Il programma che rivolgiamo alla classe lavoratrice
L’emergenza sanitaria e la crisi economica porranno i lavoratori su un terreno rivendicativo molto più alto. Non si tratterà solo di tentare di difendere i posti di lavoro come è fondamentalmente avvenuto durante la crisi economica del 2008-09.
Da allora la classe lavoratrice non è mai veramente uscita da una condizione di erosione di salari, di smantellamento di diritti e servizi sociali, di peggioramento delle condizioni di vita, di aumento dei ritmi di lavoro e di sfruttamento. Quello che i lavoratori temevano di perdere in buona parte l’hanno perso e nel prossimo periodo le politiche di austerità, i licenziamenti di massa e l’aggressività del padronato porranno loro di fronte all’unica scelta di organizzarsi e lottare anche duramente.
Nel contempo, nella vicenda del coronavirus, i lavoratori hanno avuto modo di toccare con mano quanto sono essenziali in questa società. I padroni hanno fatto sfaceli per costringerli a produrre per i loro profitti a dispetto della sicurezza, e quando sono rimasti a casa tutto si è fermato. Un aspetto particolarmente importante per la consapevolezza e la formazione di una coscienza di classe.
In quest’ottica il nostro programma rivendicativo, sul piano propagandistico, pone due aspetti decisivi che interloquiscono con chiarezza e facilità con l’attuale livello di comprensione della classe operaia: i lavoratori dovranno presentare il conto e non saranno loro a dover pagare la crisi.
Nel solo mese di aprile 2020 sono state chieste dalle aziende un numero di domande di cassaintegrazione e ammortizzatori sociali pari a quelle richieste in tutto il 2009, anno in cui c’è stato un tracollo della produzione industriale del 25%.
È una vergogna che, a distanza di mesi, milioni di lavoratori non abbiano percepito un centesimo. Scandalo a cui hanno contribuito i vertici sindacali sottoscrivendo un accordo ignobile con le banche per un anticipo del pagamento degli ammortizzatori sociali, laddove non fossero previsti anticipi da accordi aziendali, con gli interessi a favore delle banche. Sono soldi sottratti dalle tasche dei lavoratori oggi e domani, quando intenderanno far pagare il debito dello Stato.
La nostra area sindacale si rivolgerà all’intera classe lavoratrice con un programma che mette in discussione le compatibilità col capitalismo, l’unico che sia davvero in grado di difendere gli interessi dei lavoratori e delle loro famiglie.
• Salari e reddito dei lavoratori. Si parta subito con la contrattazione e le lotte per i rinnovi contrattuali, si ridiscutano le richieste presenti nelle piattaforme con rivendicazioni più avanzate alla luce della nuova situazione. Non si scenda sotto la richiesta del’8% di aumenti
salariali in nessun contratto nazionale di lavoro come indicato nella piattaforma per il rinnovo del contratto dei Metalmeccanici. Piattaforma sviluppata durante del governo giallo verde e che ci pare stia per essere abbandonata nel nuovo contesto politico da parte del gruppo dirigente della Fiom, ma che noi continueremo a difendere.
• Sul piano politico va sostenuta la lotta per il salario minimo intercategoriale non inferiore ai 1.400 euro mensili. Per una nuova scala mobile che indicizzi i salari all’inflazione reale. • Salario garantito a tutti i disoccupati, legato al salario minimo legale e pari all’80 % di esso,
indicizzato all’inflazione. Una proposta che oltre a fare uscire da uno stato di indigenza milioni di famiglie, è necessaria per combattere il lavoro nero e la precarietà. • Blocco dei licenziamenti. Si blocchino tutti i licenziamenti, non solo per il periodo dei 5 mesi legati all’emergenza sanitaria così come previsto dal governo, ma anche successivamente. Nessun posto di lavoro dovrà andare perso. I lavoratori lo hanno visto, per legge si può fare, durante il lockdown lo hanno concesso perché temevano la generalizzazione del conflitto, nel prossimo periodo dovrà essere una conquista delle lotte. • Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. È necessario per abbattere la disoccupazione, far fronte alle emergenze sanitarie e dare dignità. Si aboliscano i turni spezzati, si assuma in tutte le aziende. In molti casi sarà necessaria una gestione programmata degli orari propedeutica ad evitare assembramenti di lavoratori negli spogliatoi e nei luoghi comuni, non potrà comportare ulteriori sacrifici per i lavoratori. • La sicurezza dei lavoratori prima del profitto. Tutte le misure (dai test sierologici alla misurazione della temperatura) devono essere poste a tutela della salute dei lavoratori e non al fine di controllarli, pertanto devono essere gestite da personale sanitario qualificato esterno all’azienda.
