Autonomia differenziata: il colpo di grazia alla sanità pubblica

Autonomia differenziata: il colpo di grazia alla sanità pubblica
Di Arianna Mancini (Asl 2 Roma) e Salvatore Veltri (Istituto Rizzoli Bologna)

Da oltre trent’anni assistiamo a un processo di smantellamento della sanità pubblica da parte di governi di ogni colore che hanno imposto tagli e privatizzazioni. L’aziendalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha trasformato la salute in merce, aprendo le porte al mercato prima e alla crescita esponenziale della sanità privata poi. Attualmente lo Stato gestisce direttamente circa il 63% dei servizi sanitari, mentre “acquista” il restante 37% dal privato accreditato, che si riserva le parti più redditizie, lasciando al pubblico i settori più onerosi.

La situazione è aggravata dal divario tra i sistemi sanitari regionali. A partire dal 1992, con la controriforma del governo Amato prima e la riforma del titolo V della costituzione poi, il SSN è stato, di fatto, frammentato, creando profonde disuguaglianze nel diritto alla salute, soprattutto tra nord e sud. La sanità è il settore nel quale il processo di regionalizzazione è già molto avanzato e se ne vedono le conseguenze disastrose.

La spesa sanitaria privata delle famiglie è in costante aumento: dai 41,5 miliardi di euro del 2022, è salita a 45,8 miliardi nel 2023. 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici per problemi economici o a causa dei lunghi tempi di attesa.

In questo contesto, la mobilità sanitaria tra una regione e l’altra continua a crescere. Nel 2021 le regioni con saldo positivo, cioè quelle che attraggono più pazienti di quanti ne perdano, erano concentrate al nord, soprattutto Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Al contrario, le regioni del centro-sud, come Campania, Lazio, Calabria, Sicilia e Puglia, hanno accumulato i maggiori saldi negativi, perdendo ogni anno centinaia di milioni di euro a causa della migrazione dei pazienti verso il nord.

I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che il SSN dovrebbe garantire a tutti i cittadini, non riescono a rispondere efficacemente alle esigenze di prevenzione e cura, come evidenziato dal 7° Rapporto GIMBE. In tutti i territori, regioni del nord incluse, in realtà, i LEA non sono garantiti per mancanza di risorse economiche e procedure burocratiche lente.

Con la legge sull’autonomia differenziata, la situazione non potrà che peggiorare. Le Regioni a statuto ordinario avranno più autonomia legislativa su materie di competenza dello Stato, tra cui la tutela della salute, e potranno trattenere parte del gettito fiscale. Questo processo, oltre che incrementare il gap tra le regioni del nord e quelle del mezzogiorno sotto ogni punto di vista (contrattazione sindacale compresa), sarà un colpo definitivo al SSN (e quindi anche alla sanità del nord) perché deresponsabilizzerà completamente lo Stato dal finanziarlo. Una maggiore autonomia nella gestione dei fondi sanitari integrativi aprirà ulteriormente la strada al privato, consolidando un sistema assicurativo-mutualistico regionale.

La sanità è solo uno degli esempi concreti che chiarisce l’importanza di opporsi all’autonomia differenziata con una lotta generale di tutti i lavoratori.

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