Scuola, è ora che il sindacato si svegli!

Scuola, è ora che il sindacato si svegli!

Rispetto alle superiori il governo ha fatto tutto quello che poteva”, questa è la frase con cui la Ministra Azzolina esordisce nell’intervista apparsa sul Corriere qualche giorno fa (10/01/21). Partendo da questo presupposto il passo successivo non può che essere la scelta tra il “meno peggio”: proseguire con una inefficace e alienante didattica a distanza o tentare un ritorno in presenza dal punto di vista sanitario estremamente rischioso, per studenti, personale delle scuole e relative famiglie?

Senza mettere in discussione l’affermazione iniziale della Ministra non c’è soluzione, le infinite disamine per stabilire quali delle due opzioni è preferibile conducono tutte ad un’unica strada: un vicolo cieco in cui studenti e docenti pagano ben precise scelte politiche del Governo. E’ una costante l’ipocrisia con cui esponenti politici, siano essi presidenti di regione o membri del Governo, ripetono fino alla nausea quanto sia importante l’istruzione mentre nessun significativo finanziamento viene destinato a scuole e trasporti per garantire in primo luogo la sicurezza.

Tuttavia, dopo quasi un anno di pandemia, l’attività svolta all’interno degli edifici scolastici è ancora tutt’altro che sicura: non si contano i casi riportati dalla stampa in questi ultimi mesi riguardo a scuole dell’infanzia o elementari in cui una o più classi vengono poste in isolamento, dinamica che non si è fermata alla ripresa dell’attività a gennaio 2021 e che descrive una situazione generalizzata, da Trento a Palermo. La decisione del Governo di non chiudere questi ordini di scuola nonostante la scarsa sicurezza è strettamente connessa alla mancata volontà di bloccare tutte le attività non essenziali: salute di genitori e figli sono subordinati agli interessi economici dominanti. Così, mentre la prole rischia il contagio nelle aule, i genitori possono continuare a correre l’analogo rischio recandosi al lavoro.

Se alle scuole superiori non si corre questo rischio, altri sono comunque i problemi sempre più pressanti. Un settore di studenti ha deciso di mobilitarsi denunciando apertamente la propria esasperazione per la didattica a distanza: si tratta di un forte malessere sentito anche da insegnanti e personale scolastico, alimentato da diversi fattori. La didattica a distanza (DAD) ha deteriorato la qualità stessa della didattica e il rapporto tra docenti e studenti, facendo saltare completamente alcuni capisaldi di un sistema scolastico e formativo degno di essere chiamato tale.

Una recente indagine* (svolta dall’INAPP, un ente pubblico di ricerca) su un campione di 800 insegnanti, esplicita alcuni aspetti che più e più volte sono emersi da marzo 2020 in poi e che tutt’ora i dirigenti sindacali continuano ad ignorare nei tavoli e negli accordi con Governo e Ministero: il 90% degli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori dichiara un aumento dei carichi di lavoro in DAD rispetto all’attività in presenza, soprattutto per quanto riguarda la preparazione delle lezioni, la loro realizzazione, la predisposizione e correzione delle prove. A questo si aggiunge l’aumento della burocrazia e di pressione psicologica, che spesso si traduce in maggiore stress: l’indagine riporta che l’85% degli insegnanti avverte come significativamente accresciuto il livello di stress rispetto al lavoro tradizionale anche in una situazione non compromessa dal punto di vista della connessione alla rete internet.

Nel sondaggio non viene formulato nessun quesito relativo a come garantire il rientro in sicurezza, ma viene semplicemente chiesto se le scuole devono rimanere chiuse fino ad emergenza rientrata: inevitabile che la risposta del 70% degli intervistati sia affermativa.

Compito prioritario delle organizzazioni sindacali dovrebbe essere rivendicare con forza precise e chiare condizioni che possano consentire un ritorno alla didattica in presenza nel più breve tempo possibile e in totale sicurezza. Sulla base di queste dar vita ad una vertenza sindacale. Invece l’FLC-CGIL, il principale sindacato del comparto, dopo aver vantato una “costante pressione” sul Ministero per garantire il pagamento agli insegnanti dell’organico COVID con solo quattro mesi di ritardo, non riesce ad andare oltre, nel migliore dei casi, a parole d’ordine vaghe e completamente prive del supporto di un’azione adeguata.

Estremamente dannosa per i lavoratori, inoltre, è la sistematica rivendicazione di valorizzare al meglio l’autonomia scolastica quando l’orientamento dovrebbe essere esattamente l’opposto: abolirla e garantire a tutte le scuole analoghi percorsi formativi e risorse necessarie per attuarli. Va posto fine alla deleteria competizione tra istituti e relativa caccia a neoiscritti e risorse private. L’autonomia è lo strumento attualmente utilizzato per portare avanti la DAD in mille modi diversi a seconda di quanto stabilito dal consiglio d’istituto di ogni scuola. Una vera e propria giungla. Non è un caso che nel sondaggio citato sopra, oltre l’80% dei docenti intervistati richieda uno standard unico per la didattica a distanza.

L’azione del sindacato deve concretizzarsi in una agguerrita battaglia per una politica completamente differente da quelle messe in campo dal governo: attuare immediatamente un piano straordinario di investimenti nell’istruzione e nei trasporti che permetta la riapertura delle scuole in totale sicurezza.

Parole d’ordine vaghe devono essere sostituite da una chiara piattaforma rivendicativa

  • No alle classi pollaio, tetto massimo di 15 studenti per classe
  • Più aule e laboratori attraverso il reperimento di edifici adeguati e la requisizione delle strutture utilizzate per scuole private
  • Raddoppio e gratuità dei trasporti pubblici.
  • Presenza di un presidio infermieristico in ogni istituto
  • Rinnovo del contratto collettivo nazionale che preveda: piano di pensionamenti straordinario per la fascia più anziana di lavoratori e assunzione di un organico adeguato alle esigenze; abolizione del precariato e stabilizzazione su tutti i posti vacanti nelle scuole con formazione del personale; completo recupero del potere d’acquisto: per ogni figura professionale l‘aumento salariale deve garantire stipendi non al di sotto della media dei livelli salariali europei più alti della categoria; pari trattamento economico e diritti per il personale scolastico e quello educativo

Solamente attraverso rivendicazioni che si pongono su questo piano si può costruire l’unità tra studenti e lavoratori dell’istruzione. In campo deve esserci la prospettiva di ribaltare le politiche di questi mesi e uscire dalla contrapposizione che vede da una parte la didattica a distanza e dall’altra la mancata sicurezza sanitaria. Già troppo tempo è stato perso, la strada da intraprendere è quella della mobilitazione.

*https://www.inapp.org/