RINNOVO CCNL SCUOLA: TUTTI CONTENTI, TRANNE I LAVORATORI
Il 14 luglio si è chiusa la partita sul rinnovo contrattuale di scuola e università scaduto da ben due anni. Si trattava infatti del contratto 2019-2021. Ministero e sindacati firmatari si dichiarano soddifatti, ma a ben guardare c’è poco da gioire.
Aumenti?
Il primo nodo, e il più importante, è certamente quello salariale. La parte economica era già stata sottoscritta a Dicembre e gli aumenti, con gli arretrati, sono stati percepiti già in gennaio. Si è trattato di un aumento in media di 98 euro lordi per i docenti e l’ipotesi di contratto attuale, con la discussione anche sulla parte normativa, ha visto un innalzamento fino a 124 euro lordi medi per gli insegnanti, di 98 per il personale ATA e di 190 per i DSGA (direttori dei servizi generali e amministrativi). Con questi numeri, ci vuole veramente coraggio a parlare di aumenti! Certamente lo sono sulla carta, ma non nella sostanza. Gli stipendi sono stati incrementati, infatti, di circa il 5% ma con l’attuale inflazione a doppia cifra (al 12%, ufficialmente, ma molto di più se guardiamo il carrello della spesa, le bollette e i serbatoi delle auto dei lavoratori), questi aumenti non sono affatto sufficienti a sostenere un tenore di vita adeguato e non sulla soglia della sopravvivenza. Considerando poi che l’attuale inflazione continuerà a galoppare, ciò che riceviamo in busta paga verrà immediatamante eroso. Da quando l’inflazione sta colpendo i salari, abbiamo già perso in media il 15%, ovvero mediamente 300 euro netti. Questa doveva essere la base di discussione per sedersi al tavolo!
La questione del docente tutor e orientatore
Abbiamo già scritto su questo argomento, mentre nelle scuole si discuteva di aderire o meno a questa iniziativa proposta dal Ministero (https://giornatedimarzo.it/2023/05/09/docente-tutor-e-dellorientamento-come-piegare-ulteriormente-listruzione-al-mercato/). Il nuovo contratto recepisce questa figura e la contrattualizza. Certamente far rientrare tutto ciò che riguarda l’attività dei docenti nel Contratto nazionale potrebbe essere sinonimo di garanzia di diritti, a patto che ciò che viene inserito sia una reale miglioramento per i lavoratori. Invece, l’attuale ipotesi di contratto recepisce quanto già deciso dal MIM così com’è, nonostante ci siano state proteste in tantissime scuole e ci si sia rifiutati in massa di aderire ai corsi propedeutici: i nodi principali erano la vergognosa attribuzione di punteggio in graduatoria a chi avrebbe accettato di svolgere tale mansione, un compenso risibile a fronte di un aumento importante del carico di lavoro, la inevitabile ulteriore ingerenza di aziende private nella didattica. È sulla base di questo che a Padova, Torino, Roma, ecc. diversi collegi hanno protestato formalmente o comunque moltissimi docenti non hanno aderito. La FLC CGIL avrebbe dovuto saper cogliere queste contraddizioni, organizzarle a livello nazionale e rilanciare l’offensiva su salari, assunzioni, lotta alle “classi-pollaio” e certamente avrebbe ottenuto un enorme sostegno, con la possibilità di bloccare questa controriforma del ministero e invece ha prodotto un silenzio assordante, che tuttora non trova ragioni. Non solo, ora lo si accoglie anche nel contratto, formalizzando ciò che inevitabilmente produrrà, qualora dovesse avere un reale successo: ingerenza dei privati, caos organizzativo, aumento dello sfruttamento.
