DOCENTE TUTOR E DELL’ORIENTAMENTO: COME PIEGARE ULTERIORMENTE L’ISTRUZIONE AL MERCATO
Con il decreto 63 del 5 aprile 2023 e conseguente circolare il Ministero dell’Istruzione istituisce la figura del docente tutor (nella secondaria di primo e secondo grado) e del docente orientatore (nelle classi 4° e 5° delle scuole superiori) con un finanziamento di 150 milioni di euro. La finalità, dichiarata da Valditara, è un evergreen che alberga nel Ministero da svariati anni: intervenire sulla dispersione scolastica e “valorizzare” il personale docente.
Un compenso risibile per un aumento del carico di lavoro
Le risorse sono state già ripartite per i singoli istituti ed è stato approntato un piano sul numero minimo di docenti per ogni scuola, i cui compensi, per il docente tutor sono contenuti in una forbice compresa tra i 2.850 euro lordo Stato e i 4.750 euro lordo Stato, mentre per il docente orientatore un compenso compreso tra i 1.500 euro lordo Stato e i 2.000 euro lordo Stato.
Questi compensi varranno soltanto per l’a.s. 2023/2024 e potrebbero anche diminuire nell’arco del triennio in cui i docenti hanno ottenuto l’incarico. In particolare per i tutor varieranno in base a quanti effettivamente ne saranno individuati dal Dirigente Scolastico, secondo criteri stabiliti dal collegio dei docenti. Si tratta di una dinamica consolidata negli ultimi anni in cui è il preside manager ad aver sempre più potere nella scelta delle figure organizzative, togliendo tale prerogativa al collegio docenti. In aggiunta, i compensi per questi ruoli saranno stabiliti in sede di contrattazione d’istituto, ambito nel quale le Rsu contrattano risorse che col passare degli anni sono diventate sempre più esigue. Gli incarichi organizzativi comuni a tutte le scuole dovrebbero essere inseriti nel CCNL e contrattati a livello nazionale, rivendicando pagamenti dignitosi per ogni ruolo anziché lasciare alle singole Rsu nelle scuole la contrattazione su come distribuire vere e proprie briciole. I compensi netti per queste nuove figure si attesteranno su importi del tutto insufficienti così come già avviene per coordinatori e altri incarichi.
Mansioni delle nuove figure: per i consigli di classe caos e sovrapposizioni di ruoli
Queste nuove figure dovranno innanzitutto formarsi, peccato che la formazione per gli insegnanti continui ad essere non retribuita.
In secondo luogo, il docente tutor dovrà occuparsi di un gruppo eterogeneo di studenti che varia dai 30 ai 50 (!) creando per ognuno di loro un e-portfolio che dimostri l’acquisizione di abilità e competenze, sulla base di queste consiglierà ad allievo e famiglia il percorso migliore da seguire; l’orientatore, invece, dovrà accompagnare lo studente nella scelta dell’università o verso il canale professionale. Il numero dei tutor varierà a seconda degli istituti, mentre l’orientatore sarà uno per istituto. Gli studenti oggetto dell’orientamento, dal canto loro, si troveranno l’incombenza di dover seguire pacchetti di almeno 30 ore annuali, in aggiunta a quelle di PCTO, al fine di essere indirizzati al mondo del lavoro o ai corsi universitari.
Oltretutto è assai improbabile che un solo insegnante possa gestire l’orientamento in modo adeguato di un gruppo così cospicuo di studenti, sottraendo al consiglio di classe la propria funzione orientante. In tal senso, lungi dal semplificare, andranno a costituire un ulteriore elemento di caos nella gestione e nella cura della crescita dello studente. Frammentazione dei percorsi e completa inefficacia sono i rischi riportati anche dalla FLC-CGIL, il tutto in un quadro di perfetto allineamento del percorso d’istruzione alle esigenze del sistema produttivo.
