Report assemblea nazionale Area Giornate di Marzo, settore lavoratori scuola educazione ricerca, del 9 ottobre 2020

Report assemblea nazionale Area Giornate di Marzo, settore lavoratori scuola educazione ricerca, del 9 ottobre 2020

L’assemblea, svoltasi on line, ha visto una buona partecipazione raggiungendo, nel suo picco più alto, 54 persone collegate.

Dopo l’introduzione di Daniele Chiavelli, insegnante di Mantova, sono seguiti diversi interventi di attivisti sindacali e le conclusioni di Mario Iavazzi del direttivo nazionale CGIL

Non investire nell’istruzione e ignorare le più basilari esigenze provenienti da personale, studenti e famiglie è stata la scelta politica messa in campo dal Governo. Nell’emergenza sanitaria, nessuna modifica al numero massimo di alunni per classe rispetto agli anni passati, nessun medico nelle scuole, nessun piano di stabilizzazione e aumento degli insegnanti, perenne mancanza di aule con relativi problemi di gestione degli spazi scaricati sui singoli territori. Il risultato è sotto gli occhi di chiunque viva quotidianamente la scuola: 20mila immissioni in ruolo a fronte di 40mila pensionamenti e oltre 200mila posti mantenuti precari di cui una consistente fetta tuttora “scoperti”, spazi adibiti ad aule ma per nulla funzionali all’attività didattica, doppi turni o lezioni e corsi universitari parte in presenza e parte on line, mezzi di trasporto pieni come sistematicamente avviene durante ogni anno scolastico. Il malcontento e la rabbia degli insegnanti mantenuti precari e del personale in generale, degli studenti e delle famiglie, emerge attraverso le più svariate forme di protesta praticamente in ogni città. A fronte di tutto questo, i dirigenti sindacali sono apparsi completamente inadeguati: ad oggi non sono ancora stati in grado di mettere in campo un serio percorso di mobilitazione. Il comitato Priorità alla scuola, rete costituita da associazioni, collettivi, coordinamenti e sindacati, non vede la FLC-CGIL come forza trainante, ma come timido fattore di supporto. Nessuna assemblea sindacale nei territori è stata programmata dopo quelle estremamente partecipate di metà maggio. Nessuna piattaforma rivendicativa è stata discussa con i lavoratori e lo sciopero convocato l’8 giugno, ultimo giorno di scuola per diverse regioni italiane, è stato qualcosa di isolato e privo di qualunque prospettiva di battaglia sindacale.

Compito immediato dell’FLC deve essere la messa a disposizione della propria struttura per permettere ai lavoratori di confrontarsi e definire un chiaro e articolato elenco di punti rivendicativi, perseguendoli poi con la necessaria determinazione. Devono essere fatte assemblee nei territori, la lotta per la stabilizzazione dei precari deve diventare il perno di una battaglia complessiva che preveda il raddoppio delle risorse, stipendi adeguati, nessuna classe pollaio e una piena sicurezza sanitaria in cui svolgere una efficace didattica in presenza. La parola d’ordine dello sciopero deve inserirsi in una mobilitazione che faccia dell’incisività il suo tratto distintivo, arrivando anche a prospettare un blocco di ogni attività didattica dal carattere permanente.

Daniele Argenio, dottorando dell’università La Sapienza di Roma, nel suo intervento si è focalizzato sull’impatto dell’emergenza sanitaria nel lavoro all’interno degli atenei. La pandemia si è inserita in un contesto caratterizzato dagli effetti disastrosi dell’autonomia universitaria come precarietà dilagante e competizione tra ricercatori. In un tale quadro si è sviluppato alla Sapienza un percorso di mobilitazione che vede i dottorandi protagonisti.

Vittorio Saldutti, ricercatore dell’ateneo Federico II di Napoli, ha sottolineato l’incapacità del gruppo dirigente della FLC nell’organizzare l’insieme dei lavoratori del settore e nell’unire le diverse istanze. Nelle università, la maggior parte delle figure che vi lavorano hanno contratti a termine, una situazione che inevitabilmente ostacola la ricerca e porta anche frustrazione, il sindacato deve farsi promotore ed organizzatore ponendosi su un piano combattivo ed estendendo le esperienze conflittuali come quella precedentemente descritta alla Sapienza.

L’intervento di Francesco Favalli, neoinsegnante di Crema con alle spalle anni passati a lavorare nelle scuole come operatore di cooperative sociali, ha denunciato le pessime condizioni degli educatori in ambito contrattuale e sanitario. Il sistema di appalti dei servizi educativi a cooperative ha mostrato, con la pandemia, tutto il proprio fallimento: fondamentale è rivendicare l’internalizzazione, parola d’ordine che il sindacato deve far propria.

