Discriminazione di genere:
grave episodio alla Goglio di Daverio (VA)

Discriminazione di genere:grave episodio alla Goglio di Daverio (VA)

La discriminazione delle donne sul posto di lavoro è inaccettabile e mette a rischio tutti i diritti di tutti i lavoratori

22/12/2020 – Nei giorni scorsi, le lavoratrici e i lavoratori della Goglio di Daverio hanno subito un duro attacco che punta a minarne i diritti fondamentali. Contestualmente al mancato rinnovo del contratto di una lavoratrice precaria (ma da anni presente in azienda), un dirigente ha dichiarato di non voler più assumere donne in alcuni ruoli perché, a suo dire, il naturale ciclo mestruale le spingerebbe a fare troppi giorni di malattia e le richieste di riduzione di orario lavorativo in caso di gravidanza non permettono di soddisfare le esigenze produttive.

Insomma, quello a cui ci si è trovati difronte è un becero caso di discriminazione di genere, che una volta di più dimostra come per certi dirigenti siano più importanti i profitti rispetto ai diritti delle persone.

Tutto ciò accade mentre l’azienda punta a strappare accordi individuali con gli operai in merito ad avanzamenti e aumenti, invece che attenersi ai contratti esistenti. La logica portata avanti è la stessa: solo l’azienda, secondo il proprio tornaconto, può decide chi “si merita” di lavorare, di ricevere avanzamenti e aumenti, evitare la discussione collettiva, ogni lavoratore solo di fronte al volere aziendale.

Il tentativo di escludere le donne dal contesto lavorativo ha il preciso intento di dividere i lavoratori e creare le basi per eliminare ulteriori diritti, come dimostrano i giorni successivi ai fatti citati.

Infatti, venuti a sapere dei soprusi di cui sopra, dopo aver denunciato l’accaduto agli organi competenti per le pari opportunità, i delegati della RSU hanno annunciato per giovedì 17 dicembre otto ore di assemblea per turno, al fine di affrontare queste problematiche. Purtroppo i lavoratori si sono visti negare il diritto di assemblea, poiché il comitato anti covid d’azienda ha decretato che non esistono spazi idonei a ospitare l’assemblea in questione.

Di fronte a tale rifiuto i rappresentati sindacali invece di organizzare i lavoratori e pretendere l’agibilità (dovuta per legge) per permettere loro di esercitare i propri diritti, hanno accettato un incontro interlocutorio con la direzione, ignorando la forza che avrebbero avuto se si fossero presentati al tavolo con un forte mandato esplicito da parte dei lavoratori che rappresentano.

Stando a quanto comunicato successivamente ai lavoratori, l’argomento discriminazione non è stato oggetto dell’incontro, nel quale ci si è limitati a trattare un nuovo accordo sui salari di ingresso. La promessa e l’invito dell’azienda è di rinviare l’assemblea a quando l’emergenza pandemica sarà finita: una risposta priva di senso data l’imprevedibilità del virus, e ancor più odiosa e insopportabile a fronte delle discriminazioni in atto. Come possono attendere certe questioni?

Non possiamo permetterci di subire nell’attesa di tempi migliori: ai lavoratori è invece chiaro che sulla questione dei diritti non bisogna scendere a patti con chi cerca di negarli.

Possiamo cambiare la situazione solo con l’organizzazione dei lavoratori e la loro partecipazione diretta alle proteste e alle decisioni, senza subire “dall’alto” logiche burocratiche che troppo spesso caratterizzano l’azione sindacale.

Come è accaduto a marzo, a inizio pandemia, quando in molte fabbriche i lavoratori hanno vinto la passività delle direzioni sindacali e hanno fatto scioperi spontanei, riunendosi anche in forma autoconvocata, e con questo hanno costretto il governo a chiudere alcune attività non essenziali e a introdurre il blocco dei licenziamenti.

Per rimediare, ora la RSU dovrebbe rifiutare qualsiasi nuovo incontro con l’azienda, salvo aver prima consultato l’assemblea dei lavoratori che deve discutere e votare le condizioni poste alla proprietà, fra cui proponiamo:

-l’assunzione a tempo indeterminato della lavoratrice in questione e di tutte le lavoratrici e lavoratori che lavorano da anni in fabbrica e vengono tenuti ostaggi di contratti precari.

-la fine di ogni discriminazione verso le lavoratrici e sanzioni per i dirigenti che usano condotte discriminatorie

-il riconoscimento dei premi e degli avanzamenti previsti dal contratto per tutti

-la fine delle trattative individuali e il riconoscimento della validità esclusiva degli accordi votati dall’assemblea dei lavoratori.

La strada percorribile è quella del rallentamento o del fermo produttivo, fino a quando non vengano concessi gli spazi utili ad accogliere le assemblee, ovviamente nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza per la salute.

Non è sufficiente denunciare l’operato dell’azienda, per quanto sia giusto. Il compito dei delegati e di tutti i lavoratori è organizzare una controffensiva per bloccare questi attacchi.

È necessario e vitale per i sindacati imporsi e soprattutto imporre il volere dei lavoratori alla dirigenza; l’alternativa sarebbe dichiarare la resa nei confronti dell’azienda e fare capitolare ogni giorno di più i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Pochi giorni fa al danno si è aggiunta la beffa, con la ditta che ha fatto una cospicua donazione in favore della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, con tanto di invito ai dipendenti a contribuire con una piccola offerta; nel mentre, però, i soldi per gli operai e per dar loro uno spazio idoneo alle assemblee continuano a mancare.

L’unica soluzione percorribile è la mobilitazione dei lavoratori: rifiutando senza mezzi termini qualsiasi forma di discriminazione e imponendo il diritto di sciopero e di assemblea.

Alcuni lavoratori e lavoratrici della Goglio

Per commenti, testimonianze o confrontarci su come ci si può organizzare, scriveteci a stopdiscriminazioniallagoglio@gmail.com.

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