UN TRAM CHE SI CHIAMA SFRUTTAMENTO
Ha fatto molto scalpore la sentenza del tribunale di Milano che ha giudicato incostituzionale il salario orario di una lavoratrice di Padova del settore Vigilanza privata/servizi fiduciari, che percepiva 3.96 euro all’ora prevista dal contratto nazionale di settore firmato da Cgil, Cisl e Uil.
Notizie che così come velocemente fanno tanto scalpore, altrettanto velocemente finiscono nell’oblio. Il settore della Vigilanza privata è sicuramente uno dei peggiori in circolazione, ma tanti sono i contratti che prevedono salari da fame, i contratti nazionali nel loro complesso prevedono salari sempre più inaccettabili, causati da trent’anni di politiche di moderazione salariale, resi ancora più insostenibili da un’inflazione stabilmente a doppia cifra. Ripubblichiamo l’articolo di Alessandro Villari dello scorso gennaio su una sentenza uguale del tribunale di Milano che condannava ATM (l’azienda di trasporto pubblico di MIlano) per lo stesso motivo.
La redazione
Nelle scorse settimane l’ATM di Milano è balzata agli onori delle cronache prima per aver nuovamente alzato i prezzi dei biglietti ordinari del 10%; poi per la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato che il salario dei suoi addetti alla vigilanza (dipendenti della società IVRI a cui ATM ha appaltato il servizio) è inferiore al minimo costituzionale, ossia non consente un’esistenza dignitosa e non è adeguato al loro lavoro.
I due dipendenti che hanno fatto causa, che guadagnavano meno di mille euro lordi (la retribuzione prevista per un lavoro a tempo pieno dal CCNL Servizi fiduciari, sottoscritto anche dalla CGIL), avranno un aumento di circa 250 euro al mese. IVRI e ATM, quest’ultima in quanto committente, dovranno inoltre pagare tutte le differenze arretrate.
Sentenze come questa sono notizie molto positive, soprattutto perché possono servire a incoraggiare altri lavoratori a prendere coscienza del proprio sfruttamento e a lottare per condizioni di lavoro migliori. Al tempo stesso sono soluzioni molto parziali: innanzitutto perché valgono solo per chi ha fatto causa, sobbarcandosi costi e stress, oltre al rischio di perdere. Ma soprattutto perché anche nel migliore dei casi possono tamponare soltanto i casi estremi – i salari particolarmente bassi di questo specifico contratto collettivo – ma non curare la cancrena sottostante: il sistema capitalista che li genera. è proprio in base alle “regole del mercato” che ATM alza il prezzo dei biglietti ed esternalizza il servizio di vigilanza, assegnandolo in appalti al massimo ribasso.
In questa particolare vicenda i sindacati, in testa la CGIL, sono responsabili innanzitutto di aver firmato il CCNL che prevede salari tanto miserabili. Questo contratto oltretutto è scaduto nel 2015. La trattativa per rinnovarlo dura da anni: il mese scorso le associazioni datoriali l’hanno interrotta per l’ennesima volta dopo la proposta provocatoria di un aumento di soli 30 euro all’anno.
Invece di organizzare mobilitazioni, i sindacati hanno risposto lanciando… una petizione al governo. Occorre dirlo: è un’assoluta vergogna che in questi anni il compito che sarebbe spettato alle organizzazioni dei lavoratori l’abbiano svolto, con tutti i limiti del caso, avvocati e giudici del lavoro.
Ma non può essere questa la strada. L’unico modo per spezzare il circolo vizioso degli appalti al ribasso e dei salari da fame è rilanciare la parola d’ordine del salario minimo legale, non inferiore a 1.400 euro al mese, e del ripristino della Scala Mobile.
Inoltre è necessario rivendicare l’abolizione del sistema degli appalti, con assunzione diretta dei lavoratori da parte dei committenti, e più in generale una gestione dei servizi pubblici – trasporti, sanità, istruzione, ecc. – completamente svincolata dalle logiche del mercato, sottratta agli interessi privati, adeguatamente finanziata dallo Stato.
Ecco un programma che riuscirebbe a unificare centinaia di vertenze e conquistare e spingere a mobilitarsi centinaia di migliaia di lavoratori. Dobbiamo organizzarci e lottare per realizzarlo.