“E-portfolio” e moduli orientativi: l’istruzione sempre più piegata alle aziende
A detta del Ministro queste nuove figure dovrebbero essere funzionali al contrasto della dispersione scolastica ma gli unici elementi concreti sono l’e-portfolio che ogni studente dovrebbe avere e i moduli da 30 ore da seguire. Questo si traduce, ancora una volta, nell’appiattire sapere e conoscenze alla logica del mercato, nel solco di quanto già avviene attraverso il PCTO (ex alternanza scuola – lavoro). La collaborazione con le imprese, interessate esclusivamente ad avere manodopera sfruttabile a basso costo, vedrà un salto qualitativo. Gli enti privati entreranno ancora di più nella didattica “orientando” gli studenti alle proprie esigenze. Non a caso, il corso di formazione rivolto a tutor e orientatori (che non sarà retribuito!) prevede di “Esplorare i futuri possibili e collegarli alle professionalità attuali ed emergenti” e “Ricondurre le professionalità alle competenze necessarie per esercitarle”[1]. Nelle intenzioni del Ministero, uno dei principali aspetti su cui il docente orientatore dovrebbe spingere è la promozione del “Sistema terziario di istruzione”. Si tratta di un percorso
post-diploma alternativo a quello universitario, cogestito dallo Stato e dal mondo produttivo: almeno metà dei “docenti” provenienti da imprese e stage aziendali per una quota non inferiore al 30% del monte ore totale.
Già oggi i PCTO, in particolare nei tecnici e nei professionali, ma non solo, sono uno strumento in mano ai privati per ottenere manovalanza a costo zero, sfuggente al monitoraggio dei sindacati e in cui, tragicamente, alcuni studenti sono rimasti feriti o hanno perso la vita.
L’abbandono scolastico in Italia
Secondo un rapporto dello stesso Ministero nel 2021 circa il 13% degli studenti tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola senza diploma né laurea o l’ha terminata senza acquisire le competenze di base minime e il dato sale, neanche a dirlo, nelle regioni del Centro Sud, dall’Abruzzo alla Sicilia.
Così, se nel 2019 il 7,3% degli studenti con un ESCS (indicatore socio-economico-culturale) sotto la media è uscito dalla scuola senza le competenze minime richieste, nel 2021 questo fenomeno è aumentato di 5 punti percentuali, arrivando al 12,3%. Naturalmente, negli anni presi in esame la pandemia ha giocato un ruolo fondamentale, approfondendo le disuguaglianze socio-economiche tra studenti, ma i dati precedenti e gli attuali non sono affatto dissimili e si aggirano attorno al 10%.
Persino l’INVALSI riconosce che “lo status d’origine, la classe sociale e il capitale culturale continuano a influenzare l’opportunità di ottenere titoli di studio superiori” e “il background socioeconomico impatta sia sulle motivazioni allo studio che sulle ambizioni educative e occupazionali. L’origine sociale è inoltre in grado di orientare il percorso formativo scelto dai giovani”. E, d’altra parte, Save the Children ha dichiarato che nello stesso 2021 un milione e 382mila minori in Italia versavano in condizioni di povertà assoluta. A questi dati vanno aggiunti quelli che riguardano i tagli alla scuola pubblica degli ultimi decenni: l’investimento nell’istruzione pubblica, calcolato in percentuale sul PIL, è ben al di sotto della media europea. Questa situazione verrà ulteriormente aggravata dal progetto di Autonomia differenziata che nei fatti destinerà ancora meno risorse centrali alla scuola pubblica e che avrà come effetto quello di regionalizzare l’istruzione reintroducendo le gabbie salariali per il personale e creando 20 sistemi educativi differenti. La carenza di fondi da parte delle regioni avrà come diretta conseguenza il rafforzamento della dinamica in corso da diversi anni: impossibilità di fruire di scuole aperte e del tempo pieno, accorpamento di istituti, classi di 25 o più alunni. Queste sono le vere cause della dispersione scolastica, le sue radici profonde, e a ben poco serviranno, dunque, in questo contesto, i docenti orientatori e tutor.
