CCNL Cooperative sociali: diciamo NO ai salari da fame!

CCNL Cooperative sociali: diciamo NO ai salari da fame!

Lo scorso 26 gennaio è stata siglata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL delle Cooperative sociali scaduto nel 2019. Questi anni sono trascorsi senza alcuno sforzo per coinvolgere i lavoratori, senza una piattaforma avanzata e senza un percorso di lotta. Cgil, Cisl e Uil hanno condotto una trattativa a porte chiuse e, come altre volte, la parola passa ai lavoratori quando ormai la discussione è finita, con una consultazione a contratto già sottoscritto.

Il rinnovo contiene un aumento salariale ridicolo considerando i bassi salari del settore: 60€ da febbraio 2024 per arrivare a 120€ solo ad ottobre 2025, portando lo stipendio medio di un lavoratore full time con titolo (D2) dagli attuali circa 1200€ netti, ai 1330€ entro il 2025. Questo è lo stipendio di professionisti laureati che svolgono lavoro educativo, di cura e di prevenzione nei territori!

I sindacati firmatari enfatizzano l’innalzamento dei minimi tabellari portando il livello C1 ai famosi 9€ lordi orari, tuttavia ci si dimentica degli inquadramenti inferiori che rimarrebbero al di sotto del salario minimo che la Cgil stessa rivendica.

In cambio c’è l’introduzione della quattordicesima, o meglio di una tredicesima e mezza: dal 2025 i lavoratori percepiranno il 50% della quattordicesima, per l’intero importo si rinvia al prossimo rinnovo contrattuale, quindi ad un futuro lontano senza alcuna garanzia.

È evidente che sono spicci insufficienti a rispondere all’aumento dei prezzi, degli affitti e delle bollette, ma nonostante ciò i nostri datori di lavoro, che “soggiacciono (loro!) all’impatto della crisi del Paese”, possono definire a livello regionale e provinciale il graduale allineamento al nuovo trattamento economico (Art. 77 Accordi di gradualità).

Si sancisce che i lavoratori debbano accettare una condizione di povertà e comprendere le difficoltà degli enti locali e delle cooperative. Non solo si rinuncia a lottare per l’internalizzazione (ovvero la gestione diretta degli enti locali) dei servizi ad oggi dati in gestione alle cooperative, ma non si è fatto un minimo sforzo per avvicinare gli stipendi dei lavoratori delle cooperative a quelli dei dipendenti pubblici secondo il principio “a parità di mansione pari salario”.

Tra le questioni più odiate dai lavoratori ci sono le cosiddette “notti passive”, ovvero “reperibilità con vincolo di permanenza nella struttura”. In questo rinnovo il concetto di notti passive è confermato e la soluzione concordata è un’indennità fissa di 77,47€ che permette alle aziende di continuare a risparmiare su turni di lavoro notturni non riconosciuti come tali.

Per quanto riguarda l’inquadramento D2 per i lavoratori con titolo qualificante, tema su cui in questi anni si è dibattuto molto, l’accordo prevede un “elemento temporaneo” di 41€ dal 2025, mentre il riconoscimento del D2 è previsto dal 2026. Ancora una volta le risposte sono deboli e procrastinate.

La maternità viene integrata al 100% per il periodo obbligatorio ma rimane all’80% per i mesi ulteriori che spesso sono necessari dal momento che le mansioni svolte richiedono la maternità anticipata per lavoro a rischio.

Esiste inoltre un problema capillare e ben conosciuto: la stabilizzazione di contratti a tempo indeterminato con basi orarie basse (10-20 ore). Il massiccio impiego di part time involontari garantisce la massima flessibilità ai bisogni delle aziende ma espone tutti i lavoratori ad una incertezza salariale costante, che pesa doppiamente sulle donne e sul rischio di condurre una gravidanza con una maternità calcolata su contratti poveri.

Una cifra vede un aumento decisivo: la quota a carico dell’azienda per la sanità integrativa da 5 a 10€. Può sembrare comodo avere la possibilità di accedere a servizi nel privato di fronte alla difficoltà di accesso al pubblico per le liste d’attesa e le agende bloccate, tuttavia porta ad incentivare il ricorso alla sanità privata togliendo ulteriori risorse al pubblico. Una scappatoia temporanea, valida soltanto finché sussiste il rapporto di lavoro e che vincola a rivolgersi ai centri convenzionati con le assicurazioni, negando di fatto l’accesso libero e universale alla salute per tutti. Il sindacato dovrebbe essere l’alfiere della difesa della sanità pubblica e non accettare il dato della sua crisi vendendo ai lavoratori l’alternativa privata come se fosse una conquista.

Al di fuori di questa ipotesi di accordo restano questioni fondamentali come i buoni pasto di soli 4,20€, rimborsi chilometrici fermi a quote irrisorie e la banca ore, strumento di pressione sui lavoratori usato in modo nevrotico dalle cooperative: talvolta per estendere l’operatività di un dipendente, talvolta (a fine anno) per comprimere i ritmi di lavoro e spingere allo smaltimento obbligatorio. La banca ore non dovrebbe esistere, il tema dell’organizzazione del lavoro va gestito con il riconoscimento dello straordinario, che in quanto tale non può essere la norma, ma una eccezione retribuita come tale.

Questo rinnovo contrattuale va rifiutato, alla consultazione sul CCNL chiediamo di votare “NO”! C’è bisogno di una totale inversione di rotta rispetto a quanto è stato fatto in questi anni: i lavoratori vanno coinvolti in un percorso di mobilitazione e di discussione su una piattaforma avanzata. Non si possono accettare aumenti salariali inferiori a 300€ in un settore che vede già dei salari bassissimi. Rifiutiamo i ricatti della banca ore e del “part time involontario”.

Solo così si potrà vedere un nuovo coinvolgimento dei lavoratori e un sostegno ad una vertenza più che necessaria.

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