CCNL Logistica: Intervista ai delegati Filt dello stabilimento Amazon di Castel San Giovanni (Piacenza)

CCNL Logistica: Intervista ai delegati Filt dello stabilimento Amazon di Castel San Giovanni (Piacenza)

“La trattativa non è stata mai coinvolgente e trasparente, lasciando senza informazioni i lavoratori, snobbati da una classe dirigente sindacale sempre più distante dalle basi del sindacato”…

Martedì 21 gennaio si sono svolte due assemblee ad Amazon MXP5 di Castel San Giovanni. Lo scopo era votare sul pre-accordo sul Contratto nazionale della Logistica, firmato dai dirigenti sindacali di Cgil – Cisl – Uil lo scorso 6 dicembre. Su 437 presenti nelle assemblee, ci sono stati 11 voti a favore, 190 astenuti e 240 contrari. Molto significativo che 6 delegati della Cgil e uno della Uil eletti nella RSU si sono dichiarati contrari al pre-accordo.

Il voto rappresenta una dura critica ad una trattativa fatta senza coinvolgere i lavoratori e ad una firma fatta due giorni prima delle due giornate di sciopero, proclamate per il 9 ed il 10 dicembre, proprio per costringere i datori di lavoro a fare delle concessioni.

Giornate di Marzo, come componente della CGIL che lotta per un sindacato democratico e rappresentativo, saluta questo passo avanti dei lavoratori della Logistica e si augura che sia uno di tanti per ridare alla base la capacità di decidere come si tratta, come si lotta e cosa si firma. Uniti si vince!

Abbiamo saputo che da voi le due assemblee dello scorso 21 gennaio hanno valutato negativamente il pre-accordo del CCNL della Logistica. Voi avete votato NO. Potete spiegare le vostre ragioni?

L’accordo non ha per niente rispettato le aspettative di un comparto che da anni è in continua crescita. Gli aumenti retributivi raggiunti, come anche quelli della gran parte degli altri contratti collettivi, non recuperano neanche gli anni di inflazione del triennio trascorso. 

Non si difende il potere di acquisto, che poi nei tre anni che verranno andrà sempre più in sofferenza, senza poi contare la maggiore flessibilità richiesta sull’orario di lavoro, andando a pregiudicare ancora di più i tempi vita – lavoro, con trattative sul territorio che si renderanno estenuanti in quanto il potere datoriale sarà sempre più forte.

È vero che ogni territorio va salvaguardato e una contrattazione di secondo livello è quanto meno necessaria, ma senza norme a livello nazionale che portino al tavolo le aziende, diventa un potere labile, scritto sul contratto, ma difficilmente perseguibile dando vita a mobilitazioni isolate territorialmente senza efficacia e forza. Per cercare di imporre dei cambiamenti strutturali nelle trattative bisognava ricorrere almeno alle giornate di sciopero programmate, per sollecitare quelle associazioni che fino ad allora hanno snobbato e sviato le richieste della piattaforma contrattuale. 

Inoltre la trattativa non è stata mai coinvolgente e trasparente, lasciando senza informazioni i lavoratori, snobbati da una classe dirigente sindacale sempre più distante dalle basi del sindacato.

In assemblee di un’ora si doveva valutare un testo di più pagine e decidere se accettarlo o meno. Non credete che tutto il processo di elaborazione della piattaforma rivendicativa e la trattativa in seguito, si doveva fare assieme ai lavoratori, con assemblee, raccolta di opinioni, valutazioni coinvolgenti, che avrebbero sicuramente permesso un dibattito democratico e rafforzato le vostre ragioni al tavolo con la controparte?

In un’ora si doveva spiegare quanto era cambiato in 70 pagine e più di contratto. Un contratto che per altro raccoglie due sezioni di comparto (trasporto e logistica), che sebbene complementari e per certi versi attigue, hanno problematiche diverse, ma allo stesso tempo con una forza di mobilitazione che nessun comparto contrattuale possiede. 