Cortina fumogena sul precariato
L’ipotesi di contratto prevede, per i precari di tutto il personale, 3 giorni di permesso retribuito al pari di chi ha un contratto a tempo indeterminato. Certamente un passo avanti importante sul terreno dei diritti. Tuttavia, mentre da una parte riconosciamo senza dubbio un miglioramento su questo fronte, dall’altra non vediamo nessuna seria strategia sulla questione del reclutamento dei precari. Valditara, così, da una parte concede 3 giorni di permesso retribuiti, dall’altra, di concerto col Ministero dell’Economia, evita di assumerli aumentandone anzi il numero. Basti dire che a fronte di un contingente dichiarato disponibile di 80mila posti, quest’anno verranno assunti solo 50mila docenti! 30mila precari valgono bene 3 giorni di permesso retribuiti… Ma la realtà è ben più amara: secondo un articolo del Sole24ore di Marzo, i precari nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 225mila, su un totale di 900mila posti assegnati, mentre solo sette anni prima erano 100mila. E questo solo per quanto riguarda i docenti. Secondo stime che riguardano tutti i lavoratori della scuola, il 22,4% di questi (docenti e ATA) è precario. È evidente che si cerca di mascherare la devastante realtà lavorativa di centinaia di migliaia di persone con un piccolo miglioramento sul piano normativo, per quanto sia sacrosanto.
Per aumenti significativi, una nuova scala mobile e l’assunzione di tutti i precari
Come abbiamo spiegato, non solo si tratta di un rinnovo scaduto da due anni, ma la magra consolazione risiede in qualche euro in più e 3 giorni di permesso retribuiti. I dirigenti sindacali pongono ora l’enfasi sul nuovo contratto 2022-2024, spargendo illusioni sul fatto che il Ministero sia seriamente intenzionato a farlo in tempi brevi (e siamo già oltre la metà del 2023!). Accontentarci di poco e chiudere il vecchio contratto per poi avanzare “le giuste richieste” in quello nuovo: è questo il ritornello più volte sentito e puntualmente disatteso nei precedenti rinnovi. Il nodo centrale rimane il modo con cui adeguate rivendicazioni devono essere perseguite da parte del sindacato. La piattaforma deve essere all’altezza, le parole d’ordine chiare ed incisive, la prospettiva deve essere fornita da un serio e determinato percorso di lotta. Tutto questo non è mai rientrato nel modo di operare dei dirigenti sindacali, anche di fronte alle scellerate politiche dei governi.
Un esempio lampante è la proposta devastante di chiudere più di 800 istituti nel prossimo triennio (più del 10% dell’attuale numero di scuole), con conseguente taglio del personale. Su questo attacco importante la FLC non ha saputo proporre altro che la mobilitazione… dei propri avvocati! Se si pensa di fermare questi attacchi con questi metodi, possiamo dirci francamente di avere già perso.
La controffensiva deve basarsi sul protagonismo dei lavoratori, i quali devono combattere con le armi che gli sono proprie: manifestazioni, scioperi ad oltranza, blocco degli scrutini.
In queste settimane come “Giornate di Marzo – Area di alternativa in Cgil” stiamo promuovendo una campagna davanti ai posti di lavoro per aumenti sostanziali, per il ritorno alla scala mobile, uno strumento di difesa dei salari che determini un aumento automatico in relazione all’inflazione reale (e non a quella programmata!) e per l’abolizione di tutti i contratti precari al fine di assumere tutti in modo stabile. Siamo convinti che queste parole d’ordine debbano essere discusse e sostenute anche tra i lavoratori della scuola, sviluppando una seria campagna di assemblee in tutto il territorio nazionale afficnhé i lavoratori discutano su queste proposte.
Ad oggi, in Italia, circa 7 milioni di lavoratori attendono il rinnovo contrattuale in diversi settori: sarebbe possibile aprire un’offensiva che li coinvolga tutti, e i lavoratori della scuola potrebbero trovare potenti alleati tra le altre categorie su obiettivi comuni, se solo i dirigenti della CGIL lo volessero. Noi siamo in prima fila, a sostegno di questa ipotesi.