Ricatti e divisioni
Una mancetta, accompagnata da una quota di punteggio aggiuntivo nella graduatoria interna, è ciò che il Ministro Valditara mette in campo per chi è disposto a sobbarcarsi una moltitudine di ore di lavoro aggiuntivo. La subdola tecnica di garantire un maggior punteggio a chi ricoprirà quel ruolo è finalizzata esclusivamente ad aumentare contrapposizioni tra il corpo docente dell’istituto: garantirsi i primi posti nella graduatoria interna è fondamentale per evitare i trasferimenti del personale in esubero o per potersi spostare e avvicinarsi a casa, cosa che per molti insegnanti rappresenta un sogno. Quello di Valditara non è altro che un ricatto: sia nell’ambito delle graduatorie che sul piano salariale.Un ricatto bello e buono per chi vede erodere i propri salari dall’inflazione che continua a aumentare. La filosofia dietro la proposta di Valditara è la seguente: “se vuoi guadagnare di più, devi lavorare di più”. Ma negli ultimi anni è stato vero proprio il contrario: i docenti hanno visto aumentare il proporio carico di lavoro (e burocratizzare la propria professione), mentre gli stipendi sono rimasti al palo!
È il caso eclatante, ad esempio, dell’insegnamento dell’Educazione civica nelle scuole del secondo ciclo, per cui tale disciplina, essendo trasversale, va insegnata da tutti i docenti del consiglio di classe. Questo significa che apparentemente le ore di lavoro restano le stesse, ma la realtà è che per insegnare una disciplina (per la quale nessuno si è formato) e per valutare gli apprendimenti è necessario uno studio da parte del docente e ore di lavoro aggiuntive per la correzione delle verifiche. Senza parlare di eventuali riunioni ad hoc per i referenti di classe e di istituto. Così, l’introduzione di una disciplina in più con l’obiettivo di ampliare le conoscenze degli studenti, si è tramutata nei fatti in un carico di lavoro maggiore per l’organico esistente e un taglio di ore delle altre discipline. Un nuovo elemento introdotto nel sistema d’istruzione a costo zero per lo Stato e con oneri maggiori per il personale che non vede nessuna retribuzione aggiuntiva (nel migliore dei casi si ha solo un riconoscimento simbolico per i referenti).
Lavorare meno, lavorare tutti, lavorare meglio!
Lo scopo del decreto, allora è chiaro: dare un’altra picconata al CCNL, dividere i lavoratori e metterli in competizione tra loro, peraltro sulla base di un aumento del carico di lavoro e di una miseria stipendiale, assegnare ancora più poteri ai DS e orientare gli studenti al lavoro permettendo ancora di più alle imprese private di entrare nel sistema scolastico-educativo.
Nei collegi docenti dobbiamo rigettare al mittente la proposta e rifiutarci di aderirvi!
Per contrastare la dispersione scolastica e porre il personale docente in condizioni di lavoro dignitose c’è bisogno di ben altro. Serve una totale inversione di rotta rispetto a quanto portato avanti dai governi:
- Raddoppiare gli attuali finanziamenti alla scuola pubblica, investendo in primo luogo nell’edilizia scolastica e garantendo a tutti gli studenti l’accesso completamente gratuito a trasporti e materiale scolastico
- Assumere tutti i precari della scuola a tempo indeterminato con formazione in orario di servizio: inclusione, orientamento e ampliamento dell’offerta didattica non possono che basarsi su un organico adeguato, stabile e qualificato!
- Forte incremento delle retribuzioni: per ogni figura professionale l‘aumento salariale deve garantire stipendi non al di sotto dei salari europei più alti della categoria
- Introduzione della scala mobile dei salari per garantire un meccanismo automatico di recupero sull’inflazione
- Un minore carico di lavoro per tutti e sburocratizzazione dell’attività docente. Gli incarichi comuni a tutte le scuole devono essere contrattati nazionalmente.
- Un tetto massimo di 15 alunni per classe
- Abolire i PCTO: fuori i privati dalle nostre scuole!
[1] Slide della piattaforma ministeriale “Scuola Futura” riportate sul sito di Orizzonte Scuola