Contratti commercio: serve molto di più!
Contro gli accordi al ribasso, contro l’arroganza di Federdistribuzione
Unire i lavoratori in una sola lotta!
Dopo lunghe trattative, il 22 marzo 2024 “le campane sindacali hanno suonato a festa” per il rinnovo contrattuale del Terziario Distribuzione e Servizi (TDS). Una settimana dopo è stato siglato un contratto quasi fotocopia con la Distribuzione Cooperativa. In mezzo ai due accordi c’è stata la rottura con Federdistribuzione e quindi il mancato rinnovo del contratto nazionale della Distribuzione Moderna Organizzata (DMO).
È stato corretto suonare le campane a festa ? È un buon contratto per i lavoratori del TDS ?
Ci sono molte cose che non vanno. Innanzitutto riguardo la parte salariale. L’accordo prevede un amento salariale, a regime, di 240 euro al IV° livello (operaio). A regime vuol dire che l’ultima tranche di aumento sarà a febbraio 2027 ed il contratto scadrà a marzo 2027. Per una corretta valutazione dell’accordo economico si consideri che la prima tranche di aumento è stata elargita lo scorso anno ad aprile, 30 euro, la seconda verrà erogata ad aprile di quest’anno, 70 euro, e la rimanenza a piccoli importi da marzo 2025 a febbraio 2027.
Il contratto era scaduto nel 2019. Il triennio 2020-22 è andato a vuoto. L’accordo ponte del dicembre 2022 prevedeva una “una tantum” di 350 euro elargita in due tranche tra gennaio e marzo del 2023. Quindi il rinnovo contrattuale appena siglato di 240 euro va a coprire un periodo di precisamente 7 anni e 3 mesi! Nel rinnovo sono previsti altri 350 euro di “una tantum” in due tranche (luglio ‘24 e luglio ‘25). Possiamo affermarlo senza pericolo di smentita: è una miseria in senso assoluto e lo diventa ancora di più se consideriamo le fatiche ed i pericoli che noi lavoratori del settore abbiamo affrontato nel periodo covid. Ancor di più se ragioniamo sul fatto che per due anni l’inflazione è stata a due cifre ed ancora oggi , seppur non a due cifre rimane alta. Il potere d’acquisto dei nostri stipendi è stato eroso. La spesa la paghiamo come tutti quanti. I mutui li paghiamo come tutti quanti. A tal proposito, a causa della inflazione e dell’aumento del costo del denaro decretato dalla Banca centrale europea, chiunque avesse un mutuo in corso ne ha pagato le conseguenze con un rialzo vertiginoso delle rate!
Sulla parte normativa i sindacati esprimono la loro soddisfazione perché le pretese messe sul piatto da parte padronale nel corso delle trattative sono state ritirate. Si trattava di messa in discussione della 14esima mensilità, delle ore di permesso individuale e degli scatti di anzianità. Apparentemente sembra una conquista.
A conti fatti, le richieste padronali, oggettivamente impattanti, appaiono più come un espediente per alzare la posta in gioco, in modo tale da ridimensionarle in cambio di una moderazione salariale da parte sindacale, cosa che poi è avvenuta. Rimane aperta la riclassificazione del personale per la quale è stata creata una commissione ad hoc. Su questo è difficile esprimersi finché non verrà presentata una bozza. In teoria dovrebbe essere “semplicemente” un adeguamento all’esistente, eliminando mansioni oramai desuete ed introducendo nuove figure create nel corso degli anni. In teoria…
Cooperative e Federdistribuzione
Questo accordo ha fatto da apripista per la firma del rinnovo contrattuale con la distribuzione cooperativa che ripercorre nelle linee guida quello firmato con Confcommercio.
Non si può dire la stessa cosa nei rapporti con Federdistribuzione, per il rinnovo del contratto della DMO. Federdistribuzione rappresenta soprattutto i colossi del settore, che se non impiegano la maggioranza dei dipendenti tuttavia per concentrazione, giro d’affari e capitali sono il nucleo forte della grande distribuzione.
In questo caso il tavolo è saltato. Dopo una giornata ed una nottata di trattative, FILCAMS, FISASCAT e UILTUCS hanno dovuto fare un passo indietro per le rigidità dei padroni. A fronte di un riconoscimento di un aumento salariale presumibilmente pari agli altri contratti, Federdistribuzione ha puntato i piedi su alcuni suoi cavalli di battaglia: inquadrare i lavoratori dell’e-commerce al V° livello anziché al IV°, i direttori di negozio da quadri al 2° od addirittura 3° livello. Gli attuali IV° livello, operai rifornitori, oltre alle proprie mansioni dovrebbero essere adibiti alle pulizie del negozio e dei bagni, eliminando così i costi delle imprese di pulizia. Infine, la richiesta di deroga delle causali dei tempi determinati.