• Gli Rls devono avere pieno potere nel decidere di sospendere le attività in carenza di rispetto delle misure di sicurezza. Test sierologici e tamponi gratuiti per tutti, no alla speculazione e allo scandalo in cui abbiamo assistito soprattutto in Lombardia, dove i lavoratori si sono rifiutati di fare i test per paura di dover restare a casa senza salario. Copertura al 100% del salario per i lavoratori in quarantena.
• No alla precarietà. Si stabilizzino tutti i precari. Basta con il sistema delle assunzioni precarie che creano sfruttamento e ricatto. Contro gli appalti e i sub appalti. Per l’internalizzazione delle attività alle aziende committenti! A parità di mansione e attività uguale salario.
• Immediata stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, dei servizi pubblici e della scuola. La Garanzia di percorsi di formazione per neoassunti da svolgersi in orario di lavoro.
• Conciliazione tempi vita/lavoro in particolare per le lavoratrici. Sono del tutto insufficienti i 30 giorni di congedo parentale concessi dal governo. Si tratta di un ulteriore attacco alle condizioni di vita della classe lavoratrice, obbligata al lavoro e impossibilitata a prendersi cura dei figli in una situazione di rischio sanitario. I lavoratori dell’istruzione e dei servizi educativi vengono strumentalmente contrapposti alle famiglie di lavoratori, il tentativo è sempre quello di scaricare sulla classe le conseguenze dell’emergenza. L’unità deve invece rimanere elemento imprescindibile: fino a quando non sussisteranno le condizioni sanitarie per un rientro in sicurezza nei nidi, nelle scuole e nei centri estivi, i genitori devono poter fruire del congedo parentale retribuito al 100%.
• No alle ferie forzate. Le ferie sono un diritto del lavoratore e non uno strumento in mano alle aziende per ridurre i costi.
• Smart Working/Telelavoro. Una modalità finora di nicchia è diventata la soluzione efficace in un contesto di emergenza, di cui hanno parzialmente beneficiato anche i lavoratori, ad esempio permettendo di ridurre gli spostamenti rischiosi e dai tempi lunghi, oltre che i costi. D’altro canto ha fatto emergere aspetti negativi quali l’esigenza padronale del controllo del tempo di lavoro e della sua intensità con tecnologie sempre più invasive, la possibile penalizzazione della crescita professionale, l’incompatibilità con la cura della famiglia, il tempo di vita che diventa sempre più dai confini incerti e motivo d’insofferenza per i lavoratori, in particolare per le lavoratrici. Inoltre la gestione casalinga degli spazi di lavoro non garantisce il rispetto delle normative sugli aspetti sanitari della postazione lavorativa, a meno che i lavoratori non si accollino l’ulteriore spesa per adeguare scrivania e sedia alla nuova situazione.
• Pertanto si ritiene necessario che i lavoratori in attività da remoto siano considerati a tutti gli effetti in servizio con pieno diritto alla disconnessione e riconoscimento dell’orario di lavoro e di tutti i diritti ad esso collegati, da quando si accede a quando si sconnette, compreso eventuale pagamento delle ore di straordinario. Laddove sia possibile l’accesso a tale modalità, sia su base volontaria e con la garanzia della rotazione tra lavoratori.
• No a qualsiasi ipotesi di “scudo penale”. Dimissioni di chi ha (mal)gestito l’emergenza Coronavirus. Il Governo, molte Regioni, a partire da quella della Lombardia, e tanti direttori di enti pubblici e aziende private hanno gestito in maniera criminale l’emergenza e sono responsabili di quanto avvenuto. Ne devono rispondere davanti agli organi competenti ma soprattutto ne devono rispondere di fronte alla classe lavoratrice, che ha pagato le conseguenze di quelle scelte.
• Diritti Sindacali e Diritto di Sciopero. Va pretesa l’esigibilità del diritto di assemblee sindacali nei fatti sospeso in questo periodo di emergenza anche rivendicando la concessione di spazi più ampi per rispettare le distanze di sicurezza.