Noemi Giardiello, del coordinamento studentesco Alziamo La Testa, ha portato nel dibattito il punto di vista degli studenti. Alla logica dell’autonomia scolastica e alla completa negligenza del governo nel garantire la sicurezza nelle scuole va risposto formando comitati di studenti e lavoratori: la loro unità e il loro protagonismo può costituire l’elemento di svolta per cambiare radicalmente il mondo dell’istruzione e la società.

Margherita Colella, collaboratrice scolastica di Parma, ha ripreso il tema dell’autonomia, elemento utilizzato dal governo per scaricare sui singoli istituti scolastici la gestione della pandemia. In un tale contesto, il personale ATA (ausiliari, tecnici, amministrativi) ha visto aumentare in maniera considerevole mansionari e carichi di lavoro. Sistematica è la carenza di organico e l’impossibilità di poter sostituire celermente il personale in malattia, ne seguono ritmi estremamente faticosi e pressanti in cui i presidi non lesinano il ricorso a provvedimenti disciplinari. 

Tomaso Perani, amministrativo dell’università Statale di Milano, ha illustrato come siano emerse, già nella fase del lockdown, tutte le conseguenze negative del lavoro da remoto, in primo luogo la dilatazione degli orari di lavoro. Sono indispensabili nuove assunzioni con stabilizzazione non solo nell’ambito della ricerca e dell’insegnamento, ma in ogni comparto del personale presente negli atenei.

Alberto Pian, insegnante di Torino e attivista dell’Area Riconquistiamo Tutto, ha sottolineato come il gruppo dirigente dell’FLC e della CGIL subordini la propria azione al colore politico del governo e come il recovery fund crei le condizioni per una cogestione governo – sindacati delle politiche di distruzione della scuola pubblica. Una svolta rispetto al fallimento delle recenti mobilitazioni può essere data da un ruolo centrale e trainante che l’FLC deve assumere, interrompendo l’azione di sostanziale accompagnamento dell’operato del governo.

Corrado Santamaria, insegnante di Caserta, ha descritto le condizioni in cui quotidianamente si svolge l’attività didattica, mettendo in evidenza l’ipocrisia della gestione ministeriale e governativa. E’ necessario superare la frammentazione all’interno della categoria, la possibilità di cambiare radicalmente le cose passa dall’unità di classe.

Nico Maman, educatore negli asili nido comunali di Bologna, ha portato nel dibattito le peculiarità della situazione che si sta vivendo negli asili. E’ indispensabile rigettare qualunque logica corporativa, promuovere comitati di gestione dal basso; la disponibilità a lottare dei lavoratori deve trovare un gruppo dirigente sindacale all’altezza con un chiaro programma che punti alla completa tutela, sul piano della sicurezza e su quello dei diritti.

Le conclusioni di Mario Iavazzi sono partite dalla situazione complessiva in cui versa l’economia italiana.

I dati e le stime confermano una situazione economicamente disastrosa e nel prossimo periodo, al crollo del prodotto interno lordo e all’aumento del debito, si aggiungerà l’ondata di licenziamenti. Non ci sono le condizioni per la pace sociale e nemmeno il gruppo dirigente sindacale sarà in grado di impedire lo scontro sociale. Lo spirito combattivo della classe lavoratrice, emerso a marzo, si imporrà all’ordine del giorno, indipendentemente dalla volontà o meno dei dirigenti del movimento operaio. Il presidente di Confindustria Bonomi sta già buttando benzina sul fuoco: la rottura del tavolo di trattative nella categoria dei metalmeccanici, voluta dal padronato, mostra l’aggressività di chi non è disposto a concedere nulla.

In un tale contesto, la risposta che il sindacato deve mettere in campo non può che avere come punto di partenza l’unificazione delle lotte. Compito degli attivisti sindacali è lavorare in tal senso e dar voce alla parte più avanzata del conflitto di classe. E’ di questi giorni l’accordo sul CCNL sanità privata: dopo 14 anni, la firma è avvenuta a seguito di un partecipato sciopero nazionale avvenuto a metà settembre, caratterizzato da rabbia e radicalità. Non c’è alternativa alla lotta, indipendentemente dalla volontà o meno dei dirigenti sindacali di uscire dalla logica del “tavolo”. Nelle scuole, così come in tanti altri posti di lavoro, continuano a non essere convocate le assemblee sindacali. E’ una situazione che va immediatamente smossa, ai lavoratori va fornito l’ambito in cui discutere di rivendicazioni e della piattaforma in generale. Gli incontri che quest’Area sta organizzando, quelli on line di settore, quelli territoriali e l’appuntamento nazionale del 31 ottobre a Roma hanno proprio l’obiettivo di dar la parola ai lavoratori valorizzando le più radicali esperienze di lotta.

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