Se 4 morti al giorno vi sembran pochi!
Il 2020 è stato un anno impegnativo e difficile sotto molti punti di vista; sanitario, lavorativo, sociale, scolastico. Il bilancio fatto da INAIL su infortuni e morti relativamente allo scorso anno, non fa eccezione.1
Il calo delle denunce è pari al 13,6%, ma i casi mortali sono 1.270, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). A fronte di una riduzione dei decessi in itinere del 30,1%, quelli avvenuti in occasione di lavoro sono infatti aumentati di oltre un terzo (+34,9%), da 783 a 1.056.
Quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti al contagio da Covid-19 che Inail inquadra nella categoria degli infortuni sul lavoro, equiparandoli ad altre affezioni morbose (Aids, malaria, tubercolosi, tetano, epatiti virali, ecc.).
Tra i settori economici della gestione Industria e servizi, quello della Sanità e assistenza sociale si distingue per il forte incremento delle denunce di infortunio in occasione di lavoro, che in quasi i tre quarti dei casi hanno riguardato il contagio da Coronavirus. L’aumento è del +206% su base annua (dai circa 27.500 casi del 2019 agli oltre 84mila del 2020), con punte superiori al +750% a novembre e tra il +400% e il +500% a marzo, aprile, ottobre e dicembre, nel confronto con i mesi dell’anno precedente. Solo a gennaio e nel periodo estivo sono stati rilevati decrementi compresi in un intervallo tra il -5% e il -17%.
Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel 2020 sono state 45.023, 16.287 in meno rispetto al 2019 (-26,6%).
I dati statistici sono freddi, noiosi, ma interessanti. Chi avrà voglia potrà approfondire le singole voci andando direttamente sul sito dell’INAIL, ma immediatamente un “paio” di cose balzano agli occhi.
Il lockdown primaverile e di fine anno, grazie ad un minor numero di lavoratori presenti nei luoghi di lavoro, almeno tra marzo ed aprile grazie alla chiusura di alcune aziende, oltre alla ristorazione, sport/tempo libero, turismo ed affini, ha ridotto drasticamente gli infortuni in itinere e la denuncia di malattie professionali. Malattie professionali che , probabilmente, avranno un nuovo picco nei prossimi anni per tutti quei lavoratori, impiegati, che fanno lavoro da casa ( impropriamente chiamato smart working ), che per lunghi mesi e forse ancora oggi lavorano con postazioni casalinghe e quindi non propriamente ergonomiche. Quasi certamente avremo una impennata di malattie legate allo stress, in particolar modo per le donne, molte delle quali si sono dovute sorbire le cure familiari, la didattica a distanza dei figli oltre al proprio lavoro.
L’altro aspetto che emerge in modo palese è che durante il calo di presenze di lavoratori in azienda, si è registrato un calo dei morti, ma appena il lavoro è ricominciato, le morti sul lavoro sono ripartite come se non fosse accaduto nulla.
Questi dati fanno ancora più specie dopo le dichiarazioni di questi giorni da parte di Confindustria, o di aziende come “Sterilgarda”, di Castiglione delle Stiviere, che chiedono che venga applicato il green pass all’interno dei luoghi di lavoro per tutelare i lavoratori a partire da quelli fragili e da quelli vaccinati. Richiesta che fa sorridere amaramente, perché quando c’era da proteggere i lavoratori dalla pandemia, meglio, ad inizio pandemia non erano così solerti a procurare i DPI od a chiudere, momentaneamente, le attività per fare un vero lockdown per fermare il prima possibile il contagio da virus.
Il calo delle denunce, come si diceva all’inizio è inferiore rispetto al 2019, soprattutto perché in molti hanno lavorato da casa, ma probabilmente sarebbero stati molti di più se ci fosse stata una vera possibilità di denunciare come infortuni i molti contagi da covid avvenuti sul lavoro. La denuncia di infortunio da covid era ed è possibile, ma al di fuori delle strutture sanitarie era ed è difficile denunciare, perché a volte complicato da dimostrare ed anche per le pressioni che le aziende esercitano sui lavoratori perché si mettano in malattia.
Nel contempo, in particolar modo nell’ambito del lavoro pubblico e soprattutto sanitario, i morti per covid sono stati una bella fetta e tutti sono catalogati come morti per il lavoro.
L’unico momento in cui i padroni hanno dovuto segnare il passo è stato durante le giornate di marzo 2020, a seguito delle lotte dei lavoratori delle grandi aziende che chiedevano di lavorare in sicurezza.
Il governo, Confindustria, i media, sono tutti impegnati a vedere la ripartenza dell’economia aiutata dalla vaccinazione di massa e delle prospettive per i prossimi due anni che vedrebbe l’economia italiana ad un + 4,5%. Ciò che non dicono è che vorranno ottenere questi risultati a tutti i costi, costi quel che costi.
Il 2020 ha visto 1270 morti per il lavoro, quasi 4 al giorno. Un fardello che ci portiamo al seguito da anni, destinato ad andare sempre peggio.
Nel primo quadrimestre del 2021 erano 306, il 9,3% in più del primo quadrimestre del 2020. Il 28 luglio sono 818! (https://cadutisullavoro.blogspot.com/) L’impennata dei morti è legata al fatto che i padroni vogliono, in spregio ad ogni più elementare norma di sicurezza, recuperare nel più breve tempo possibile la produzione persa a causa della pandemia.
L’ipocrisia del governo continua ad essere nauseante, ad ogni morte si grida allo scandalo, alla necessità di formazione e controlli e poi l’Inail sempre nel suo rapporto ci informa che l’86% delle aziende controllate erano irregolari.
Certo che servono più controlli (e quindi più ispettori del lavoro), ovvio che bisogna inasprire le sanzioni verso quegli imprenditori inadempienti e avere leggi più severe. Anche processi veri e giusti, per non assistere, solo per citane uno, a come si è concluso quello per la strage alla Thyssenkrupp. Ma chi può fare tutto ciò?
Solo la lotta di classe può portare a dei miglioramenti. Siamo stanchi degli scioperi simbolici di una o due ore convocati quando c’è il morto, stanchi di leggere comunicati di commiato. Il compito del sindacato no deve essere quello solo di informare i lavoratori sui propri diritti, ma avere una piattaforma di contrasto al precariato, all’appalto, ai bassi salari, al ricatto, che è il motivo per cui i lavoratori troppo spesso sono costretti ad accettare di lavorare in condizioni inaccettabili.