Stellantis – dopo Pomigliano sciopera anche Melfi
Continua la ripresa delle lotte nel gruppo Stellantis. Dopo gli scioperi di Pomigliano è ora la volta di Melfi, dove una serie di cambiamenti hanno minato la serenità dei lavoratori. L’eliminazione completa di una linea di produzione e le trasferte quasi obbligate in particolare a Pomigliano (ad oggi sono circa 1.000 i lavoratori lucani allocati presso lo stabilimento campano) hanno generato un malcontento crescente. La risposta dei lavoratori è stata la massiccia adesione agli scioperi di varia natura: dalla micro-conflittualità, aumentata quasi in tutti gli stabilimenti, sostenuta dalla sola FIOM, alle “procedure di raffreddamento” aperte ovunque dai firmatari del CCSL, a vere e proprie esplosioni con cortei interni prima a Pomigliano e oggi a Melfi, culminati con lo sciopero territoriale di Potenza il 18 settembre, convocato da tutti i sindacati.
Il governo ha aperto quindi a un confronto con i sindacati, mentre continua separatamente la trattativa con l’azienda. Stellantis è preoccupata dal ritardo tecnologico e di approvvigionamento di materie prime nella costruzione di veicoli elettrici, terreni sui cui i produttori cinesi sono in forte vantaggio. L’azienda punta a impedire dunque che i cinesi conquistino fette di mercato, ricorrendo agli strumenti di sempre: soldi pubblici e tartassando i lavoratori. Di intaccare i loro profitti non se ne parla.
Al contempo, tutti i sindacati tentano affannosamente di garantire l’occupazione negli stabilimenti italiani, sempre più in competizione con altre decine di stabilimenti europei del Gruppo Stellantis. L’annuncio della nuova apertura di uno stabilimento nordafricano accresce le incertezze. In tutti gli stabilimenti è partita la corsa alla maggiore flessibilità possibile, pur di mostrarsi attraenti verso la casa produttrice. Il tutto sta avvenendo con peggioramenti sempre più evidenti delle condizioni di lavoro, aumenti di turnistica, di ritmi e cadenze, spesso trascurando le più elementari norme di sicurezza.
Il nuovo scenario internazionale diventa un gioco al massacro per i lavoratori. Appare evidente quanto un sindacato nazionale sia debole nei confronti di multinazionali che giocano partite su più tavoli con i vari governi, quasi sempre subalterni alle scelte di questi giganti. Tanto più è importante quindi quanto si muove negli stabilimenti statunitensi, e il fatto che un numero crescente di lavoratori italiani si ribellino ai continui ricatti “francesi” sui futuri produttivi.
L’attuale governo italiano, nonostante la retorica nazionalista, è succube del grande capitale internazionale e dimostra la sua totale inadeguatezza nel tutelare il lavoro in Italia. Pertanto andrebbe ora più che mai alzato il tiro delle mobilitazioni sia a livello nazionale che internazionale, agganciandosi agli scioperi nordamericani per evitare che la transizione ecologica sia solo un pretesto per una nuova macelleria sociale.
Del vecchio sogno di Marchionne, fatto di tanti profitti e pochi investimenti, non resta nulla se non il ritardo tecnologico. La sua finta pace sociale sarà spazzata via dalle contraddizioni e dal ritorno della lotta di classe, di cui gli scioperi di Pomigliano e Melfi sono un segnale inziale ma ben chiaro!