I lavoratori del commercio durante il lockdown:
conquistiamo il Contratto!
Il mese di novembre sta trascorrendo in una Italia a diverse colorazioni legate alla pandemia.
Un lockdown a differente intensità che, come abbiamo avuto modo di dire in altre occasioni, va a colpire le attività legate al turismo, al tempo libero, allo svago, ma lascia aperte tutte le altre imprese di ogni ordine e grado.
Il ragionamento di fondo resta che il contagio al covid 19 è una questione che non ha niente a che fare con il lavoro. Lo si evince anche dalle notizie che quotidianamente ci arrivano dai mezzi di informazione. La realtà sottolinea che le cose sono differenti da come ce le raccontano. Nei luoghi di lavoro ci si infetta e la grande distribuzione ne è la dimostrazione.
I lavoratori delle attività che sono seguite dalla Filcams Cgil (federazione italiana lavoratori commercio, alberghi, mense e servizi) sono tanti.
Sono coloro che lavorano in bar, ristoranti, mense, pub, pizzerie, alberghi, che continuano a subire gli effetti nefasti delle chiusure, così come i dipendenti delle sale da gioco. I più “fortunati” ricevono la cassa integrazione. Cassa integrazione che se va bene copre, al massimo, l’80% del salario. Noi rivendichiamo la totale copertura, cioè il pagamento al 100%, dello stipendio. Una rivendicazione che dovrebbe essere generalizzata, ma di certo essenziale per i lavoratori del settore che tra prima e seconda ondata del virus, sono tra quelli più colpiti economicamente.
Altri lavoratori si ritrovano con un pugno di mosche in mano, in quanto assunti in nero.
“L’orizzonte” oltre ad essere ancora lontano, non è nemmeno roseo. Le prospettive che l’economia riparta come nel contesto pre lockdown sono vicine allo zero; molti lavoratori perderanno il posto di lavoro appena verrà tolto il divieto di licenziare, proprio perché l’economia non ripartirà.
Il fatto che molte aziende stiano facendo lavorare i propri dipendenti da remoto (impropriamente chiamato smart working), porterà degli effetti negativi sulla ristorazione di ogni ordine e grado. Anche molti lavoratori dei nostri settori lavorano da casa, come gli impiegati, soprattutto quelli della grande distribuzione, od il settore impiegatizio delle sale gioco o quella fetta di lavoratori informatici che hanno il contratto del commercio. Per loro, così come per tutti quelli che lavorano da remoto, il problema, oramai da lunga data, riguarda la strumentazione per lavorare e cioè linea telefonica/banda larga, pc, sedia ergonomia, cellulare. La gestione lavoro e famiglia, in special modo per le donne e soprattutto per chi ha figli e/o anziani in casa. La gestione dell’orario di lavoro, il diritto alla disconnessione. Il pagamento dei ticket restaurant o della mensa, che è salario differito.
Le aziende tendono a farti lavorare da casa riconoscendoti meno “benefit” possibile e provando a sfruttarti nel miglior modo riescano a fare. Serve per ridurre i costi oggi, ma anche per capire come abbattere i costi ed aumentare la produttività nella nuova realtà che si aprirà davanti a noi nel dopo covid.
Ci sono poi realtà dove i lavoratori (ben supportati dai loro rappresentanti sindacali RSU/RSA) in condizioni eccezionali come sono queste, riescono a prendere il coraggio a quattro mani e lottare contro il padrone per vedersi riconosciuto il premio di produttività e la mensa in quanto loro diritto. A dimostrazione che anche in un periodo di crisi come questo e forse ancor di più in un periodo di crisi si deve lottare con le unghie ed i denti per mantenere i propri diritti ed anzi porre le basi per recuperare il terreno perduto in questi anni.
Nei supermercati la situazione è nettamente diversa rispetto la scorsa primavera. All’interno dei negozi ci sono molti più lavoratori infettati dal virus e di conseguenza meno personale al lavoro. Gli ingressi non sono per nulla contingentati. Si mettono cartelli con il numero massimo di clienti ammessi in base alla metratura del locale, si dice che non può esserci più di una persona per carrello, che non si può fare la spesa più di una volta la settimana, ma tutto ciò è pura teoria. In realtà nei negozi ci sono assembramenti, entrano intere famiglie a fare acquisti anche tutti i giorni. Non solo; le catene della grande distribuzione stanno informando la clientela, tramite note informative sui propri siti web o comunicazioni personali via sms o mail, che la spesa la si può fare anche fuori dal proprio comune.
I carichi di lavoro sono aumentati e quindi i ritmi. Nelle realtà meno sindacalizzate si mettono in discussione le pause (caffè), per non parlare della gestione dell’orario di lavoro (in particolar modo per i tempi determinati, per i part time, interinali e cooperative) che sono a totale appannaggio dei responsabili.
In una situazione come quella attuale sentiamo proclami di unitarietà: “siamo un Paese in lotta contro il corona virus”, riferimenti gli eroi e cose simili, ma è bene ricordare che molti dei nostri contratti sono scaduti da anni ed i padroni non intendono rinnovarli. Tra questi c’è il contratto dei multiservizi. Un contratto scaduto oramai da 7 anni. Stiamo parlando di un contratto dove sono inseriti, tra gli altri, i lavoratori delle pulizie. Addetti alle pulizie sempre dimenticati, ma che svolgono un lavoro essenziale. Un lavoro sempre essenziale, in particolar modo oggi in tempi di covid. Lavoratori essenziali che però, quando chiedono soldi… – non capiscono in che momento ci troviamo -. Questi lavoratori si sono trovati a dover dichiarare sciopero il 13 novembre, perché stanchi di promesse vane, di prese in giro. Vogliono soldi che gli spettano!
E’ un problema che riguarda tutti i lavoratori e certamente i lavoratori delle nostre categorie. Purtroppo i vertici di Filcams Cgil sono sempre più distanti dalle esigenze e dalle richieste dei lavoratori e le prese di posizione del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, alla tre giorni di dibattiti pubblici (futura), ci hanno fatto capire che la strada intrapresa da tempo dal sindacato continua a mantenersi quella sbagliata.
Un sindacato che propone tavoli di incontro rituali sperando in una concertazione che in modo chiaro e netto Bonomi (Confindustria) ed il presidente del consiglio Conte hanno detto di non voler concedere.
L’atteggiamento del gruppo dirigente della Cgil sta screditando il sindacato alle fondamenta e purtroppo molti pensano che il sindacato sia inutile ed anzi controproducente per i lavoratori.
Invece NO !
Il sindacato serve ed anzi, oggi serve ancor di più. Il sindacato è lo strumento con il quale noi lavoratori lottiamo, rivendichiamo e ci proteggiamo dai continui attacchi dei padroni e dei governi loro alleati.
Il sindacato deve tornare ad essere dei lavoratori e rivendicativo.
Per questi motivi, siamo convinti che vale la pena di rimboccarsi le maniche e costruire dal basso anche per cambiare radicalmente il sindacato.
Partire dall’oggi col pretendere maggior sicurezza nei luoghi di lavoro e rinnovi contrattuali con incrementi salariali degni di questo nome.
Invitiamo i lavoratori a contattarci e ad unirsi a noi per mettere in moto questo percorso.