• Il diritto allo sciopero è irrinunciabile anche in settori che hanno effettivamente la necessità di dotarsi di contingenti minimi di operatori. Devono essere gli stessi lavoratori a decidere chi e quanti sono i lavoratori in servizio durante gli scioperi. Rivendichiamo, dunque, che venga abrogata la legge 146/90 e quelle successive che impediscono l’esercizio del diritto di sciopero nel pubblico impiego e in tutti i settori essenziali, o definiti falsamente tali, e la precettazione.
• Per una vera democrazia sindacale dobbiamo rivendicare l’abolizione dell’accordo del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza. L’elezione delle Rsu deve essere obbligatoria in tutti i posti di lavoro, tutte le Rsa devono essere sostituite da Rsu democraticamente elette. Tutti i lavoratori impiegati nell’azienda, diretti e indiretti, precari compresi, devono poter votare i delegati. Tutti i lavoratori indipendentemente se iscritti o meno a qualsiasi sindacato devono poter essere elettori ed eleggibili, i delegati devono essere revocabili in qualsiasi momento dall’assemblea che li ha eletti. No al sistema delle quote di posti garantiti alle organizzazioni sindacali nelle Rsu.
• Difesa e rilancio della Sanità pubblica. Incremento dei fondi destinati al SSN. Al fondo del SSN bisogna restituire subito i 37 mld di euro (su meno di 120 mld di euro, quasi 1/3 dunque) e giungere al raddoppio dei finanziamenti. Un piano di investimento che consenta di aumentare in maniera significativa il numero di posti letto di terapia intensiva e di tutte le specialistiche, nonché di ridurre ed eliminare le lunghe liste di attesa che spingono i cittadini ad accedere al sistema privato.
• La sanità deve essere pubblica e posta sotto il controllo e la gestione dei lavoratori della sanità con comitati che coinvolgano gli utenti! Basta con i dirigenti nominati dall’alto. • Ripubblicizzazione della sanità privata, del socio sanitario e socio educativo. La sanità e tutto il settore socio sanitario e assistenziale non devono essere fonte di profitto, per nessuno. Dobbiamo dire basta alle strutture sanitarie private anche quando convenzionate, perché privano larghe fette di fondi che altrimenti verrebbero destinati alle strutture pubbliche. Diciamo sì all’esproprio di tutte le strutture sanitarie ed educativo private con la garanzia del lavoro a tutti i lavoratori della sanità privata presso il Sistema sanitario nazionale. Il mondo delle cooperative del settore sociosanitario ha del tutto perso lo spirito col quale nacque il movimento cooperativo. Rsa, comunità residenziali, case di riposo e dei servizi educativi ed assistenziali devono essere ripubblicizzate e poste sotto il controllo dei lavoratori.
• Piani di assunzione in tutti i settori pubblici. Dobbiamo ripopolare la pubblica amministrazione con assunzioni di giovani lavoratori che diano il cambio generazionale ad un sistema che regge sulle spalle di operatori “anziani”.
• Adeguamento delle retribuzioni dei lavoratori della sanità. Deve essere recuperata la perdita salariale legata ai blocchi contrattuali dell’ultimo decennio e devono essere incrementate e stabilizzate tutte le quote previste dalle voci del salario variabile. I salari dei lavoratori della sanità devono giungere rapidamente al livello della media dei salari europei più alti.
• Sviluppo della rete sanitaria territoriale. Deve essere riconosciuto e valorizzato con consistenti investimenti il ruolo della rete territoriale, dell’assistenza domiciliare, della prevenzione, della gestione delle patologie croniche, delle dipendenze e di tutta l’assistenza sanitaria non ospedaliera.
• Per un piano massiccio di investimenti e di assunzioni nel trasporto pubblico locale. Per la nazionalizzazione delle aziende di trasporto merci, sotto il controllo dei lavoratori! Solo i lavoratori sono in grado di decidere cosa trasportare (beni essenziali) in condizione di emergenza sanitaria.
• Raddoppio dei fondi destinati all’istruzione e nessun finanziamento alle scuole private. Si dia il via ad un piano di edilizia scolastica e universitaria, aule e laboratori devono garantire la più totale sicurezza ed essere tecnologicamente attrezzati. Deve essere ridotto il numero di alunni per classe, numero che non deve mai superare le 20 unità, per consentire una didattica adeguata.
