CGIL: palude referendaria o lotta per i diritti?

CGIL: palude referendaria o lotta per i diritti?

Come già accaduto nel 2023, il governo Meloni ha scelto il Primo maggio per varare un provvedimento a favore delle imprese. La giornata dei lavoratori diventa la festa dei padroni grazie ai 5 miliardi distribuiti con il “decreto coesione”: abbattimento del 100% dei contributi previdenziali per due anni per le assunzioni di under 35 (anche oltre nel meridione), un superbonus del 120% di Irpef e Ires per chi assumerà in incremento rispetto all’anno precedente, 130% in caso di assunzioni di “categorie svantaggiate”.

Già nell’ultima Legge di Bilancio era stato introdotto un regalone per le aziende che assumono donne vittime di violenza di genere: l’esonero totale dei contributi da versare. La sofferenza delle donne viene monetizzata dai padroni… più chiaro di così! Altro che il “paese il cui costo del lavoro è troppo alto”, questo per le aziende è il paese dei balocchi!

Nel frattempo continua la strage di lavoratori. Lo scorso 6 maggio è toccato a 5 operai a Casteldaccia, nel palermitano. Sono morti per le esalazioni, l’azienda non aveva fornito loro dei semplici dispositivi di protezione individuali come le mascherine; 4 di loro erano di una ditta in appalto e uno aveva un contratto interinale.

1041 sono stati i lavoratori ammazzati mentre lavoravano nel 2023, 191 solo nel primi 3 mesi di quest’anno.

Di fronte a questo scempio come risponde Landini?

Il 25 aprile la Cgil ha lanciato una campagna di raccolta firme su 4 quesiti referendari. Due quesiti prevedono un intervento sull’art. 18. Un altro quesito chiede l’abrogazione di una delle tante norme che hanno esteso il lavoro precario, l’ultimo propone l’abolizione di norme che impediscono la responsabilità in capo all’impresa appaltante. Una strategia che definire debole sarebbe un complimento. 

Mentre il governo e il padronato ci attaccano ogni giorno, ai lavoratori si propone di mettersi in fila, firmare e aspettare pazientemente che nella primavera del 2025 si voti. Sempre che i quesiti vengano accettati, che il governo non li aggiri con qualche modifica di facciata, o che semplicemente non decida di mettersi sotto i piedi il risultato… La storia dei referendum passati, dall’acqua pubblica a quelli sul Jobs Act, evidentemente non ha insegnato niente.

Quanto al contenuto, le norme che questi referendum si impegnano a cancellare sono certamente vergognose, ma parliamo di una goccia nell’oceano.

Per quanto riguarda gli appalti non basta certo chiedere di estendere l’attuale codice in vigore per gli enti pubblici. I morti di Casteldaccia lavoravano in appalto per un servizio pubblico! È necessario lottare per abolire il sistema degli appalti e della precarietà, per internalizzare tutto ciò che negli anni è stato appaltato, nel pubblico e nel privato. I lavoratori ed i loro rappresentanti, eletti e revocabili, devono avere il potere di controllare produzione, ritmi e procedure in modo che la sicurezza sia al primo posto e non si perda nemmeno una vita per il profitto. Tutte le leggi precarizzanti vanno cancellate. E questo non si otterrà certo con le firme.

Mentre continuano a firmare senza colpo ferire rinnovi contrattuali a perdere, i vertici della CGIL ci propongono questa vera e propria pantomima referendaria. Sonodirigenti completamente distaccati dalla realtà che vivono i lavoratori ogni giorno, incapaci di svolgere il semplice basilare compito di un sindacato: lottare per difendere il salario e i diritti dei lavoratori.

Solo una ripresa decisa del conflitto dal basso, dai luoghi di lavoro, può mettere fine a questa continua ritirata, e sempre più lavoratori se ne stanno rendendo conto.