Salario, condizioni e diritti: la lotta dei lavoratori UPS.
Il 30 giugno i corrieri degli appalti dell’Ups di Milano, del corriere espresso multinazionale americana, si sono fermati. Una giornata di sciopero che ha visto l’adesione di oltre il 90 % dei lavoratori.
Dopo un anno di frenetico lavoro che ha permesso alla Ups Italia conseguire un utile netto di 25 milioni, ai lavoratori è stato riconosciuto un premio risibile. Davanti alla pressante richiesta dei delegati di mettere mano al portafoglio ai lavoratori è stata prospettata la minaccia della cassa integrazione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Abbiamo intervistato Antonio Forlano delegato Filt Cgil Ups e componente dell’assemblea generale nazionale della Filt.
GdM: come e perché si è arrivati allo sciopero?
Antonio: Come tutti i lavoratori abbiamo il grande problema che il salario che non tiene il passo con l’aumento del costo della vita. Di conseguenza la richiesta dei lavoratori è avere aumenti in busta paga, ma l’altro problema è che siamo vincolati a un contratto nazionale che è sempre stato inadeguato alle nostre necessità, con l’esplosione dell’inflazione a due cifre dal 2021 la situazione è ancora più drammatica. Il contratto nazionale scadrà solo il prossimo autunno. Quindi l’unico strumento a nostra disposizione, in questo momento, sono gli accordi di secondo livello. Lo scorso anno avevamo concordato con l’Ups un premio di risultato (Pdr) che doveva attestarsi sui mille euro. Oltre a questo avevamo puntato a migliorare il premio del settore meno sindacalizzato, i magazzinieri, che a causa di un utilizzo smodato dei Part time delle aziende appaltatrici non arrivava ai 400 euro.
Secondo la multinazionale il 2022 è stato disastroso in termini di produttività, cioè di volumi di pacchi movimentati e di conseguenza il Pdr è stato significativamente al di sotto delle nostre aspettative, parliamo di circa 600 euro medi a lavoratore.
Cioè a fronte di un aumento del margine operativo lordo di Ups di 25 milioni, nonostante il calo dei volumi. Ancora una volta sono i lavoratori a pagare. Non si possono pretendere volumi maggiori di quelli del 2020-2021 quando c’era stata la pandemia e l’e-commerce aveva avuto un’impennata facendo fare profitti mai visti alle multinazionali del settore. Quindi abbiamo chiesto all’azienda di dare sotto forma di salario una parte di questi profitti. L’azienda ci ha risposto picche, anzi le aziende appaltatrici hanno minaccianto la cassa integrazione.
Come è stata vista la necessità dello sciopero tra i lavoratori?
Davanti a tanta arroganza la decisione condivisa con i lavoratori di andare allo sciopero è stata l’unica soluzione logica. Ma non uno sciopero dimostrativo come se ne vedono troppi, anche da parte della nostra organizzazione, ma una prova di forza bloccando tutto per tutto il giorno.
Così è stato, oltre al 90 % dell’area di Milano e oltre il 60 % a Rho (Milano) dove la sindacalizzazione del magazzino è iniziata da un tempo relativamente breve. Lo sciopero è stato preparato nei minimi dettagli. Il confronto coi lavoratori nelle assemblee, i volantinaggi, il passaparola, hanno fatto sì che il blocco è stato completamente condiviso a tal punto che non sono stati necessari picchetti o forme di lotta più dure.
La determinazione espressa dai lavoratori si è vista con una partecipazione massiccia davanti ai cancelli per l’intera giornata! Abbiamo rispedito al mittente le intimidazioni.
Ovviamente la prova di forza ha portato a più miti consigli la multinazionale che ha accettato le nostre richieste, cioè, basta con gli accordi variabili ma accordi con risultati esigibili, frutto di un intervento attivo del lavoratore e non di calcoli e parametri non controllabili!
Purtroppo non possiamo dire lo stesso sui magazzinieri dove la stragrande maggioranza sono part time involontari e quindi più ricattati, perché è chiaro che se si avvicinano al sindacato non gli fanno fare gli straordinari, l’unico modo che hanno per arrotondare uno stipendio da fame. Qualcosa abbiamo migliorato anche per loro ma è insufficiente.
Fatte le assemblee, ratificato l’accordo quali saranno i prossimi passi?
Abbiamo discusso di quello che ci aspetta in autunno. Il contratto nazionale Ups e il contratto nazionale del settore merci e logistica.
Come delegati di Milano vogliamo promuovere nella piattaforma una vera riduzione d’orario di lavoro senza scambi e decurtazioni, i salari sono già troppo bassi e il lavoro deve essere redistribuito. E poi vogliamo far capire che per essere più forti nelle nostre rivendicazioni dobbiamo difendere i più deboli, i magazzinieri. Se riusciamo ad avere una piattaforma adeguata anche per loro con buoni pasto, il contrasto all’utilizzo indiscriminato del part time e livelli di inquadramento più alti, saremo più forti tutti, magazzinieri, autisti, impiegati.
Questa è la battaglia che faremo anche nella Filt -Cgil per il rinnovo del contratto nazionale, nel quale dobbiamo rivendicare aumenti di almeno 500 euro in paga base. L’inflazione, i contratti a perdere di questi decenni, hanno ridotto i nostri salari all’osso, non parliamo dei mutui per le case, alcuni nostri colleghi hanno visto aumentare la rata del 60 per cento. È il momento di alzare il tiro, coinvolgendo i lavoratori nella stesura della piattaforma creando le condizioni per un vero protagonismo nella mobilitazione. Basta scioperi calati dall’alto, che sono inefficaci quanto le manifestazioni al sabato.
Il sindacato deve portare questa discussione in tutto il settore, Dhl, Bartolini, Sda, Gls, Amazon, se siamo uniti e determinati su una piattaforma adeguata, possiamo fare molto male ai padroni e dare un segnale forte a tutti i lavoratori. Vorrei anche ricordare che alcune di queste aziende che ho citato sono indagate, in amministrazione controllata o hanno pagato multe salatissime per elusione ed evasione, per lo sfruttamento selvaggio della mano d’opera. È ora di rivendicare seriamente e apertamente l’internalizzazione di tutti i servizi, magazzinieri, corrieri, ma anche lavoratori delle pulizie, mense, guardie giurate, tutto. Questo si che assesterebbe un duro colpo allo sfruttamento e al ricatto.
Nelle assemblee avete lanciato un messaggio ai vostri colleghi americani
Il sindacato deva riscoprire l’importanza della solidarietà internazionale, i Teamsters americani, i nostri “fratelli e sorelle” Upsers negli Usa hanno dichiarato lo stato d’agitazione, hanno una piattaforma molto combattiva su salari e condizioni di lavoro, hanno dato un ultimatum a Ups.
Se entro il 31 luglio non verranno accolte le richieste dal 1 al 10 agosto incroceranno le braccia. Sono molto determinati, in grado di fermare quello che è il primo corriere negli Stati uniti, il 6% del Pil Usa. Per questo abbiamo voluto chiudere le assemblee con un messaggio di appoggio alla loro lotta, che vincendo darà motivazione e determinazione anche a noi.
A questo ci prepariamo per l’autunno e per questo chiediamo al sindacato di essere al nostro fianco.
Uniti si Vince!