Corea del Sud – I lavoratori Samsung in sciopero ad oltranza
di Giovanna Giacobone
Continua ad oltranza in Corea del Sud lo sciopero iniziato il 10 luglio dai lavoratori della Samsung, dopo non aver trovato un accordo a seguito di un iniziale sciopero di tre giorni indetto dal sindacato NSEU (Sindacato nazionale Samsung elettronica).
In Occidente Samsung è conosciuta per essere tra i principali produttori di telefonia ed informatica. Tuttavia nella società coreana ricopre un ruolo da protagonista che va ben oltre la sola sfera economica, essendo il principale conglomerato a conduzione familiare (Chaebol): la sua influenza ricade sulle decisioni politiche del paese, sui media, sulla cultura nazionale e ricava profitti anche dal campo delle assicurazioni ed edilizia, rappresentando un quinto del PIL nazionale.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la pubblicazione del bilancio aziendale. I lavoratori, già soggetti a politiche di repressione dall’azienda e a condizioni di lavoro precarie (tra cui violazioni sul salario minimo e sui lavoratori in prova, incessanti straordinari e licenziamenti senza giusta causa), hanno avuto l’ennesima prova di cosa sono capaci i padroni pur di continuare ad aumentare i propri profitti sul sangue e i sacrifici dei lavoratori.
Un dirigente guadagna in media 300 volte più di un operaio. Ad esempio, nel 2021, l’Amministratore delegato ha ricevuto un compenso di 19 milioni di dollari a fronte di uno stipendio medio pari a 63mila dollari.
Sull’onda della ripresa dei prezzi dei microchip di memoria, dovuta al boom dell’intelligenza artificiale, l’azienda prevede nel secondo trimestre un aumento di 15 volte degli utili attuali. Ma nulla di tutto ciò entrerà nel portafoglio degli operai, che lo scorso anno non hanno ricevuto alcun incentivo dall’azienda, nonostante questo rappresenti una buona fetta del proprio guadagno. Ovviamente alla classe dirigente non si è riconosciuto lo stesso trattamento.
Politica antisindacale e corruzione
La Samsung si è sempre distinta per una forte politica antisindacale, caratterizzata da tattiche feroci di intimidazioni nei confronti dei propri dipendenti. Il fondatore Lee Byung-Chul era fermamente contrario ai sindacati, affermando che non li avrebbe mai ammessi.
Il primo sindacato presso l’azienda è stato fondato nel 2010, ma solo quattro anni fa la Samsung ha formalmente posto fine alla sua politica antisindacale, mentre il presidente Lee Jae-Yong era travolto da altri scandali che lo hanno portato ad una condanna per corruzione politica. Di fatti, Lee era salito a capo del conglomerato corrompendo l’allora presidente Park Geun-Hye. Lo scandalo fu il motivo principale dell’impeachment del presidente nel 2017, dopo mesi di proteste di massa, soprannominate “la rivoluzione a lume di candela”.
Nel 2022 il governo conservatore ha graziato Lee nel tentativo di ravvivare l’economia, consentendogli di gestire la Samsung con maggiore libertà.
Nel 2018, le indagini governative sugli atti di corruzione hanno anche confermato le modalità con cui i padroni hanno portato avanti campagne antisindacali, tra cui il ricorrere ad “agenti” già dal 2012 per mettere sotto sorveglianza i sostenitori dei sindacati e gli attivisti esterni. Le indagini hanno portato all’incriminazione di 32 dirigenti per aver ostacolato la sindacalizzazione all’interno dell’azienda, i cui atti di repressione, assieme alle dure condizioni di lavoro, hanno causato la morte di almeno due dipendenti sul posto di lavoro e di un suicidio in segno di protesta.
Da quando si è insediato nell’azienda il NSEU è cresciuto fino a comprendere un quarto della forza lavoro totale con i suoi 30mila iscritti, arrivando ad essere il maggire dei 5 sindacati presenti in Samsung.
Le rivendicazioni e le accuse sulla sicurezza
Sono almeno 6.500 i lavoratori che hanno deciso di assentarsi dalle proprie postazioni e colpire i profitti della classe dirigente; di questi, ben 5mila sono lavorano nella divisione dei semiconduttori. Lo sciopero è stato caratterizzato da imponenti manifestazioni, di cui una con 2mila lavoratori.
Tra le rivendicazioni vi è un aumento dei salari, dei giorni di ferie e un bonus aggiuntivo legato ai profitti tale da far fronte all’aumento del costo della vita. Inoltre lottano per la riduzione dell’orario lavorativo e una maggiore flessibilità. Infatti la Corea del Sud è uno dei paesi OCSE con il più alto numero di ore di lavoro, e i dipendenti della Samsung denunciano l’eccessivo carico di lavoro e stress a cui sono sottoposti a causa dei frequenti straordinari a cui sono costretti.
Infine i lavoratori lottano per maggiore sicurezza sul posto di lavoro. Nell’ultimo decennio, Samsung è stata sotto i riflettori per le condizioni lavorative a cui sottopone i propri lavoratori, in particolare la mancanza di sicurezza e di formazione.