Se poi questa forza intrinseca non viene utilizzata, la stessa contrattazione, proprio nel tentativo di tenere assieme due realtà con problematiche diverse, rischia di diventare un’arma a doppio taglio che va a indebolire la trattativa, senza avere effetti trainanti e concreti su quella più debole. Proprio la costruzione di una piattaforma con maggiore coinvolgimento dei lavoratori e trasparenza, avrebbe già di per sé reso una trattativa più forte, che è da sempre il concetto fondamentale di un democratico confronto alla base del principio sindacale. 

Avete insistito nelle assemblee sul fatto che l’aumento salariale non doveva essere di una percentuale uguale per tutti, ma superiore per le paghe più basse e minore per i livelli più alti. Questa posizione si sarebbe potuta difendere e spiegare facilmente, se la piattaforma rivendicativa fosse stata decisa in un vero processo democratico, col tempo e le condizioni necessarie per coinvolgere la maggior parte dei vostri colleghi. Cosa si può fare perché diventi la prassi normale in futuro?

Partire dalla percentuale, senza parlare di una cifra uguale per tutti da ripartire per ogni sezione livello, resta una sconfitta, per una rivendicazione equa.

Non si può parlare di equità se riproporziono una cifra in base al tuo reddito, professione o livello, dando a chi già guadagna di più, aumenti più alti rispetto a chi guadagna di meno. 

Le sofferenze e le difficoltà economiche, oggettivamente, appartengono a chi non riesce ad arrivare a fine mese. Incomprensibile chiedere un aumento retributivo allargando ancora di più la forbice tra “ricchi” e poveri, un obiettivo totalmente opposto a quelle che sono le prerogative sindacali. Una piattaforma rivolta ai lavoratori, soprattutto quelli in difficoltà e per avere criteri che rispondono ai lavoratori, va messa in campo non solo nelle piazze, ma soprattutto nei luoghi di lavoro, dove avviene il vero confronto e dove si percepisce la realtà.

Il confronto è democrazia! 

Una piattaforma di rivendicazione deve mettere in campo in largo anticipo, informazione e formazione per avere efficacia e poiché stiamo parlando di sindacato, va messo in campo un processo che parte dalla base dei lavoratori e non sia costruito da una cerchia che cala dall’alto offerte e prospettive.

Da tempo chiedete alle strutture nazionali di organizzare un coordinamento dei lavoratori Amazon (diretti e indiretti) a livello nazionale. A partire dagli attivisti Filt e magari un domani arrivando a rappresentare tutti (iscritti e non iscritti).  Niente di nuovo. Negli anni 70 c’era un coordinamento nazionale del genere in tutto il gruppo Fiat. Non pensate che dopo anni di richieste, sarebbe il caso di prendere l’iniziativa e lanciare formalmente dal vostro magazzino una proposta per fare una riunione di attivisti Filt in Amazon, che inizi a camminare in questo senso?

Il coordinamento nazionale Amazon, quello che dovrebbe essere tale, è un fallimento!

Abbiamo chiesto già da tempo di attivare un tavolo che sia reale e non solo di facciata. Appartenendo ad un contratto collettivo diverso, quello del commercio, (Il magazzino Amazon a Castel san Giovanni fino a ottobre 2024 si gestiva, unico in Italia, per il contratto del commercio e non della Logistica NdR) sembrava che entravamo a gamba tesa sui vertici che gestivano tutti gli altri magazzini e noi eravamo la pecora nera dell’intero network. Una pecora nera che comunque, ha permesso l’espansione di Amazon in Italia e che costituisce la realtà più sindacalizzata dell’intera nazione. Se dovessimo rapportare le forze da questo punti di vista, Castel san Giovanni varrebbe 90 e gli altri 10.

Ora siamo rientrati tutti nel contratto della logistica e già notiamo la preoccupazione, oltre al compiacimento, di questo valore aggiunto. Vedremo l’evolversi delle dinamiche. Allo stesso tempo dobbiamo attivarci ora più che mai, come forza trainante per un coordinamento dei lavoratori Amazon. 

