IMA – APPROVATO L’INTEGRATIVO, NON SI ABBASSA LA GUARDIA

IMA – APPROVATO L’INTEGRATIVO, NON SI ABBASSA LA GUARDIA

Il 15 marzo, dopo 7 giornate di voto su 3 settimane, sono stati scrutinati i voti del referendum sull’ipotesi di accordo sul rinnovo dell’integrativo IMA per gli anni 2021-2023. Hanno votato 2240 lavoratori, l’80,2% dei 2792 aventi diritto degli stabilimenti di Bologna e provincia (dove lavorano il90% dei dipendenti), e delle provincie di Parma, Firenze e Alessandria. Il SI ha raccolto 1608 voti, pari al 72%, e il NO 620 voti, un 28% che è almeno il doppio di quanto si sia registrato nei rinnovi degli ultimi 20 anni.

Come delegati sindacali Fiom in IMA aderenti all’area “Giornate di Marzo – opposizione in Cgil” abbiamo sostenuto il NO nella maggioranza delle 20 assemblee di presentazione dell’ipotesi di accordo con il supporto di un volantino specifico che insieme ad altri compagni dell’area abbiamo diffuso a Bologna e Parma. Altri hanno portato le ragioni del loro NO tra i lavoratori. E non a caso si tratta di delegati dei montaggi, reparti da cui vengono prevalentemente le bocciature all’ipotesi di accordo legate a 2 questioni centrali.

La più importante è il trattamento per l’assistenza clienti da remoto e, collegata a questa, la reperibilità. Come già spiegato in un articolo di inizio dicembre (https://giornatedimarzo.it/2021/12/07/ima-uno-sciopero-riuscitissimo/) la pandemia e la impossibilità di effettuare trasferte presso i clienti ha accelerato l’introduzione di sistemi di intervento da remoto per guidare un altro operatore anche con l’utilizzo della realtà virtuale o della realtà aumentata. Così l’azienda ha abbattuto i costi delle trasferte presso il cliente, e ridotto i tempi di intervento per offrire assistenza h24 7 giorni su 7 avvalendosi della reperibilità contemplata nel CCNL dei metalmeccanici. Se per 2 anni questo sistema di lavoro ha coinvolto solo alcuni montatori esperti IMA e di ditte esterne, i risultati a livello economico per l’azienda ne vedranno una diffusione che non escluderà tecnici di altri reparti e uffici. Si tratta di un cambiamento enorme! Un conto è essere dal cliente, prevalentemente all’estero, nell’ambiente e nelle condizioni dove si trova la macchina da installare e a contatto con i tecnici da istruire o formare, altro è dirigere una persona a distanza  a compiere le azioni al posto tuo. Per quanto venga riconosciuto un livello professionale minimo medio alto per fare questa attività, e per quanto buona sia la conoscenza delle lingue, si tratta di una attività che comporta un certo livello di difficoltà, a prescindere da quella aggiuntiva dovuta alla differenza di fuso orario. Il punto è che durante il normale orario di lavoro a questa difficoltà non viene riconosciuta nessuna indennità contro la richiesta di 8 euro/ora e i 4 euro/ora che l’azienda era disposta a concedere ma solo ai montatori e collaudatori, mentre l’assistenza da remoto già ora coinvolge lavoratori con altre funzioni. E la reperibilità, per quanto volontaria – e lo è solo finché si trova qualcuno disponibile tra chi ha il livello professionale e l’esperienza necessaria – può arrivare a 15 giorni ogni 30 contro il massimo di 6 richiesti dalla RSU. Certo le condizioni economiche sono nettamente migliori rispetto al CCNL e le ore di riposo compensativo sono pari o maggiori rispetto alla durata degli interventi in reperibilità. Ma si tratta di un cambiamento nelle abitudini e orari di lavoro – e di vita! – radicale.

Bisogna ricordare che è stata l’adesione in massa dei lavoratori dei montaggi allo sciopero del 3 dicembre che ha permesso di superare alcune resistenze dell’azienda sull’allargamento dell’orario flessibile in ingresso, il riconoscimento del buono pasto per chi fa 8 ore al giorno di smart working e l’aumento delle indennità di turno. Però è proprio la questione che interessa principalmente i montatori e su cui spingerà sempre più l’azienda – l’assistenza da remoto – uno dei pilastri mancati per sostenere un buon contratto giusto per tutti.

L’ altro punto centrale su cui come Giornate di Marzo abbiamo basato il nostro NO al contratto riguarda gli aumenti salariali,il premio di risultato. Se per l’anno 2021 il rischio di perdere la tassazione agevolata ha portato alla scelta dell’ ultrattività del precedente integrativo, ovvero un massimo di 2200 euro lordi con l’aggiunta di 250 euro di buoni spesa detassati, per il 2022 e 2023 si è raggiunto il valore massimo richiesto in piattaforma di 2700 euro lordi, ma a differenza del passato, quando metà era legato a indicatori qualitativi e più certi, ora ben 1600 euro sono legati ad obiettivi di bilancio e di questi 400 euro agli utili decisi del CdA della IMA, il cosiddetto Premio di piano industriale. Per il presidente della IMA un utile di 350 milioni di euro nel 2022 su fatturato previsto di poco sopra 1,7 miliari e nel 2023 400 milioni su poco meno di 2 miliardi sono risultati sfidanti ma possibili. Il punto è che se questi risultati non arriveranno intorno al 94% del risultato i lavoratori non vedranno quasi il 15% del Premio di risultato. E anche se fosse, con quante ore di straordinari, ferie, ROL e riposi compensativi non goduti? Senza contare altri fattori che abbiamo portato all’attenzione dei lavoratori in alcune assemblee: a inizio anno fino a 200 lavoratori della IMA sono stati in malattia o quarantena per Covid e problemi di approvvigionamento di materie prime e componenti, a cui ora si aggiunge la guerra in Ucraina. Tutti fattori che rischiano di incidere in maniera negativa sul Premio di risultato mentre cresce l’inflazione.

Il 28% dei NO assume un significato maggiore considerando che le assemblee sono iniziate il 2 febbraio, a 2 mesi dallo sciopero, e le votazioni si sono chiuse il 14 marzo a 3 mesi esatti dalla approvazione della ipotesi di accordo da parte del 57% di una RSU formata da 32 delegati Fiom, 6 Fim e 1 Uilm.

Inoltre la erogazione dei 250 euro di buoni spesa a copertura parziale della differenza tra il vecchio Premio di risultato di 2200 euro e quello attuale di 2700 euro è avvenuta poco prima del referendum accompagnata dall’auspicio aziendale per un risultato positivo della votazione sull’ipotesi di accordo. Un interessamento che ha sollevato critiche nelle assemblee

Il rinnovo dell’integrativo non è la fine di un percorso ma l’inizio di una nuova fase. Sia i lavoratori che lo hanno approvato che quelli che lo hanno bocciato chiederanno alla RSU di garantire i loro diritti affinché non rimangano solo parole scritte, e di respingere ogni discriminazione da parte dell’apparato aziendale. Come delegati di Giornate di Marzo agiremo in questa direzione e chiediamo alla Fiom di mostrarsi pronta a sostenere gli interessi dei suoi iscritti e dei lavoratori.

Gianluca Sita e Davide Bacchelli, RSU IMA FIOM-CGIL

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