Direttivo Nazionale Cgil – consegnate alla Segreteria Nazionale tremila firme in calce all’appello per una nuova scala mobile.
Pubblichiamo l’intervento di Mario Iavazzi, coordinatore nazionale dell’area Giornate di marzo, al direttivo nazionale della CGIL di ieri, in occasione del quale sono state consegnate le tremila firme raccolte in calce all’appello per una nuova scala mobile dei salari.
E’ una discussione molto importante questa che oggi ha proposto Landini nella sua relazione, sul bilancio dell’azione della Cgil di questi anni e la crisi politica attuale, discussione nella quale, per economia di tempo, non potrò entrare, nel merito, come vorrei. Tuttavia, vorrei fare un passaggio sul tema dell’autonomia e dell’indipendenza della Cgil dal quadro politico. Qui non si tratta di misurare se e quanto sono diversi tra loro Meloni o Letta, la destra dal centrosinistra. La questione è, piuttosto, se alla destra c’è un’alternativa politica che può essere più favorevole ai lavoratori, ai pensionati e ai giovani. In altre parole, il punto in discussione non è la scelta tra la concertazione col centrosinistra e il conflitto con la destra o, addirittura, come ha dichiarato qualcuno qui oggi, la concertazione a prescindere dal governo. Lo stesso centrosinistra, tra l’altro, che si impegna a sostenere la politica di Draghi, la stessa contro cui abbiamo scioperato il 16 Dicembre scorso.
Il tema è, invece, a mio parere, quello di organizzare un’opposizione sociale ad uno dei governi che avremo dopo il 25 Settembre, da questa scadenza elettorale non ci sarà nulla di buono per i lavoratori. In alcuni interventi, oggi veniva utilizzato il concetto di “paura” riferendosi ad una possibile vittoria della destra. Io penso che la Cgil non dovrebbe temere nessuno, se davvero mobilitasse i lavoratori ed imponesse la forza della classe lavoratrice con un programma avanzato.
E’, invece, sulla crisi sociale e sulla nostra azione che dovremmo concentrarci. Veniva ricordato nella relazione: la crisi sociale si aggrava e si va verso un ulteriore peggioramento. Abbiamo un’inflazione che va oltre l’8% ed andiamo incontro ad un’inevitabile crisi economica.. Se è vero, com’è stato detto, che cominciano a calare i consumi, a partire da quelli alimentari e di prima necessità, questo processo produrrà tagli alla produzione e, di conseguenza, altri licenziamenti.
Alcuni dati emersi in questi giorni dall’Istat ci dicono che nella prima metà dell’anno il divario della crescita tra stipendi e prezzi è del 6%. I redditi delle famiglie perderanno mediamente 2700 euro l’anno. L’esito dell’incontro di ieri, 27 luglio, tra organizzazioni sindacali e governo vanno nella giusta direzione come è stato affermato da Landini? Io non credo. Alcuni provvedimenti in discussione sono ennesimi palliativi, altri, invece, sono negativi.
Dei 14 miliardi di risorse che rappresentano la consistenza economica dell’intervento del governo per far fronte all’enorme perdita del potere d’acquisto dei salari, una parte andrà alla decontribuzione. Si tratterebbe di risorse che non produrranno nuovi tagli. Lo vedremo. Sono comunque risorse che potrebbero essere utilizzate per aumentare i finanziamenti al servizio sanitario nazionale, alla scuola pubblica e in generale ai servizi sociali pubblici. Ancora una volta, nulla che colpisca gli enormi profitti che in questi anni sono cresciuti. Leggevo un dato che rappresentava che il rapporto tra il reddito dei lavoratori dipendenti e dei grandi manager e consigli di amministrazione è cresciuto da 1 a 400 del 2018 a 1 a 600 circa dei giorni nostri. In soli 4 anni.
Dovremmo, piuttosto, nella nostra azione, rilanciare delle proposte, un programma, che possano davvero diventare una risposta al carovita ed alla crisi sociale. Dovremmo riproporre il blocco dei licenziamenti e uno stop all’aumento dei prezzi. Dovremmo richiedere un aumento dei rinnovi contrattuali degni di questo nome e non quelli che abbiamo ottenuto in questi anni. La fine della precarietà e di un salario minimo che consenta di far fronte alla povertà e a salari da fame.
Una delle risposte alla questione dell’inflazione dovrebbe essere la rivendicazione di una nuova scala mobile. La Segreteria è informata che delegati dell’area Giornate di Marzo hanno lanciato un appello che, appunto, chiede che la Cgil si faccia carico di questo tipo di rivendicazione. Una nuova scala mobile dei salari e delle pensioni sarebbe uno strumento di difesa dall’inflazione. A 30 anni dalla sua cancellazione definitiva è il momento di rilanciarla. Tanti danni hanno fatto quelle scelte 30 anni fa, nel 1992 e l’anno successivo, a proposito della riproposizione della concertazione.
L’appello con oltre 3000 firme, che oggi, alla conclusione di questo mio intervento che consegno alla Segreteria e alla Presidenza di questo direttivo, è stato il risultato di una campagna che come area abbiamo sviluppato in oltre 100 posti di lavoro nel paese. Un appello che ha riscosso entusiasmo, voglia di organizzarsi e lottare, da parte di tanti lavoratori che hanno visto la rivendicazione di una nuova scala mobile come una rivendicazione chiara e dalla loro parte. Il 25 giugno, nell’assemblea nazionale dell’area tenutasi a Bologna su questo tema, un’assemblea alla quale avevamo invitato la Segreteria Nazionale, alcuni delegati nei loro interventi si sono chiesti: immaginiamo soltanto se questa campagna la lanciasse la Cgil, la nostra organizzazione, quanto entusiasmo e che messaggio sarebbe di cambiamento e di interesse vero alle condizioni di vita dei lavoratori.
Questa è la ragione per la quale ciò che metto in discussione non è la data della manifestazione del 8-9 Ottobre, seppur penso sarebbe necessario promuoverla in tempi più ravvicinati, e nemmeno l’iniziativa in sé. Ciò che ritengo che sarebbe decisivo è che quella manifestazione possa diventare l’inizio di una lotta che attraversi il prossimo autunno, che rimetta al centro la forza straordinaria che hanno i lavoratori in lotta, con un programma avanzato e combattivo.