Per molti anni la lotta tra gli ex dipendenti e i loro familiari contro l’azienda è rimasta ai margini, finché 10 anni fa non è salita finalmente alla ribalta in Corea, quando la mancanza di sicurezza sul posto di lavoro e le conseguenze sulla salute dei lavoratori sono diventati temi di discussione nazionale.
Dopo che anche la magistratura coreana ha richiesto maggiori spiegazioni all’azienda, quest’ultima si è trovata costretta a dover rispondere per queste accuse sulla televisione nazionale, creando grosso scompiglio nelle coscienze di tanti: l’azienda ha deciso di riconoscere un risarcimento per parte delle vittime senza mai assumersene la responsabilità ufficialmente.
Le prime accuse sono state mosse all’inizio degli anni 2000 a seguito della morte di giovani operai per leucemia a distanza di poco tempo, seguiti da decessi causati da tumori al cervello, l’assenza di mestruazioni in giovani lavoratrici neodiplomate. Molti ex dipendenti hanno sottolineato come la priorità dell’azienda fosse formare i propri lavoratori su “come essere un lavoratore efficiente” e non sulle politiche di sicurezza nel maneggiare determinate sostanze chimiche, ponendo maggiore enfasi “sul prodotto, non sulle persone”, perché l’importante era mantenere pulita la postazione come richiesto per la produzione di semiconduttori. Altre testimonianze hanno evidenziato come, alla fine degli anni ’90 e inizio anni 2000, i lavoratori fossero costretti a tornare alle proprie postazioni nello stabilimento di Giheung prima che fossero eliminati completamente tutti i gas che si concentravano nell’aria a causa di interruzioni di corrente che non permettevano i sistemi di filtraggio nell’aria: fermare la linea di produzione per lungo periodo è molto costoso per l’azienda, quindi che sarà mai per i lavoratori lavorare respirando aria contaminata da sostanze chimiche!
L’impianto di Giheung, a 30 chilometri da Seoul, è quello dove per quasi un decennio più di 200 lavoratori addetti alla produzione di semiconduttori e cristalli liquidi (quando la Samsung sfornava chip di memoria, per l’aumento a livello mondiale dei personal computer e di Internet) hanno denunciato conseguenze sulla propria salute.
Tra gli appelli allo sciopero, compaiono le foto delle articolazioni delle operaie con deformità causate dalle linea di produzione, tra cui artrite degenerativa, dita deformi e sindrome del tunnel carpale e la notizia che alcuni sono stati esposti a radiazioni nucleari a Giheung.
Quali prospettive
Le trattative con la Samsung sono in corso da inizio anno e non hanno portato ad alcun risultato. La classe dirigente non vuole concedere non un won in più.
Per quanto i dirigenti della Samsung dicano di non essere stati per nulla scalfiti da questo sciopero, il sindacato NSEU ha riportato dei cali della produzione tra il 18 e l’80% e si sono registrati ritardi nelle consegne dei prodotti.
Tuttavia, la vera paura della classe dominante è che lo sciopero possa estendersi anche ad altre aziende e ad altri settori, come Kia, LG e Hyunday, tutte caratterizzate da politiche molto simili a quelle presenti in Samsung.
Lo sciopero ad oltranza della Samsung è un passo importante affinché la classe lavoratrice coreana realizzi la forza che rappresenta e la possibilità di poter cambiare la società. Tuttavia solo il 20% del sindacato è in sciopero, parte del problema è stata la mancanza di iniziativa da parte dei dirigenti sindacali per coinvolgere il grosso dei lavoratori. è necessario che la lotta di estenda agli altri lavoratori della Samsung e anche alle altre imprese e settori dell’economia sud-coreana.
La classe dominante coreana, supportata dal governo conservatore, ha sempre attuato politiche apertamente antiproletarie. Lo sviluppo dei Chaebol è avvenuto grazie all’appoggio dei governi che da decenni hanno messo in campo politiche di aiuti finanziari come agevolazioni fiscali, finanziamenti a basso costo e forme di protezione quali barriere all’ingresso per competitors internazionali, fino a quando queste aziende non erano pronte a concorrere con i prodotti stranieri.
Tuttavia gli anni del “miracolo economico” sono ben lontani. Anche la Corea del Sud sta attraversando una crisi che colpisce pesantemente la classe lavoratrice del paese. Quello che rimane intoccato è il profitto dei Chaebol basato sullo sfruttamento dei lavoratori e sulla speculazione.
Il malcontento dei lavoratori cresce sempre di più e si è espresso in varie forme. A febbraio hanno scioperato i medici tirocinanti per le disparità salariali, nel 2023 hanno scioperato 400mila lavoratori contro il governo.
Il NSEU rappresenta uno strato enormemente potente della classe operaia sud-coreana con il potenziale di paralizzare il settore più importante dell’economia. Se si si dota della giusta strategia di lotta è quindi nella posizione ideale per porsi alla guida dell’intera classe lavoratrice contro i capitalisti e il governo coreani.