL crescere del 7,2% contro il 6,4% a livello nazionale, e che, secondo l’IRES, raggiungerà solo un +2,4% in questo 2022, e un +2,75% nel 2023, poco al di sopra dei valori nazionali.
Anche a Bologna crisi economica e inflazione fanno sentire la loro stretta nelle tasche dei lavoratori – e ancor di più delle lavoratrici! Il blocco dei licenziamenti, una conquista degli scioperi spontanei del marzo del 2020, è stato cancellato dal luglio scorso senza nessun tipo di opposizione da parte della Cgil; il reddito di cittadinanza, con tutti i suoi limiti, è costantemente sotto attacco da parte del governo e di una Confindustria che vuole lavoratori sottopagati. Le nuove assunzioni, anche a Bologna, sono a tempo determinato per oltre il 90%.
I lavoratori hanno bisogno di un sindacato che lotti contro tutto questo a sostegno di una piattaforma radicalmente di svolta. Per questo come Giornate di Marzo – alternativa in Cgil stiamo portando avanti la campagna per una Nuova Scala Mobile dei Salari che devono comunque essere aumentati per cancellare le differenze tra uomini e donne e recuperare quanto perso negli ultimi 30 anni di patti sociali, per calmierare i prezzi e per il blocco dei licenziamenti.