• Stabilizzazione su tutti i posti vacanti nelle scuole del personale precario, dei precari delle università e proroga di tutti i contratti in scadenza nel periodo dell’emergenza sanitaria. • Completo recupero del potere d’acquisto dei lavoratori della scuola per ogni figura professionale l‘aumento salariale deve garantire stipendi non al di sotto della relativa media europea. Pari trattamento economico e diritti per il personale scolastico e quello educativo. • Eliminazione delle aperture serali e notturne, chiusura la domenica e tutti festivi della grande distribuzione organizzata. Riduzione dell’orario giornaliero di apertura dei punti vendita e del commercio di generi alimentari e di prima necessità in caso di emergenza sanitaria. Chiusura di tutto il resto.
• Spesa on line e consegna a domicilio per diminuire le file davanti ai supermercati in situazione di emergenza sanitaria. Potenziamento dell’utilizzo della spesa on line, garantendo diritti e salario adeguato a chi effettua le consegne, e potenziamento della possibilità di preparare le spesa in negozio dagli addetti di quei reparti che in questo
momento non stanno lavorando, con consegna a domicilio o ritiro in negozio direttamente dai clienti.
• Nazionalizzazioni
• Per la difesa di tutti i posti di lavoro, attraverso il blocco dei licenziamenti e per la nazionalizzazione sotto il controllo operaio di tutte le aziende che delocalizzano, chiudono, licenziano.
• Oltre alla crisi la nuova situazione porrà la necessità di far fronte alle indispensabili misure di sicurezza. L’organizzazione del lavoro andrà modificata per ridurre assembramenti di lavoratori e, per quanto riguarda i servizi, di utenti. Non dovranno essere i lavoratori a pagarne le conseguenze, non dovranno essere le direzioni aziendali a decidere unilateralmente.
• Rivendichiamo la nazionalizzazione delle aziende che risparmiano sui costi per la sicurezza dei lavoratori. La grande distribuzione e le piattaforme online, riconosciuti come servizi essenziali in tempi di pandemia, non devono rimanere in mano a privati, mossi dal loro bisogno di profitto, ma resi pubblici sotto il controllo di comitati di lavoratori, i quali vigilerebbero, oltre che sulla sicurezza e sull’organizzazione del lavoro, anche sul controllo dei prezzi/scorte alimentari, per evitare speculazioni e cattiva distribuzione delle derrate alimentari.
Il controllo dei lavoratori e la questione del potere
Uno degli aspetti decisivi di questa fase è stata la modalità attraverso la quale i lavoratori hanno lanciato la mobilitazione per respingere l’attacco padronale che li voleva obbedienti alle logiche del profitto. Forme di autorganizzazione del conflitto vera e spontanea come non si vedevano dal movimento degli autoconvocati, quasi 30 anni fa.
Lanceremo e sosterremo, laddove si costituiranno, questi strumenti di lotta, di controllo e di gestione della produzione che possono diventare vere e proprie forme di contropotere, embrione di una società socialista.
Dove la nostra presenza sindacale è capillare e rappresentativa, come in UPS Milano, abbiamo ingaggiato una battaglia esemplare sul “controllo della produzione”. Quello è il nostro modello. Temi quali cosa consegnare, con quali ritmi e produttività, sono diventate le nostre linee guida di comportamento per lavorare in nome della difesa della salute e non del profitto. Sottoponendo decaloghi ai lavoratori e alle imprese con assemblee improvvisate è stata piegata qualsiasi velleitaria intenzione da parte delle imprese di cogliere il “momento” favorevole di un volume di lavoro da “Natale” per aumentare le consegne e fare più profitti.
Nel nostro appello “i lavoratori non sono carne da macello” abbiamo proposto comitati di controllo e gestione dei lavoratori che, in una condizione di emergenza sanitaria, possono essere gli unici in grado di decidere quelle che sono le reali necessità sociali. In tutte le situazioni in cui tale necessità sarà compresa dai lavoratori, proporremo il controllo operaio. La produzione di beni nei settori industriali, la distribuzione nel commercio, i servizi sanitari, le scuole, biblioteche, università, dovranno essere posti sotto il sistematico controllo e sotto la gestione democratica dei lavoratori e degli utenti attraverso l’elezione democratica, con possibilità di revoca, di tutte le cariche pubbliche, la cui retribuzione non può essere superiore a quella di un lavoratore qualificato.
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