Davanti a cotanta arroganza padronale, i sindacati hanno indetto lo sciopero per sabato 30 marzo (vigilia di Pasqua). La sola proclamazione dello sciopero ha ottenuto subito un effetto. Federdistribuzione ha annunciato che, nonostante la rottura del tavolo negoziale, riconoscerà la tranche di 70 euro di aumento prevista dall’accordo con Confcommercio. Nonostante la modalità obiettivamente arrogante verso i sindacati e i lavoratori, la presa di posizione di Federdistribuzione denota la paura padronale per la riuscita dello sciopero, e il tentativo di disinnescarlo con l’annuncio dell’aumento. Nonostante questa mossa, nonostante il poco tempo (3 giorni) per organizzare lo sciopero, nonostante la debolezza della posizione sindacale, lo sciopero ha visto presidi partecipati nei quali la era evidente la disponibilità dei lavoratori a condurre una mobilitazione più ampia e a conquistare un contratto dignitoso.
Giovedì 4 aprile, Lidl Italia ha annunciato che uscirà immediatamente da Federdistribuzione ritornando in Confcommercio e quindi riconoscendo il rinnovo contrattuale siglato il 22 marzo. Una mossa apparentemente conciliante, ma davvero a basso costo per Lidl, che con poca spesa si mette al riparo dai prossimi scioperi o da un ipotetico rinnovo più oneroso.
Sempre il 4 aprile, i sindacati hanno proclamato 8 ore di sciopero per le aziende aderenti a Federdistribuzione con modalità da definire a livello locale.
Come Giornate di Marzo, area di alternativa in CGIL (GdM) pensiamo che in tutto questo percorso ci siano state molte cose che non sono andate bene e che proveremo a sintetizzare.
Un percorso sbagliato
Il primo errore è stato pensare che durante il covid non si potesse ragionare di rinnovo contrattuale. Il secondo che dopo il covid si dovesse avere pazienza perché il mercato si doveva assestare, nonostante in quel periodo la maggior parte della distribuzione alimentare avesse fatto affari d’oro e la non alimentare, in particolar modo i medio grandi, fossero stati generosamente finanziati, con i soldi pubblici. È stato un errore aver accettato l’accordo ponte del dicembre 2022 pensando che in pochi mesi si sarebbe arrivati ad un accordo. È stato un errore, arrivati all’estate 2023, resisi conto della non volontà padronale di firmare i contratti, di non aver mobilitato immediatamente il settore ed aver aspettato fino a dicembre per proclamare lo sciopero. È stato un errore non continuare le mobilitazioni durante le feste natalizie e subito dopo le feste. È stato un errore decidere di firmare con Confcommercio, senza avere la sicurezza di firmare tutti e tre i contratti.
Anziché lavorare per dividere i padroni, con questa strategia si sono divisi i lavoratori!
È stato un errore, il più grave, in tutti questi anni non essersi confrontati con i lavoratori chiedendo il mandato a presentarsi ai tavoli con un piattaforma semplice, snella e chiara, a partire dalla parte economica.
Abbiamo sostenuto che tre punti imprescindibili fossero e sono:
– aumento salariale non inferiore a 450 euro nel triennio e relativi arretrati;
– indicizzazione del salario su base mensile;
– nessun peggioramento normativo.
A fronte delle ricadute inflattive e relativa perdita di potere d’acquisto, non si può chiudere un accordo contrattuale con 240 euro e con due briciole di “una tantum” per “coprire “la vacanza contrattuale. A questo va affiancata la campagna per l’indicizzazione del salario su base mensile per far sì che non si perda ulteriore potere d’acquisto.
Le guerre intorno a noi, oltre ad essere drammaticamente violente e foriere di morte, hanno ripercussioni anche a livello economico che paghiamo sempre noi. I nostri salari non possono ancora restare al palo ed in balia delle scelte di imprenditori cinici, governi guerrafondai ed antioperai.
Sulla questione normativa ci limitiamo a dire nessun peggioramento perché in questa fase storica è assolutamente imprescindibile risollevare il potere d’acquisto dei salari. Premesso ciò, un ragionamento importante sulla qualità del lavoro, sulla sicurezza, sulla precarietà e flessibilità va fatto , perché negli ultimi trent’anni si sono fatti passi indietro da gigante.
Nei nostri settori abbiamo tante criticità che vanno affrontate. La precarietà e la flessibilità. I contratti part time involontari di 24 o persino16 ore. La questione del lavoro domenicale e festivo. Gli appalti e l’e-commerce. La battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario deve entrare nel nostro dibattito.
Saremo in prima fila nelle mobilitazioni e nelle lotte per raggiungere l’accordo con Federdistribuzione, ma diciamo chiaro che si deve cambiare strada.
Questa posizione non ci esimerà dal criticare gli accordi. Nelle assemblee che verranno fatte sosterremo le nostre posizioni di contrarietà agli accordi fin qui firmati, per i motivi qui spiegati.
Chiediamo che vengano fatti i referendum per dare ai lavoratori la possibilità di esprimersi e avere il potere di decidere sulle proprie condizioni.
Noi faremo campagna per il NO!
Non ci basta. Vogliamo di più!