Metalmeccanici: Quali scioperi servono per conquistare il contratto?

Il rinnovo del contratto, scaduto nel giugno 2024, ha visto i metalmeccanici impegnati con ben 32 ore di sciopero negli ultimi 8 mesi, senza smuovere di un millimetro Federmeccanica. Un nuovo sciopero è previsto per il 20 giugno, nel caso la trattativa non riprenda.
Non si capisce su che basi Federmeccanica dovrebbe accettare di riaprire la trattativa se la distanza tra le richieste dei metalmeccanici e l’associazione padronale è abissale. Non solo non vogliono concedere gli aumenti, ma vogliono addirittura dei soldi indietro. È evidente che se la trattativa si riapre su queste basi produrrà solo un accordo al ribasso su una piattaforma di partenza già modesta. E poi, perché dare ancora una volta un preavviso di un mese prima di uno sciopero, lasciando così ai padroni il tempo per organizzarsi per limitare i danni?
Per uscire da questo stallo, dobbiamo guardare a quelle aziende che, negli scioperi convocati tra marzo e aprile, sono riuscite a mettere in campo forme di lotta decisamente più incisive.
Notevole lo sciopero di Fincantieri a Monfalcone, dove ad aprile i lavoratori hanno aderito in massa presidiando fin dall’alba gli ingressi dello stabilimento e fermando quasi completamente la produzione del sito con i camion bloccati ai cancelli per ore. Per la prima volta nella storia del cantiere la partecipazione dei lavoratori degli appalti, oltre 8mila (in grande maggioranza immigrati ricattati) a fronte di 1.700 lavoratori diretti, è stata massiccia. La scena dei lavoratori che escono dal cantiere al momento prestabilito è stata impressionante.
Alla Motovario di Modena, la possibilità di distribuire le quattro ore di sciopero in modo autonomo, due ore in entrata e due in uscita, ha raccolto un entusiasmo tale che ad un certo punto sono usciti anche alcuni capi reparto. L’accavallamento poi tra chi faceva giornata e chi i turni ha contribuito a creare un vero e proprio caos e a svuotare letteralmente lo stabilimento.
La stessa forma di lotta è stata utilizzata anche alla Forgital del distretto industriale di Vicenza, con oltre 500 dipendenti, e anche qui con ottimi risultati. Anzi, in una fabbrica che produce componenti per settori come aeronautica, difesa e aerospazio (e quindi con fatturati da capogiro), i padroni sono andati ancora più nel panico.
Alla Bonfiglioli di Bologna, dove c’è anche la cassa integrazione, i lavoratori hanno deciso di fare scioperi di 30 minuti, alternati a 30 minuti di lavoro. Questo ha procurato un calo produttivo enorme, soprattutto nei reparti con le macchine a controllo numerico, che venivano continuamente accese e spente.
L’unico modo per portare a casa il contratto senza l’ennesimo ribasso è mettere in campo una mobilitazione che sappia individuare, azienda per azienda, le modalità di sciopero più efficaci per fare male al padrone riducendo i sacrifici per i lavoratori. Ma questo lo si può fare solo riprendendo in mano la vertenza dal basso, attraverso un coordinamento dei delegati e il coinvolgimento dei lavoratori nelle assemblee, che devono essere il luogo in cui si prendono tutte le decisioni sulle azioni da intraprendere.