È un passo necessario per rivendicare quel ruolo che da tempo ci vede soccombere, ma è l’unica arma per poter combattere il network di Amazon. Solo con un coordinamento dei lavoratori si potrà andare a rafforzare il sindacato.

Le assemblee stanno valutando il pre-contratto nazionale e vedremo a fine gennaio i risultati. Come sapete Amazon si è permesso di segnalare che “magnanimamente” darà degli aumenti ampiamente superiori a quanto firmato nel CCNL. Lo spazio per questo si trova facilmente, visti gli scarsi aumenti salariali del contratto nazionale. Non credete che i tempi siano maturi per avviare la preparazione di una vera, realistica e rappresentativa piattaforma rivendicativa, per esigere un contratto integrativo aziendale per tutti i lavoratori (diretti e indiretti) Amazon in Italia?

Noi, nel nostro lavoro quotidiano di delegati, stiamo già delineando dei punti di convergenza per dibattere non solo delle singole problematiche ma costruire una rivendicazione che possa rappresentare nella sua complessità, non solo salariale ma anche normativa, tutte le realtà di Amazon. Un progetto che conterrà 5/6 punti per confrontarci con l’azienda. Saranno punti che riguardano anche nella generalità un cruciale obiettivo sindacale, quello della riduzione oraria di lavoro mantenendo la stessa retribuzione. 

I tempi per portare avanti un obiettivo, di cosi ambiziosa portata, sono ormai maturi. Dovrebbe essere obiettivo nazionale sindacale nei fatti. Non basta solo parlare nelle piazze, occorre poi proseguire la fattibilità di tale obiettivo! Se poi in contrattazione diventa marginale come rivendicazione, bisogna porlo concretamente, al centro di ogni trattativa.

Per finire, questa intervista verrà pubblicata nel sito di “Giornate di Marzo” una componente della Cgil, nata proprio in risposta alle mancanze della nostra confederazione durante marzo 2020, quando il padronato voleva a tutti i costi che i lavoratori andassero a lavorare, senza le protezioni adeguate contro il contagio Covid. Qual è stata la vostra esperienza in quel periodo?

Esperienza negativa per diverse dinamiche.

Abbiamo fatto 11 giorni di sciopero, perché l’azienda vendeva i dispositivi di protezione covid ai clienti, ma non si preoccupava della protezione dei propri dipendenti, che sopperivano in quel momento con il proprio lavoro a sostenere milioni di famiglie in un momento cosi difficile. 

Circostanza che ha portato a triplicare il fatturato di Amazon. L’azienda ha provveduto a riconoscere 2€ in più, per incentivare i lavoratori ad andare al lavoro. Un riconoscimento che subito dopo il Covid è stato ridimensionato. Bisogna poi tenere conto che in quegli anni si è creata una differenza tra i lavoratori, creando una classe di discriminati, portando quindi all’interno dell’organizzazione stessa non pochi contrasti.

Abbiamo la stessa posizione sull’accordo per la Logistica. Credete con noi che sia urgente e necessario, non solo votare NO, ma soprattutto impegnarsi in prima persona per democratizzare il sindacato, per renderlo trasparente per i suoi iscritti, l’unico modo che conosciamo per costruire dal basso la forza necessaria per difendere gli interessi di chi lavora, contro quelli che se ne approfittano? La controparte, al tavolo delle trattative, non la potremo mai convincere con parole, ma solo piegare con la nostra forza, se siamo prima in grado di costruirla… Cosa vi dice la vostra esperienza al riguardo?

Noi nella nostra realtà ci impegniamo da sempre costantemente per fare si che questo accada e dia una forza maggiore al sindacato che non è altro che l’unione dei lavoratori, appunto, organizzati in sindacato. Non a caso abbiamo rinnovato a fine 2024 la RSU (l’unica in Italia). È stata una conquista frutto del lavoro fatto negli anni passati e della volontà di essere rappresentati.

Le risposte sono dei 6 delegati Filt Cgil eletti lo scorso dicembre 2024, nella Rsu Amazon Mxp5

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