SI PREPARANO NUOVI SCIPPI SULLE PENSIONI!

Se nelle campagne elettorali la destra dichiarava la volontà di superare la Monti-Fornero, oggi il sistema pensionistico viene visto dal governo come un bancomat per togliere soldi dalle tasche dei lavoratori e tappare i buchi o finanziare la spesa in armamenti.
Per la verità, anche oggi, Meloni & C. vaneggiano di interventi positivi sulle pensioni, ma la verità viene fuori anche dal rapporto INPS di fine agosto: tagli e attacchi.
Secondo i progetti in campo, ad essere colpiti in primo luogo saranno nuovamente i lavoratori pubblici. Sarà prevista, infatti, una riduzione delle aliquote di rendimento per tutte le pensioni erogate o che saranno erogate per i lavoratori che decidono di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Con l’ulteriore scandalo che sarebbe un intervento retroattivo!
Si penalizza nuovamente chi decide di accedere alla pensione dopo aver versato 42 anni e 10 mesi di contributi, gli uomini, e 41 anni e 10 mesi, le donne.
Questo provvedimento avrà un effetto economico gravissimo per i lavoratori pubblici che sono andati o andranno in pensione anticipata. La stima è da circa 1.000 euro ad oltre 6.000 euro annui per pensioni fino a 30.000 euro annui.
Un provvedimento che segue quello dell’allungamento delle finestre di uscita fino a 9 mesi in più, previsto dalla manovra finanziaria scorsa.
Per non limitarsi, esponenti delle forze di governo hanno lanciato la proposta per tutti i lavoratori di utilizzare il TFR per consentire di accedere alla pensione prima dei 67 anni, come se il TFR non fosse salario differito (che nel pubblico impiego continua ad essere retribuito dopo oltre 2 anni!). Il concetto è il seguente: vuoi andare in pensione prima? Te la paghi due volte!
Se il peso degli attacchi messi in atto dal governo è chiaro a tutti, non lo è la risposta da parte del sindacato.
La CGIL ha lanciato una “mobilitazione” per il prossimo autunno che prevede una manifestazione nazionale il 25 ottobre. Non c’è giorno in cui la segreteria nazionale non dichiari di voler mobilitare, una sorta di “mobilitazione permanente”. Ma qui di permanente c’è solo la passiva routine di un gruppo dirigente sindacale.
Serve invece una vera e propria ribellione attorno a un programma chiaro, che convinca i lavoratori a una lotta determinata che sconfigga il governo.
Facciamoci sentire dal basso, da tutti luoghi di lavoro pubblici e privati, se non vogliamo assistere al solito film che, un anno dopo l’altro, ci ha portato a questa situazione!