CGIL: IL FALLIMENTO DI UNA LINEA

CGIL: IL FALLIMENTO DI UNA LINEA

Dopo poco meno di 20 mesi anche il “governo dei migliori” se ne va a casa. Tuttavia, un risultato per i padroni il governo Draghi può vantarlo: essere riuscito ad evitare lo scontro sociale coi sindacati, in particolare la CGIL, nonostante la situazione sociale continui a precipitare.

Le cose vanno dette per come sono. Gli impegni presi ai tavoli – rivedere la legge Fornero, sostenere le famiglie alle prese con l’impennata dell’inflazione e superare il dilagare della precarietà – sono rimasti lettera morta. Il bonus di 200 euro in busta paga, i 30 centesimi di sconto alla pompa di benzina e il decreto Aiuti sono un’elemosina.

Ancora nel bel mezzo della crisi politica di luglio il vertice della CGIL si ostinava a far appello a non far cadere il governo. A poche settimane dalle elezioni e dalla nascita di un nuovo esecutivo, non trovano di meglio da fare che chiedere a un governo dimissionario nuovi tavoli di trattativa.

Anche quando la CGIL ha dato segno di voler prendere l’iniziativa, dopo il gravissimo assalto alla sede nazionale a ottobre e lo sciopero generale con la UIL il 16 dicembre, un minuto dopo ha tirato i remi in barca.

Un bilancio estremamente negativo, quindi, dell’operato di Landini e del vertice sindacale, che deve essere oggetto anche della discussione nei luoghi di lavoro nel congresso della CGIL che inizierà a fine settembre.

La realtà è che la crisi di governo avrebbe dovuto aprirla il movimento operaio. Le dimissioni di Draghi avrebbero dovuto essere una conseguenza delle lotte contro il carovita, per aumenti salariali, per una nuova scala mobile, per la difesa dei diritti e dello stato sociale e della sanità pubblica. Così non è stato. Anzi, dopo lo scioglimento delle Camere e l’indizione delle elezioni per il 25 settembre, la segreteria nazionale della CGIL ha deciso di sospendere il congresso e di farlo ripartire solo dopo la scadenza elettorale. Come se non fosse chiaro che qualsiasi forza politica vincerà le elezioni porterà avanti solo nuovi attacchi.

Ma i lavoratori non possono permettersi questi tatticismi fallimentari. Al disastro sociale che viviamo da tempo si aggiungono le tante crisi industriali che continuano ad aprirsi.

Solo i lavoratori possono invertire la rotta. Un esempio è la lotta dei lavoratori della Wartsila di Trieste che davanti alla chiusura dello stabilimento e al licenziamento di 451 lavoratori, insieme ai lavoratori del porto e col sostegno della città, tengono in scacco da giorni la multinazionale finlandese.

Il segretario della Cgil, denunciando l’ennesimo balzo in avanti dell’inflazione, ha bollato come insufficienti le risorse messe in campo dal governo e rivendicato la tassazione degli extra-profitti. E’ sicuramente un passo avanti rispetto a quando parlava solo di “decontribuzione fiscale”, ma questa rivendicazione e la convocazione di una manifestazione nazionale per ottobre sono totalmente insufficienti.

Non è più tempo di denunce: i lavoratori sanno benissimo che la situazione è insostenibile, ciò che serve è una piattaforma di rivendicazioni coerenti con la gravità della situazione, e soprattutto un piano per mobilitarsi.

Per questo lotteremo, nel congresso della CGIL sostenendo il documento alternativo, e soprattutto nelle mobilitazioni dei prossimi mesi.