Contro il riarmo europeo e l’ipocrisia “pacifista”!

Caro compagno, cara compagna,
con questa lettera vogliamo ringraziarti per aver aderito all’appello “La Cgil non partecipi alla manifestazione reazionaria del 15 marzo”, lanciato da lavoratori e delegati iscritti alla Cgil.
L’indignazione provocata dall’annuncio del segretario Landini che la Cgil avrebbe partecipato alla manifestazione convocata da Michele Serra ha fatto sì che in poche ore abbiamo ricevuto oltre 700 adesioni all’appello.
La cosa non ci ha stupito, da tempo tra un settore sempre più ampio di iscritti e lavoratori cova un disagio sempre più palpabile verso l’incapacità del nostro sindacato a prendere posizioni ferme contro la manifesta prepotenza dei padroni di questo paese. Che sia sulla guerra in Ucraina, in Palestina, o per dare battaglia in casa nostra sui bassi salari i tagli allo stato sociale e il precariato.
La manifestazione del 15 marzo si è mostrata per quel che si annunciava: una mobilitazione promossa dalla classe dominante, che cerca di mantenere i propri privilegi nella nuova situazione mondiale lanciandosi su una linea bellicista e reazionaria, con varie tinte di ipocrisia.
A questa operazione e a nient’altro si sono prestati i partiti, i sindacati, le associazioni presenti in piazza. E non è mancata neanche la sfilata dei soliti “artisti” e “intellettuali” addomesticati.
Tanta apologia di cosiddetta cultura europeista si risolve nel chiedere il proseguimento della guerra in Ucraina, che vuol dire continuare a trascinare con la forza gli ucraini al fronte e farli morire come carne da cannone, mentre tutti i lavoratori europei pagano il conto delle sanzioni. Non una parola dal palco sul massacro dei palestinesi a Gaza; solo tre giorni dopo sono state uccise 400 persone in una notte dai bombardamenti israeliani. E potremmo andare avanti.
In quella piazza la Cgil non ci doveva stare.
Alle sterili giustificazioni di Landini “so bene che non ci sarà un unico punto di vista in quella piazza ma proprio per questo sento il dovere di portare quello per cui da sempre la Cgil è impegnata e (…) saremo in piazza anche con le bandiere della pace.” ha risposto la commissione europea votando un piano per il riarmo da 800 miliardi di euro. Soldi che verranno fatti pagare ai lavoratori e con tagli a scuole e ospedali.
È una sentenza inequivocabile contro chi si appella da anni a un’Unione Europa sociale, democratica e pacifista. Oggi difendere questa illusione porta diritti a dare copertura a sinistra alle politiche guerrafondaie.
Il riarmo ha peraltro ricevuto il sostegno trasversale di buona parte dell’europarlamento, delle forze politiche del governo italiano e della finta opposizione. Nessun eurodeputato del Pd ha votato contro!
Queste politiche non si fronteggiano con le bandierine della pace, ma con la lotta di classe. Questo è il punto più debole della tattica generale del nostro sindacato.
Siamo passati dalla parola d’ordine “rivolta sociale” dello sciopero generale a “la nostra rivolta è il voto” al referendum. È una linea passivizzante, una rinuncia a proseguire quella mobilitazione lanciata con lo sciopero del 29 novembre. Questa linea ci ha portati dritti nella piazza del 15 marzo.
Altro che criticare il riarmo, gli unici che sono stati disarmati sono i lavoratori, che pure hanno dimostrato, in più occasioni, di essere pronti a ben altro che mettere una croce sulle schede!
È necessario invertire questa linea. Oggi opporci al riarmo non significa fare appelli pacifisti ma aprire una battaglia a tutto campo contro le politiche padronali e del governo Meloni, che uniscono le spese militari all’attacco ai salari e allo stato sociale.
Serve sviluppare un programma di rivendicazioni in grado di essere credibili per i lavoratori. Partendo dalla lotta per aumentare in maniera consistente i finanziamenti alla sanità, alla scuola pubblica e al welfare.
Lottare per salari dignitosi e che difendano il potere d’acquisto massacrato dall’inflazione di questi anni.
Attualmente lo Stato italiano spende oltre 30 miliardi l’anno in armamenti, sono risorse che vengono sottratte ai servizi pubblici e ai settori più poveri della società.
I lavoratori non hanno alcun interesse a sostenere questa Unione Europea e la classe dominante del proprio paese ma devono sviluppare una lotta indipendente come classe su base internazionale.
Questa battaglia deve basarsi sul protagonismo dei lavoratori, sul coinvolgimento e la discussione democratica delle posizioni e dei metodi di lotta.
Queste sono le ragioni per le quali daremo continuità alla battaglia indicata in quell’appello e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori che la condividono a contattarci ed organizzarsi con noi scrivendoci a giornatedimarzo@gmail.com.
Solo col conflitto di classe e, dunque, attraverso la forza di massa della classe lavoratrice organizzata possono essere sconfitte le politiche reazionarie dei governi guerrafondai.
Mario Iavazzi