I metalmeccanici sono in campo.
Rilanciamo la lotta!
C’è voluto troppo tempo, ma alla fine lo sciopero dei metalmeccanici del 5 novembre si è fatto. E, se probabilmente non si è raggiunto l’80% di adesioni sbandierato dai dirigenti di Fim-Fiom-Uilm, che sia stato un successo è fuori discussione.
I lavoratori hanno saputo rimandare al mittente la campagna mediatica messa in piedi da Federmeccanica e Confindustria nelle settimane precedenti, che sbandierando la solita unità nazionale facevano appello al senso di responsabilità dei lavoratori: “Assurdo scioperare in mezzo all’emergenza sanitaria”. Un successo, diciamolo, nonostante la poca, e in certi casi nulla, determinazione con cui i vertici sindacali si sono preparati all’appuntamento.
Riuscire a fare uno sciopero in questo contesto non era scontato: perché cadeva proprio il giorno in cui il governo dichiarava le zone rosse, perché i padroni hanno fatto di tutto per impedire le assemblee nelle aziende, e anche per le mille difficoltà concrete, come il fatto che centinaia di migliaia di lavoratori svolgono da tempo le proprie mansioni da casa col telelavoro, spesso senza usufruire dei più elementari diritti come quello alla disconnessione o all’assemblea sindacale.
Si è scioperato ovunque e soprattutto si sono fatti i presidi davanti ai cancelli, questo è il dato più rilevante.
Molto bene in Emilia Romagna dove in alcuni casi si è toccato punte di adesioni del 90%. A Bologna sono stati oltre venti i presidi organizzati davanti alle grandi fabbriche, Ima, Bonfiglioli, Toyota, solo per citarne alcune. Alla Ducati Motor è stato montato un maxischermo dal quale si sono alternati gli interventi dei delegati delle varie aziende.
Stessa situazione a Modena e Reggio Emilia dove oltre alle assemblee in molte aziende si è presidiato dall’alba. A Napoli si è svolta la manifestazione più partecipata, con in testa i lavoratori della Whirlpool. Tante le aziende a rischio chiusura o forte ridimensionamento. Molte le aziende che hanno deciso di estendere lo sciopero a otto ore, tra cui l’ST Microelectronics di Agrate (Lombardia) dove l’adesione è stata del 75%.
La posta in gioco è alta, sono 10 milioni i lavoratori di diverse categorie con il contratto scaduto.
Si aggiunga che, come a marzo, i padroni, governo, regioni e amministrazioni locali sono determinati a imporre che la produzione continui nonostante il precipitare della pandemia.
Ormai non si contano i casi di contagio nei luoghi di lavoro, ma nulla viene fatto per arginarlo. Fca ha ridotto da 10 a 5 i minuti dedicati alla sanificazione dei reparti.
Finito lo sciopero i segretari di Fim, Fiom e Uilm si sono affrettati a dichiarare che ora Federmeccanica deve riprendere la trattativa. Ma è evidente che se oggi Federmeccanica torna a trattare lo fa solo per farci perdere tempo.
Il successo della mobilitazione, i tanti contratti scaduti, la determinazione dei padroni a continuare la produzione a costo della salute richiedono ben altre proposte. Dobbiamo preparare nuove mobilitazioni più incisive che portino allo sciopero generale di tutte le categorie.
Il governo e i padroni ci temono, come dimostra il fatto che appena Landini ha minacciato lo sciopero generale (poche settimane fa), il governo ha prorogato fino a marzo il blocco dei licenziamenti.
Al rinnovo dei contratti bisogna aggiungere in questo momento il blocco delle produzioni non essenziali per tutelare la salute dei lavoratori. Blocco delle attività produttive con copertura al 100% dei salari dei lavoratori, precari e appalti. Non accettiamo il ricatto lavoro o salute. Il 5 novembre ha dimostrato che la disponibilità dei lavoratori a lottare c’è!