Giù le mani dalle pensioni!

Giù le mani dalle pensioni!

Immancabilmente, come ogni settembre, cominciano a circolare le indiscrezioni in merito alle intenzioni del governo di turno per far quadrare i conti della legge di bilancio in preparazione. Altrettanto immancabilmente, la discussione nel governo verte sull’entità dei tagli e degli attacchi o a quale settore rivolgere gli attacchi da indirizzare ai lavoratori e alla fascia più povera del paese.

Nel mirino ci sarebbero di nuovo le pensioni, e non è la prima volta per il governo Meloni, che negli scorsi anni aveva già messo mano alle aliquote di rendimento per i lavoratori pubblici e tagliato la perequazione.

Secondo quanto emerso sulla stampa, per il 2025 si prospettano nuovi tagli, a partire dall’allungamento delle finestre per le pensioni di anzianità di 4 mesi, che si tradurrebbe in un nuovo aumento dell’età pensionabile a 42 anni e 5 mesi per le donne e 43 anni e 5 mesi per gli uomini. Alla faccia degli slogan elettorali della Lega…

Inoltre l’ipotesi di introdurre un ricalcolo contributivo con 41 anni di contributi porterà a tagli dell’assegno superiori al 20%, in particolare per i lavoratori precoci.

Laddove sarebbe necessario sostituire la perequazione limitata e parziale con un vero meccanismo di Scala Mobile sulle pensioni, dopo anni di riduzione del potere di acquisto a fronte di un’inflazione a due cifre degli anni scorsi, il governo propone invece di tagliare la rivalutazione degli assegni pensionistici.

La ciliegina sulla torta è la proposta di rendere obbligatoria la destinazione nei fondi pensione del 25% del TFR dei futuri neo assunti. Nonostante le migliaia di campagne informative e la propaganda martellante su quanto sia bella la previdenza complementare, infatti, solo il 36% dei dipendenti ha deciso di destinare il proprio TFR in un fondo in questi anni. Il governo risponde a questo obiettivo semplicemente rendendo obbligatoria la previdenza integrativa privata (sì, privata anche quando si tratta di fondi negoziali!).

La segreteria nazionale della CGIL da un lato denuncia quest’operazione, ma con quale credibilità dopo che per anni ha accettato e proposto la costituzione di fondi integrativi non solo pensionistici, ma anche sanitari, in quasi tutti i contratti nazionali di lavoro?

Peggio ancora, propone in alternativa una campagna di “rilancio della previdenza complementare rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani, attraverso la promozione di un semestre di silenzio/assenso e una campagna informativa istituzionale specifica, come era stato fatto nel 2007”. Tra il governo che vuole estorcere il TFR con l’obbligo, e i dirigenti sindacali che propongono di farlo con un gioco di prestigio (il “silenzio/assenso”) c’è davvero poco da scegliere.

Come di rito, la CGIL chiede a gran voce un incontro al governo per discuterne. Ma il tempo delle parole è davvero finito. Nella passività dei vertici, tocca quindi ai lavoratori e a delegati farsi sentire, suonare l’allarme nei luoghi di lavoro e mandare un chiaro segnale al governo Meloni: chi tocca le pensioni si brucia le dita!