Metalmeccanici: il sindacato non ceda alle pressioni padronali

Metalmeccanici: il sindacato non ceda alle pressioni padronali

Il 15 luglio, dopo 7 mesi di blocco, è ufficialmente ripreso il tavolo di trattativa tra Federmeccanica e sindacati per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. La ragione che ha spinto i padroni a scendere a più miti consigli sono senza dubbio le 40 ore di sciopero, il blocco degli straordinari e non ultima l’occupazione della tangenziale di Bologna da parte degli operai emiliano romagnoli. Ancora una volta è la lotta ad aver fatto la differenza. Tuttavia la vertenza è ben lungi dall’essere conclusa e le premesse dell’incontro in viale dell’astronomia non lasciano di certo sereni. Confindustria ha infatti espresso due concetti di fondo: se da un lato ha più volte ribadito che vuole firmare il contratto, dall’altro ha però sottolineato che l’accordo deve essere “sostenibile”. Tradotto dal sindacalese, deve costare poco o comunque molto meno di quanto richiesto in piattaforma. Proprio perché il salario è il tema su cui maggiori sono attualmente le distanze, i padroni furbescamente hanno proposto di fissare a settembre 3 incontri per parlare degli altri temi del contratto e lasciare il salario per ultimo. La loro tattica, per nulla originale, è quella di “portare a spasso” i sindacati e guadagnare tempo con l’obiettivo di metterli all’angolo nella fase finale dicendo “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”. Ovvero invertire la linea adottata correttamente da Fiom-Fim-Uilm a inizio vertenza di mettere invece al primo punto proprio il salario.

Per questo è un errore grave che la Fiom abbia accettato questa proposta di Federmeccanica, come è un errore altrettanto grave aver revocato il blocco dello straordinario solo perché si è riavviato il confronto. Questa mossa significa di fatto firmare una cambiale in bianco ai padroni e trasmettere il segnale del rompete le righe ai lavoratori. Qualora sul salario i padroni non cedano come si può pensare di riprendere la lotta a fine ottobre o a novembre dopo aver frenato le lotte e bagnato le polveri per oltre tre mesi?

Il rischio vero è che la frettolosa quanto inopportuna firma del CCNL cooperative metalmeccaniche lo scorso giugno abbia in realtà stabilito il tetto massimo dell’aumento salariale anche per il contratto della grande industria. Non solo l’aumento di 200 euro in 4 anni di cui 130 nei primi 3 anni è anni luce lontano dalla richiesta di 280 euro di aumento in 3 anni avanzata in piattaforma. Ancora più grave è stata la modifica in peggio della clausola di salvaguardia sul recupero dell’inflazione IPCA depurata. Infatti se si fosse applicato ai 4 anni del precedente contratto (dal 2021 al 2024) il nuovo meccanismo di aumento minimo del 2% annuo ma con assorbibilità della differenza qualora l’IPCA sia inferiore, l’aumento salariale sarebbe stato non di 310 euro ma di soli 285€. Un regalo davvero ingiustificabile alla controparte che di certo non ha avuto problemi a macinare profitti stellari in questi anni.

Non possiamo farci portare a spasso, non possiamo bagnare le polveri. La trattativa deve riprendere con energia e determinazione a maggior ragione dato che gli scioperi hanno fatto male ai padroni. Bisogna mantenere il blocco degli straordinari e delle flessibilità e bisogna che sul salario si inizi a discutere fin da subito a settembre. Se al rientro dalle ferie non si sblocca il salario, bisogna proclamare lo sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma.

La posta in gioco è troppo alta e non possiamo mostrare alcun segno di stanchezza, sfiducia o debolezza nei confronti della controparte. Il contratto dei metalmeccanici non se lo può permettere.

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