ATTIVO NAZIONALE SANITA’ – FP CGIL
Di seguito l’intervento di Salvatore Veltri, Rsu della Fp Cgil del Rizzoli di Bologna, all’attivo nazionale dei delegati Rsu Sanità della Fp Cgil del 6 Giugno scorso.
Compagni e compagne,
Dopo la pandemia la speranza di un possibile cambiamento rispetto alle tragiche condizioni del SSN si è ormai arenata, e, dopo i primi stanziamenti di fondi terminata l’emergenza, la salute pubblica è tornata ad essere l’ultimo problema dell’agenda politica e pubblica di questo paese e a pagarne le conseguenze sono cittadini e lavoratori.
Quello che succede in Europa in questo periodo è ben diverso della situazione italiana: una serie di scioperi sta attraversando il continente, a gennaio migliaia di medici, infermieri e operatori sanitari sono scesi in piazza in Gran Bretagna come mai hanno fatto, in Francia a dicembre è toccato ai medici scendere in piazza per protestare contro la riforma sanitaria, in Spagna 250.000 operatori sanitari hanno sfilato per Madrid per rivendicare il diritto alla salute, in Germania sono scattati gli scioperi contro i tagli del rinnovo contrattuale, in Italia poco o nulla. Come sindacato, finora, non siamo andati oltre le denunce. Un glorioso sciopero aziendale all’Istituto Ortopedico Rizzoli (di cui vi parlerò dopo) e sporadiche anche se ben riuscite manifestazioni di sabato.
Prima di gettare lo sguardo, appunto, sulle possibili contromisure per riaffermare e difendere il diritto alla salute vorrei soffermarmi sull’idea che secondo me dobbiamo avere di SSN. Storicamente la legge 833 del 1978 che introdusse il SSN rappresentava un indubbio punto di forza per le politiche della salute nel nostro paese e sarebbe dovuta diventare modello di vanto nel resto d’Europa che avrebbe portato il nostro SSN a rispondere nel migliore dei modi alle esigenze di una popolazione attraversata da mutamenti demografici ed epidemiologici. Bene, questa legge nel corso degli anni ha rappresentato una barriera fondamentale alla marginalizzazione di interi strati della società, con un peso importante nel bilancio dello stato. Peso non più sostenibile per i governi degli anni 80 e seguenti sempre più interessati al bilancio economico che alla salute dei loro cittadini. Quindi iniziano gli anni delle contro riforme; in primis la 502/92 e la 229/99 che hanno introdotto l’aziendalizzazione e l’introduzione dei fondi integrativi vietati per l’appunto dalla 833 del 1978, poi la riforma del titolo V ha dato la mazzata finale al SSN.
Che senso ha dunque fare una battaglia culturale per dire che la sanità non è un costo ma un investimento e nello stesso tempo non fare nulla per bloccare la privatizzazione in atto, magari abolendo gli incentivi fiscali ai fondi integrativi? E magari togliere la possibilità prevista in questo contratto di destinare parte dei soldi dei lavoratori in favore di welfare sanitario integrativo?
Altro punto che vorrei affrontare in questa discussione di rinnovo contrattuale è la questione salariale. Ogni giorno l’inflazione erode il nostro potere d’acquisto. I nostri salari sono sempre più bassi creando disagio e creando uno spostamento di lavoratori della sanità in altri paesi o nei settori privati. Nelle corsie dei reparti, negli uffici amministrativi, dove io lavoro, la tematica dell’aumento salariale è argomento di forte discussione. In questa fase è essenziale, da parte della Cgil, fare delle richieste incisive: serve che si recuperi almeno quello che l’inflazione ha tolto ai nostri salari, ovvero ci manca il 15%, una cifra non inferiore ai 300€ in busta per recuperare quanto abbiamo perso. Questa deve essere la base per il rinnovo del nostro contratto e questa è la cifra che deve essere inserita nelle piattaforme.
Per raggiungere questi obbiettivi è chiaro che la Cgil debba dimostrare la propria forza e la propria convinzione. In particolare, vorrei portare l’esperienza fatta nel mio luogo di lavoro, ovvero l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, dove il 19 aprile si è tenuto uno sciopero storico. Infatti, da almeno 25 anni, una sigla confederale, la Cgil, ha proclamato uno sciopero aziendale di 24 ore. Sciopero, tra l’altro riuscitissimo, che ha avuto grande rilievo sulla stampa ed una altissima adesione dei lavoratori, che ha visto la chiusura della radiologia, di due terzi delle sale operatorie e la chiusura di molti uffici amministrativi oltre che di laboratori di ricerca. Si è giunti a questo sciopero attraverso tre assemblee in cui l’organizzazione si è confrontata con i lavoratori, i quali hanno espresso le proprie problematiche ed i propri disagi lavorativi e, alla fine di ogni assemblea, si è fatto decidere ai lavoratori stessi, attraverso il voto, la strada da intraprendere per migliorare le proprie condizioni sul posto di lavoro e per difendere la Sanità pubblica hanno deciso che l’unico strumento efficace è lo sciopero aziendale. Questa esperienza ha lasciato nei lavoratori la consapevolezza che uniti e con un fine ben definito anche lo sciopero in un piccolo ospedale può mostrare una forza significativa. La consapevolezza raggiunta in quella occasione ci dà la possibilità, da qui in avanti di alzare il livello di conflitto con il fine di riuscire a migliorare le condizioni lavorative e ad assumerci la responsabilità di poter difendere il Servizio Sanitario Nazionale.
Questi spunti che ho cercato di portare oggi, in questo attivo degli RSU, è un modo attraverso cui cercar di far riflettere e spronare la nostra Organizzazione ad avere più incisività nell’alzare la posta in gioco perché, solo se si lavora bene e si riesce a preparare un terreno fertile, i lavoratori saranno i primi a scendere in piazza.